In Italia abbiamo ogni anno 6 mila nuove diagnosi di colangiocarcinoma, un terzo delle quali a origine intraepatica. Conoscere il make-up molecolare della malattia permette di individuare un target nel 50% dei casi e suggerisce la strada verso l'oncologia di precisione.
Israel MA, Danziger N, McGregor KA, Murugesan K, Gjoerup O, Sokol ES, Tukachinsky H, Kurzrock R, Kato S, Sicklick JK, Nimeiri HS, Oxnard GR, Ross JS. Comparative Genomic Analysis of Intrahepatic Cholangiocarcinoma: Biopsy Type, Ancestry, and Testing Patterns. Oncologist. 2021 Jun 3.
Il progresso nella conoscenza biologica e nella terapia medica del colangiocarcinoma è chiaro, soprattutto quando la malattia ha origine anatomica intraepatica (vedi anche Valle JW, Kelley RK, Nervi B, Oh DY, Zhu AX. Biliary tract cancer. Lancet 2021). Questo progresso ha determinato il passaggio dall'epoca della rassegnazione - diagnosi di malattia incurabile con ristretti spazi di trattamento e con una aspettativa di sopravvivenza mediana limitata a pochi mesi - all'epoca della speranza sostenuta dalle nuove possibilità offerte dall'ooncologia di precisione.
Lo studio nordamericano indaga le alterazioni geniche presenti in una coorte di 1632 pazienti con colangiocarcinoma intraepatico, mirando a stabilirne la frequenza in base allo studio molecolare su biopsia del tumore primitivo, della metastasi ovvero con biopsia liquida.
Le biopsie solide sono state analizzate con test Foundation Medicine che ha analizzato alterazioni geniche in 318–327 geni cancro relati, MSI e TMB.
Per le liquid biopsies sono stati prelevati 20 mL di sangue periferico, isolato il plasma, estratti almeno 20 ng di DNA ed eseguita la analisi genomica con il 62-gene FoundationACT or the 70-gene FoundationOne Liquid assay (Foundation Medicine, Cambridge, MA).
La corposa casistica (1632 casi) è stata analizzata partendo da biopsia del primitivo (1048), biopsia del sito metastatico (216) ovvero biopsia liquida (364).
L'età mediana delle tre coorti era circa 65 anni e il rapporto tra maschi/femmine vicino all'unità.
I casi con alterazioni molecolari sono stati circa il 50% per i pazienti testati con biopsia della neoplasia primitiva vs 35% per i pazienti testati con biopsia su sito metastatico o con biopsia liquida.
Le più frequenti alterazioni individuate sono state:
- BRAF V600E (6% in biopsia del primitivo)
- amplificazioni (6%) o mutazioni (2%) di HER2
-riarrangiamenti di FGFR2 (9% in biopsia del primitivo, 4% in biopsia liquida)
- IDH 1/2 (16/4% in biopsia del primitivo, 9/3% in biopsia liquida)
- PI3KCA (4%)
Si segnala inoltre una non trascurabile percentuale di casi con instabilità dei microsatelliti (1% circa), PD-L1 altamente positivo (5% in biopsia del primitivo), TMB >10 mut/MB (4%) ovvero ARDI1A (19% nella biopsia del primitivo), tutti considerati potenziali fattori predittivi di risposta all'immunoterapia.
Lo studio conferma come la metà dei pazienti con colangiocarcinoma intraepatico possano avere un importante target terapeutico e aggiunge forza alla necessità di implementare l'oncologia di precisione anche nella malattie rare (vedi ppt in allegato).
Si sottolinea inoltre che la maggior parte dei pazienti è stata testata con biopsia sul primitivo, anche se la biopsia liquida sta progressivamente guadagnando spazio anche nelle neoplasie delle vie biliari (Rompianesi G, et al. Liquid biopsy in cholangiocarcinoma: Current status and future perspectives. World J Gastrointest Oncol 2021)
I dati dello studio devono essere letti alla luce dei risultati delle recenti sperimentazioni che hanno testato o stanno testando gli inibitori di FGFR2 (trial di fase III in corso); gli inibitori di IDH 1 e 2 (studio di fase III ClarIDHy, Lancet Oncol 2020); gli inibitori di HER2 (trial di fase III in corso) e la combinazione di dabrafenib e trametinib per i BRAF V600E mutati (trial ROAR).