Dopo resezione radicale di metastasi epatiche il rischio di recidiva di malattia rimane elevato e solo un terzo dei pazienti può essere guarito. L'analisi del ctDNA dopo la resezione potrebbe aiutare a discriminare il gruppo dei pazienti potenzialmente guariti da quello ad alto rischio di ricaduta.
Marmorino F, et al. Circulating Tumor DNA as a Marker of Minimal Residual Disease After Radical Resection of Colorectal Liver Metastases. JCO Precis Oncol 2022 Nov;6:e2200244
Sebbene la tecnica chirurgica sia evoluta negli anni e vi siano trattamenti oncologici con elevata attività, la chance di essere guarito dopo resezione radicale di metastasi epatiche rimane limitata e la sopravvivenza senza progressione a 5 anni non supera il 40% dei casi. Questo concetto vale anche se la malattia metastatica è limitata al fegato.
Negli anni, si sono susseguiti molti sforzi per identificare chi siano i pazienti potenzialmente guariti dalla sola chirurgia di salvataggio (che quindi non necessitano di alcun trattamento successivo) e quelli con più alto rischio di ricaduta negli anni successivi alla chirurgia (che invece potrebbero beneficiare di un trattamento "adiuvante" e di un follow-up maggiormente intenso).
Tra le potenzialità della biopsia liquida c'è anche quella di individuare precocemente la "malattia minima residua", evidenziando una ricaduta molecolare che si traduce nella possibilità di anticipare la diagnosi di ricaduta a distanza. Questa potenzialità è sfruttata sia nel setting adiuvante classico che - come dimostrato nello studio degli amici pisani - nel setting dello stadio IVNED.
In questa ricerca si vuole comparare rlapse-free survival e overall survival di pazienti radicalmente operati di metastasi epatiche da adenocarcinoma colorettale (malattia limitata al fegato) in base alla presenza o meno di ctDNA dopo la chirurgia di salvataggio, documentando la presenza di DNA tumorale nel plasma con droplet PCR.
Nello studio sono stati inclusi 76 pazienti radicalmente operati di metastasi epatiche: tra questi 39 (51%) avevano ctDNA postchirurgico positivo.
Dopo un follow-up mediano di circa 6 anni (i pazienti erano stati operati tra il 2013 e il 2019), la recidiva di malattia è stata documentata in 33/39 pazienti con ctDNA+ vs 20/37 con ctDNA- (p=0.008).
I pazienti con evidenza di ctDNA postchirurgia avevano una RFS mediana ridotta (12.7 mesi vs 27.4 mesi, HR 2.09, p=0.008). I risultati non si modificavano per la RFS anche dopo correzione per altri fattori prognostici in analaisi multivariata; si segnala un trend anche per una ridotta OS mediana in chi aveva ctDNA+ dopo l'intervento.
Il report, sebbene abbia una natura retrospettiva e sia stato condotto su un numero limitato di pazienti che impedisce conclusioni definitive, dimostra come il monitorare con biopsia liquida pazienti resecati (radicalmente) da metastasi epatiche possa fare individuare pazienti a maggiore rischio di recidiva.
Questa osservazione è rilevante: da un lato si eviterebbero trattamenti con limitato beneficio in pazienti con più elevata chance di sopravvivenza a lungo termine e dall'altro si potrebbe intensificare il trattamento postoperatorio di chi ha malattia minima residua (i cosiddetti molecolarmente metastatici) per migliorarne l'outcome.
Il campo applicativo della biopsia liquida melòla malattia metastatica, quindi, si estende: oltre alla profilazione molecolare, alla scelta del più opportuno trattamento, al monitoraggio della risposta e della genesi di resistenze secondarie, la metodica ora potrebbe essere utile anche per modellare trattamenti postoperatori ad personam nello stadio IV NED o protocolli di follow-up personalizzato.
La scelta di individuare uan sola mutazione tracer con la (mlto sensibile) droplet PCR costituisce un limite nel captare l'eterogeneità evolutiva della neoplasia.