Quest'estate ci si muove al ritmo dalla Toscana. Non certo un tormentone estivo, ma una guida pratica e ragionevole che aiuta il clinico nella scelta del trattamento di prima linea per pazienti con neoplasia colorettale avanzata.
Quest'estate ci si muove al ritmo dalla Toscana. Non certo un tormentone estivo, ma una guida pratica e ragionevole che aiuta il clinico nella scelta del trattamento di prima linea per pazienti con neoplasia colorettale avanzata.
Cremolini C, et al. First-line chemotherapy for mCRC-a review and evidence-based algorithm. Nat Rev Clin Oncol 2015, epub ahead of print July 28
La scelta del trattamento di prima linea del carcinoma colorettale avanzato è cruciale per almeno tre ragioni: 1) permette di aumentare la chance di guarigione di alcuni pazienti selezionati; 2) prolunga il tempo senza progressione di malattia, estende la sopravvivenza e migliora la qualità di vita; 3) consente a un consistente numero di pazienti di affrontare in migliori condizioni i successivi trattamenti.
La ricerca degli ultimi 5 anni ha affrontato il tema di quale sia il miglior biologico da utilizzare upfront (FIRE-3, CALGB 80405, PEAK), ma anche quale debba essere l’intensità della chemioterapia di associazione (AVEX, TRIBE) e per quanto tempo debba essere protratto il trattamento iniziale (studi di maintenance), espandendo in questo modo la possibilità di scelta.
Scandagliando la letteratura del decennio, il manoscritto analizza con intelligenza il panorama, portando alla proposta di un algoritmo decisionale.
Nell’epoca della biologia molecolare estesa (KRAS, NRAS, BRAF, etc..), della medicina personalizzata e della attenzione ai costi dei trattamenti, gli autori propongono un algoritmo che coniuga sensibilità clinica e tecnicismo, che in fondo dovrebbero essere le due caratteristiche peculiari di ogni scelta medica.
L’assessment clinico del paziente riacquisisce un posto cardine nella scala gerarchica della decisione e balza al primo posto. Se, valutata l’età, le comorbidità e le condizioni generali, il paziente nel suo complesso è giudicato fit per una terapia di combinazione va deciso se la modulazione dell’intensità consente o meno l’utilizzo di una tripletta.
Solo in una fase successiva si tiene conto della biologia molecolare della neoplasia per la scelta del blocco dell’angiogenesi (percorribile sia in pazienti RAS/BRAF mutati che wild-type) ovvero l’utilizzo di EGFR-inibitori (scelta consentita solo in caso di biologia molecolare permissiva), soppesando con attenzione la necessità clinica di molecole più duttili nell’associazione (bevacizumab) o con maggiore attività e rapidità di risposta (cetuximab e panitumumab).
Si profila una scelta più sofferta nei pazienti BRAF mutati e in quelli che hanno fallito la terapia adiuvante con oxaliplatino, che hanno meno opzioni a disposizione.
La scelta del trattamento di prima linea riveste un’importanza cruciale nella traiettoria terapeutica del paziente con neoplasia colorettale avanzata, impattando in modo notevole sull'intero percorso di cura.
Con ragionevolezza e l’immancabile sagacia, il gruppo pisano propone un nuovo algoritmo decisionale. Non certo una linea guida, ma una sintesi moderna con solide radici nell’evidenza, che guida il clinico nella modulazione dell’intensità della chemioterapia (dalla monoterapia alla tripletta) e alla più adeguata scelta del biologico di associazione.
Il primum movens nella scelta? Manco a dirlo, il paziente. Ma il paziente, il vero protagonista di questa storia, che ne pensa?