Dopo avere controllato la malattia, la strategia riguardante la prosecuzione del trattamento per il paziente con carcinoma colorettale avanzato RAS e BRAF wild-type è controversa; lo studio randomizzato italiano ERMES aggiunge interssanti informazioni.
Pinto C, et al. Fluorouracil, Leucovorin, and Irinotecan Plus Cetuximab Versus Cetuximab as Maintenance Therapy in First-Line Therapy for RAS and BRAF Wild-Type Metastatic Colorectal Cancer: Phase III ERMES Study. J Clin Oncol. 2024 Jan 5:JCO2301021
Il trattamento di "mantenimento" nella strategia terapeutica del paziente con malattia colorettale avanzata è di grande importanza: si applica dopo l'avere ottenuto un soddisfacente controllo della malattia (generalmente dopo 3-4 mesi di trattamento di combinazione con maggiore intensità), coinvolge sia la chemioterapia che i farmaci biologici (antiangiogenici o EGFR inibitori) e ha l'obiettivo di continuare il controllo della malattia nel tempo preservando la qualità di vita del paziente. Sebbene nella strategia di "de-escalation" la letteratura abbia dimostrato che l'associazione di fluoropirimidina con EGFR inibitore o antiangiogenico sia la scelta da preferire, tale evidenza è basata nel primo caso soprattutto su studi di fase II.
In questo contesto lo studio randomizzato di fase III ERMES, che ha arruolato sul territorio nazionale oltre 600 pazienti con carcinoma colorettale avanzato non resecabile e biologia molecolare permissiva, si pone l'obiettivo di confrontare dopo 8 cicli di FOLFIRI + cetuximab una strategia di mantenimento con la stessa terapia fino a PD ovvero un mantenimento depotenziato con solo cetuximab.
Obiettivi primari dello studio (co-primary endpoints) erano la PFS nella popolazione modificata per-protocol dal BICR (non-inferiority) e ìil profilo di sicurezza/tossicità del trattamento.
Segnaliamo anche che la randomizzazione era prevista al momento dell'avvio della terapia di prima linea e non al momento della scelta della strategia di mantenimento.
Tra i fattori di stratificazione erano previsti l'età (maggiore o minore di 65 anni), il PS secondo ECOG (0-1 vs 2), la presenza di metastasi epatiche esclusive e l'avere ricevuto in precedenza chemioterapia adiuvante completandola almeno sei mesi prima dell'inizio del trial. Per entrambi i bracci di randomizzazione la terapia raccomandata in seconda linea, al momento della progressione di malattia, era FOLFOX + bevacizumab.
Dopo avere screenato circa 800 pazienti ne sono stati randomizzati circa 600 (mITT population di 296 pazienti nel braccio A con prosecuzione del trattamento e 297 pazienti nel braccio B che prevedeva de-escaltion a solo cetuximab), per raggiungere una popolazione di analisi finale di 337 pazienti (mPP population; 154 hanno ricevuto mantenimento con FOLFIRI + cetuximab fino a progressione/tossicità vs 183 che hanno ricevuto solo cetuximab).
I dati di efficacia sono stati pubblicati dopo un follow-up mediano di poco inferiore ai due anni.
La progression-free survival mediana nella mPP population è stata di 12.2 mesi per i pazienti che hanno proseguito FOLFIRI e cetuximab fino a progressione vs 10 mesi per i pazienti che hanno ricevuto in mantenimento solo cetuximab (p di non inferiorità =0.43). La sopravvivenza overall per i due bracci di trattamento è stata di 35.7 vs 30.7 mesi (p=0.119).
Come atteso, il trattamento con solo EGFR inibitore ha causato meno effetti collaterali di grado G3/G4 nel periodo del mantenimento (20.2% vs 35.1%)
Un complimento agli autori italiani di questo importante trial.
I dati dello studio di fase III ERMES vanno interpretati nell'ambito di un panorama complesso nel quale, grazie ai dati dei trial PRODIGE-38, MACRO2, PANAMA, VALENTINO, MACBETH - solo per citarne alcuni -, si è fatta strada l'idea che nella terapia di mantenimento fosse meglio associare il farmaco biologico alla fluoropirimidina.
Al di là del rigoroso risultato statistico del non poter dimostrare la non inferiorità del mantenimento con solo cetuximab vs la prosecuzione della combinazione cetuximab-FOLFIRI, l'interpretazione dello studio ERMES, pur con i limiti di un prolungato arruolamento (circa 5 anni) e di un drop-out più alto nel previsto nella fase di terapia di induzione, è quella che il solo EGFR inibitore non sia il miglior mantenimento possibile per la maggior parte dei pazienti.
Nel complesso, quindi, si conferma l'indicazione a scegliere un mantenimento con EGFR inibitore e fluoropirimidina per tutti i pazienti nei quali sia indicato un depotenziamento del trattamento più intensivo impostato all'inizio del percorso terapeutico; l'opzione della prosecuzione con solo cetuximab rimane una opzione da considerare in una popolazione selezionata (ed in base alla tolleranza clinica), anche ricordando l'ipotesi di un successivo rechallange in questa popolazione dove il farmaco si è dimostrato inzialmente attivo ed efficace.