Sono pochi i tumori del colon con riarrangiamento molecolare di ALK, ROS1 o NRTK. Questo raro gruppo sembra avere caratteristiche cliniche specifiche, prognosi poco favorevole, ma interessanti possibilità per terapie innovative. Meglio il matrimonio (scientifico) tra Filippo e Chiara che quello tra Sasà e Mariuccia.
Pietrantonio F, et al. ALK, ROS1, and NTRK Rearrangements in Metastatic Colorectal Cancer. J Natl Cancer Inst 2017, epub ahead of print.
La conoscenza biologica dei tumori del colon si sta velocemente espandendo. Meno di dieci anni fa abbiamo imparato a riconoscere il primo landmark e accettato esistesse una netta divisione – biologica ma anche commerciale, ndr – tra neoplasie KRAS mutate e KRAS wild-type.
Sotto l’inarrestabile spinta all’oncologia di precisione, abbiamo compreso esistano altri sottogruppi con caratteristiche peculiari ed evoluzione specifica: i tumori BRAF mutati (circa 10% nel totale, ora riconosciuti come V600E mutati vs non V600E), i tumori HER-2 amplificati (circa il 5%, con sensibilità a inibitori specifici), i tumori con instabilità microsatellitare (MSI-H, circa il 5%, che possibilmente giovano dell’immunoterapia). Tre nuovi sottogruppi sono ora in corso di studio: con ancora minore incidenza, sono i tumori che hanno amplificazione di FGFR, quelli con alterazioni di RET e quelli con riarrangiamento di ALK, ROS1 o NTRK 1-2-3.
Proprio su quest’ultimo gruppo è diretta l’attenzione di questo studio, che ha raccolto 27 casi con la alterazione molecolare (tra i maggiori contributi ricordiamo quello di Foundation Medicine con 12 casi e quello del Samsung Medical center di Seoul con 4) una casistica corposa se si pensa alla assoluta rarità della traslocazione (0.2-1%). Le caratteristiche cliniche e molecolari di questo gruppo sono state confrontate con una coorte di 319 pazienti provenienti dagli stessi centri utilizzando Fisher’s exact, X2 test, o test di Mann-Whitney. Le curve di sopravvivenza dei due gruppi sono state stimate con Kaplan-Meier e confrontate con log-rank test. Inoltre tutti i casi riarrangiati sono stati studiati con biologia molecolare deep e caratterizzati dal punto di vista immunofenotipico, in accordo a quanto riportato nel TCGA database.
I risultati suggeriscano questo gruppo di neoplasie abbiano, in effetti, caratteristiche peculiari e in qualche modo simili a quelle dei pazienti con mutazione V600E di BRAF.
I tumori con riarrangiamento di ALK, ROS1, e NTRK hanno maggiore frequenza nei pazienti anziani (p=0 .02) di sesso femminile, sono prevalentemente localizzati a destra (p < 0.001), hanno diffusione ai linfonodi (p=0 .03), con RAS wild-type (p < 0.001), e con instabilità microsatellitare (p< .001).
Inoltre, la prognosi di questi pazienti è meno favorevole di quella con pazienti con neoplasia non riarrangiata (OS mediana 15.6 mesi, 95% CI 0.0-20.4 mesi vs 33.7 months, 95% CI 28.3-42.1 mesi), dato confermato sia in analisi univariata (HR 2.17, 95% CI 1.03-4.57, P < 0.001) che nel modello multivariato (HR 2.33, 95% CI 1.10-4.95, P = .02), sebbene il dato di sopravvivenza non fosse disponibile in 7 dei 27 pazienti. Interessante anche notare come la presenza della alterazione molecolare si associasse alla resistenza primaria a EGFR inibitori.
Lo studio è il prodotto di una collaborazione planetaria coordinata da due giovani oncologi italiani, di cui siamo orgogliosi.
Il risultato suggerisce che il gruppo molecolarmente selezionato abbia caratteristiche specifiche e il riarrangiamento condizioni negativamente la prognosi.
Nota dalla pubblicazione di casi isolati la possibilità di trattamento di queste neoplasie con entrectenib, si attendono i risultati degli studi in corso che testano strategie di inibizione specifica delle proteine di fusione. L’associazione con l’instabilità microsatellitare, tuttavia, potrebbe spiegare la possibile resistenza precoce a target specifici e costituire il presupposto teorico per la combinazione tra il trattamento target e l’immunoterapia.