Patologia gastrointestinale
Venerdì, 06 Aprile 2018

TOSCA: un'opera italiana

A cura di Giuseppe Aprile

Finalmente pubblicato in extenso il più grande studio di chemioterapia adiuvante per pazienti con carcinoma del colon mai condotto nella nostra nazione, frutto di una eccellente cooperazione tra i gruppi di ricerca. Risultati da interpretare dopo aver letto anche l'IDEA (Grothey A, et al. N Engl J Med 2018).

Sobrero A, et al. FOLFOX or CAPOX in Stage II to III Colon Cancer: Efficacy Results of the Italian Three or Six Colon Adjuvant Trial. J Clin Oncol 2018, epub ahead of print on Apr 5, 2018.

Lo studio TOSCA (Three or Six Colon Adjuvant Trial) - pensato oltre 12 anni fa e datato come inizio dell'accrual nella primavera 2007 - si propone di verificare in territorio nazionale se la chemioterapia postoperatoria con oxaliplatino somministrata per soli tre mesi sia equiefficace e meno tossica rispetto allo standard di durata attuale pari a sei mesi. Con questa nuova strategia non solo si produrrebbe un evidente vantaggio per il paziente (meno esposizione a oxaliplatino, corrisponde a un deciso decremento della probabilità di avere neurotossicità sensoriale severa e/o a lungo termine), ma anche per il sistema sanitario nazionale.

Lo studio mirava ad arruolare un numero di pazienti variabile tra 2.860 e 4.100 (in dipendenza dal case mix) radicalmente operati per adenocarcinoma del colon in stadio III ovvero in stadio II ad alto rischio di recidiva. In questo caso la definizione comprendeva T4, sottostadiazione su linfonodi, presenza di invasione vascolare o perineuurale, grading elevato, età inferiore ai 50 anni o esordio clinico con perforazione/ostruzione intestinale).

Il trial ha un disegno open-labe, di fase 3 randomizzato con obiettivo di non inferiorità. Endpoint primario era la RFS (relapse-free survival) definita come il tempo trascorso tra la randomizzazione e la recidiva di malattia o morte del paziente. Interessante la questione del delta di non-inferiorità, stabilita dal patto statistico al 4%: un delta di grandezza maggiore (es 5%) avrebbe infatti rischiato di definire non inferiori una differenza tra le due durate di trattamento considerata rilevante, mentre un delta inferiore (es 3%) avrebbe richiesto un numero di pazienti almeno doppio.

Lo studio, che è stato sponsorizzato dal GISCAD e ha ricevuto un grant di AIFA, ha coinvolto nell'arruolamento 130 centri sparsi sul territorio italiano.

Va certamente ricordato che i risultati dello studio sono da interpretare nell'ambito del progetto internazionale IDEA (International Duration Evaluation of Adjuvant Chemotherapy) recentemente pubblicato sul N Engl J Med.

In totale sono stati arruolati 3.759 pazienti, due terzi dei quali erano stati radicalmente operati per una neoplasia del colon in stadio III.

Mentre i dati riguardanti la tossicità e la compliance al trattamento sono stati precedentemente pubblicati (Lonardi S, et al. Ann Oncol 2017), i risultati di efficacia sono pubbblicati dopo un follow-up mediano superiore ai 60 mesi, al raggiungimento di 772 eventi per endpoint primario.

Il 64% dei pazienti hanno ricevuto la combinazione di oxaliplatino con fluoropirimidina endovenosa; il 36% ha invece ricevuto la fluoropirimidina orale.

La differenza assoluta nella RFS a 3 anni tra i due bracci di trattamento era 1.9% (95%CI -0.7% - 4.4%), corrispondente a un HR della strategia 3 mesi vs 6 mesi pari a 1.14 (95%CI 0.99-1.32, p per la noninferiorità 0.514). Numero assoluto degli eventi: 368 nel braccio 6 mesi (pari al 20%), vs 404 nel braccio 3 mesi (pari al 22.8%).

Inaspettatamente, non sembrava ci fosse una chiara differenza della durata della chemioterapia adiuvante in RFS per gli stadi III (HR 1.07, 95%CI 0.91-1.26) né per pazienti in trattamento con fluoropirimidina orale (HR 0.98, 95%CI 0.77-1.26), mentre questa differenza era riportata per pazienti in stadio II (HR 1.41, 95%CI 1.05-1.89) o trattati con FOLFOX (HR 1.23, 95%CI 1.03-1.46) a favore del trattamento prolungato.

 

Dopo un omaggio alla ricerca pensata e condotta in Italia, a dirigenti medici, specializzandi, infermiere e data manager dei 130 centri arruolatori, e soprattutto ai 3.759 pazienti che hanno accettato di partecipare allo studio, passiamo a un breve commento tecnico.

Formalmente, lo studio TOSCA non ha dimostrato la noninferiorità del braccio di trattamento adiuvante con durata inferiore rispetto a quello di durata classica, ma ha confermato l'importanza della scelta di regime e durata del trattamento basata sul giudizio clinico, considerando le caratteristiche del paziente, quelle della malattia e la disponibilità del soggetto ad accettare una potenziale tossicità in cambio di un vantaggio molto modesto.

I dati del TOSCA sono confluiti nella metanalisi IDEA - che ha aggregato i dati di quasi 13.000 pazienti arruolati in 6 trial randomizzati - con obiettivo primario di valutare la non inferiorità della durata ridotta del trattamento, in considerazione del vantaggio in termini di tossicità. Endpoint primario dell'analisi congiunta era la probabilità di sopravvivenza libera da progressione a 3 anni, con un predefinito margine accettabile per definire la non inferiorità il limite superiore del CI dell'HR pari a 1.12. Formalmente, anche l'IDEA non ha potuto sancire la noninferiorità del trattamento di durata ridotta (HR 1.07, CI 1.00-1.15), ma evidenziando un'efficacia molto simile delle due diverse durate di trattamento, rimarcando l'interpretazione del clinico che considera non solo il "p value" ma anche il "practical value".

Interessante anche notare che, nelle analisi di sottogruppo, l'ipotesi di noninferiorità sembra rispettata quando 1) la chemioterapia adiuvante prevede la fluoropirimidina orale 2) nei casi di adenocarcinoma T1-T3 e N1.

Le linee guida AIOM di ottobre 2017 recitano che "nel complesso, i dati suggeriscono che, nonostante al momento la pratica clinica non cambi e lo standard restino i 6 mesi, sia ragionevole prendere in considerazione una durata del trattamento ridotta (tre mesi) nel caso di insorgenza di tossicità durante la terapia, in pazienti radicalmente operati per carcinoma del colon pT3 pN1 senza ulteriori fattori di rischio, soprattutto quando la fluoropirimidina è somministrata per via orale".

Si attendono ora i risultati degli studi ancillari e i dibattiti clinico-metodologici.