Stabilito che l'immunoterapia aumenta la chance di guarigione quando somministrata dopo schema CROSS in pazienti chemioradiotrattati e poi operati per carcinoma esofageo localizzato con malattia residua (trial Checkmate 577), lo studio MC 1541 vuole verificare se ll'utizzo di pembrolizumab in terapia upfront possa migliorare il tasso di risposta e l'overall outcome.
Zhu M, Chen C, Foster NR, Hartley C, Mounajjed T, Salomao MA, Fruth BF, Beamer SE, Kim Y, Harrington SM, Pitot HC, Sanhueza CT, Feng Y, Hermann J, McWilliams RR, Lucien F, Huang BQ, Ma WW, Bekaii-Saab TS, Dong H, Wigle D, Ahn DH, Hallemeier CL, Blackmon S, Yoon HH. Pembrolizumab in Combination with Neoadjuvant Chemoradiotherapy for Patients with Resectable Adenocarcinoma of the Gastroesophageal Junction. Clin Cancer Res 2022 May 12. Epub ahead of print.
Dopo anni di discussione - che ancora proseguono - sul confronto indiretto tra chemioterapia perioperatoria per tumori gastrici e giunzionali (schema ECF prima, schema FLOT poi) vs chemioradioterapia (con schema CROSS, i cui dati a 10 anni sono stati nel 2021 pubblicati sul JCO) sembra si sia arrivati a un punto fermo. Il paziente che ha una neoplasia esofagea e che non raggiunge una risposta patologica completa con lo schema CROSS, anche se affetto da una neoplasia con sede anatomica giunzionale, può beneficiare dal trattamento con nivolumab nel postoperatorio. Questa innovativo trattamento ha dimostrato un vantaggio statisticamente significativo in DFS e OS a lungo termine, senza causare un impatto negativo sulla QOL come dimostrato dai dati dei PRO del CheckMate 577.
In questo contesto gli autori disegnano un nuovo studio di fase I/II con acronimo MC1541 nel quale il checkpoint inibitore pembrolizumab era associato alla terapia triomodale nella fase preoperatoria e proseguito poi nella fase postoperatoria. Obiettivo del trial era testare la safety, l'attività e i primi risultati a medio termine della combinazione.
Sono stati arruolati in due siti connessi alla Mayo Clinic pazienti con adenocarcinoma esofageo cT1-3, qualsiasi N, M0 e con ECOG PS 0-1 candidati a trattamento preoperatorio.
Endpoint primario della fase I della sperimentazione era stabilire la DLT che differiva nei tre periodi del trattamento (preoperatorio - postoperatorio - adiuvante); obiettivo principale della fase II era stabilire la pCR, definita com ela completa assenza di cellule tumorali vitali nel tumore primitivo e nei linfonodi asportati alla chirurgia.
Per avere un'idea di confronto rispetto al trattamento standard gli autori hanno anche pianificato un matching con propensity score con una coorte di 93 pazienti trattati nella stessa istituzione con chemioRT tradizionale preoperatoria e chirurgia.
Sono stati arruolati nello stuydio 31 pazienti, 29 dei quali hanno completato il trattamento preoperatorio combinato alla immunoterapia. La maggior parte dei pazienti erano di genere maschile e avevano una neoplasia della giunzione gastroesofagea, con positività linfonodsale nell'87% dei casi e nei tumori testati (21/31) sempre una neoplasia MSS.
Il 55% dei pazienti ha sperimentato una tossicità di grado 3-4 (leucopenia 20%, neutropenia 16%, ipertensione 13%). 29 pazienti su 31 sono poi stati operati (i due casi non operati hanno riportato una severa micocardite e una progressione di malattia nella fase preoperatoria). Il tasso di resezione R0 è stato raggiunto nel 90% dei pazienti con una risposta patologica completa documentata in 7 casi su 31 (22.5%).
La analisi con propensity score ha evidenziato una maggiore probabilità di pCR nella coorte sperimentale, ma senza questa differenza fosse statisticamente significativa (pCR rate 22.5% vs 13%; p=0.21). Anche i dati di outcome, presentati come PFS e OS mediane a 24 mesi non differivano statisticamente tra le due coorti, sebbene fossero sempre maggiori per i pazienti trattati con associazione di CROSS e immunoterapia (median PFS 19.6 mesi nel MC1541 vs 14.6 mesi nella coorte matched con propensity score con HR 0.79 e 95%CI 0.40-1.57; tasso di sopravvivenza overall a 2 anni 66.3% vs 64%, HR 0.98).
Lo studio è un fase I/II condotto in una singola istituzione ad alto volume e con una numerosità limitata (31 pazienti trattati, meno di 100 pazienti nella coorte matched con il propensity score): i risultati devono essere ovviamente interpretati con cautela.
L'aggiunta dell'immunoterapia al trattamento chemioradioterapico preoperatorio - che rimane un approccio altamente sperimentale da non traslare nella pratica clinica - non pare migliorare in modo sostanziale i risultati a lungo termine, sebbene vada sottolineato che la chance di risposta patologica completa sia stata doppia per la popolazione inclusa nel MC1541 (22.5% vs 13%) e addirittura quadrupla (pCR rate 50% vs 13%) per i pazienti trattati con schema preoperatorio immuno-chemio-RT con CPS >10.
Nella strategia di trattamento del carcinoma esofageo, quindi, il timing ottimale dell'inserimento dell'immunoterapia per migliorare il tasso di risposta patologica completa e soprattutto l'efficacia a lungo termine della terapia rimane ancora oggetto di studio.