Pare tornato di moda lo storico brano cantato da Judy Garland nel 1939. Lo studio RAINBOW si propone di valutare l'efficacia in sopravvivenza del ramucirumab combinato al paclitaxel in pazienti pretrattati per adenocarcinoma gastrico o della giunzione in stadio avanzato. Solida efficacia o un trucco da mago di Oz?
Wilke H, et al. Ramucirumab plus paclitaxel versus placebo plus paclitaxel in patients with previously treated advanced gastric or gastro-oesophageal junction adenocarcinoma (RAINBOW): a double-blind, randomised phase 3 trial. Lancet Oncol 2014; Sep 18 epub ahead of print.
L'adenocarcinoma dello stomaco rimane la terza causa di morte cancro-relata. Tre studi hanno dimostrato il vantaggio in sopravvivenza offerto da una chemioterapia di seconda linea contenente irinotecan o taxani ed il trial randomizzato REGARD (Fuchs C, et al; Lancet 2014) quello del ramucirumab vs sola terapia di supporto. In effetti, in questa patologia, che colpisce ogni anno circa 1 milione di persone, il trattamento di seconda linea è prescritto in circa il 40% dei pazienti Europei e Nordamericani ed il oltre il 70% di quelli Asiatici.
Sulla base di questi dati, lo studio internazionale RAINBOW ha previsto una randomizzazione 1:1 in doppio-cieco con placebo per 665 pazienti che hanno ricevuto paclitaxel (80 mg/mq gg 1, 8, 15 ogni 28) con o senza l'antiangiogenico inibitore specifico di VEGFR2 (ramucirumab, 8 mg/Kg gg 1 e 15).
Tutti i pazienti arruolati avevano un adenocarcinoma gastrico o della giunzione metastatico o localmente avanzato ma non resecabile ed avevano in precedenza ricevuto terapia di prima linea con platino e fluoropirimidine (con progressione registrata entro 4 mesi dalla random); inoltre avevano PS 0-1 secondo ECOG ed adeguata funzionalità midollare, epatica e renale.
I fattori di stratificazione erano la regione geografica di provenieneza, la misurabilità della malattia ed il tempo alla progressione in prima linea superiore o inferiore a 6 mesi.
Endpoint primario dello studio era la overall survival; tra gli endpoint secondari ricordiamo la PFS, il tasso di risposte obiettive, la safety e la qualità di vita.
I pazienti randomizzati al braccio sperimentale hanno riportato un vantaggio in sopravvivenza overall di circa 2.3 mesi (median OS 9.6 mesi vs 7.4 mesi, HR 0.81, 95%CI 0.67-0.96, p=0.017) ed avevano una probabilità di sopravvivenza a un anno dalla random del 10% più alta (40% vs 30%). L'analisi forest plot ha dimostrato che il vantaggio era simile in tutte le categorie studiate.
Anche la PFS era migliore nel braccio con ramucirumab (PFS mediana 4.4 mesi vs 2.8 mesi, HR 0.63, 95%CI 0.53-0.75) dove anche si registrava un più elevato tasso di risposte (28% vs 16%) ed un miglior controllo di malattia (disease control rate 80% vs 64%).
Il trattamento di combinazione con antiangiogenico produceva una maggiore incidenza di tossicità midollare sulla serie biana e su quella rossa, fatigue, discomfort addominale e ipertensione. Nonostante la maggiore frequenza di neutropenia severa (41% vs 26%), non si è registrata una differente incidenza di neutropenia febbrile (3% vs 2%).
I dati di qualità di vita, misurati con EORTC QLC-C30 score e presentati da Al-Batran all'ASCO 2014, hanno confermato come il vantaggio in sopravvivenza mediana fosse associato al mantenimento di una soddisfacente QoL per un più lungo periodo di tempo.
La combinazione di ramucirumab e paclitaxel si è dimostrata superiore al solo taxano (beneficio mediano in sopravvivenza overall di circa 2 mesi), con un profilo di tossicità meno favorevole ma nel complesso accettabile: avremo quindi una nuova opzione terapeutica da considerare in pazienti che hanno fallito un trattamento di prima linea.
I risultati dello studio confermano l'efficacia dell'inibitore di VEGFR2 in questa neoplasia, ma rimane da stabilire se vi siano fattori predittivi di efficacia al trattamento.