Un significativo passo avanti in una patologia a prognosi molto severa. Il trattamento postoperatorio con FOLFIRINOX incrementa (e di molto) la possibilità di guarigione. Anche l'adenocarcinoma pancreatico, da oggi, fa un po' meno paura.
Conroy T, et al. FOLFIRINOX or Gemcitabine as Adjuvant Therapy for Pancreatic Cancer. N Engl J Med 2018; epub ahead of print Dec 20th
Una neoplasia che fa davvero paura, la cui incidenza non sembra arrestarsi nella crescita e dove le stime prevedono si arrivi nell'arco di un decennio a toccare la seconda causa di morte per neoplasia negli USA. Solo a titolo di esempio, nel solo anno in corso, quasi 90.000 pazienti Europei sono deceduti a causa di questa patologia oncologica, che anche quando scoperta in fase localizzata offre una chance di guarigione di circa il 10%.
Dopo l'intervento chirurgico radicale - necessariamente da praticare in centri ad alto volume - è bene proseguire il percorso offrendo ai pazienti la possibilità di ricevere una chemioterapia adiuvante che in studi clinici randomizzati ha dimostrato superiore efficacia quando comparata all'osservazione.
Per oltre un decennio, la monochemioterapia con gemcitabina o con 5-Fluorouracile è stata considerata il gold standard.
Nel 2017, lo studio randomizzato ESPAC-4 (Neoptolemos JP, Lancet 2017) ha dimostrato che la combinazione di gemcitabina e capecitabina era superiore alla sola gemcitabina in termini di sopravvivenza mediana: 28 mesi (95%CI 23.5-31.5) vs 25.5 mesi (95%CI 22.7-27.9), HR 0.82, 95%CI 0.68-0.98, p=0.03, vantaggio particolarmente spiccato nei pazienti trattati con chirurgia R0 (OS mediana 39.5 mesi vs 27.9 mesi). Tuttavia, la ricerca aveva degli evidenti bias (vedi tweet "Più for ESPAC che ESPAC-4"), che hanno limitato la diffusa implementazione dello schema nella pratica clinica.
Ora, lo studio randomizzato di fase III UNICANCER- GI- Prodige si pone l'obiettivo di confrontare il braccio di trattamento standard (sola gemcitabina, al momento del disegno del trial) vs la combinazione di fluorouracile, irinotecan e oxaliplatino (schema francese FOLFIRINOX, poi depotenziato e reso più simile all'italianissimo FOLFOXIRI) che ha avuto ottimi risultati di efficacia nel setting metastatico. In entrambi i bracci del trial la terapia era proseguita per un massimo di 24 settimani, con endpoint primario la DFS ed endpoint secondari la sopravvivenza overall e la safety.
Sono stati randomizzati quasi 500 pazienti (il 20% dei quali avevano età superiore ai 70 anni) e i dati sono stati presentati dopo un follow-up mediano di 33 mesi circa. Non vi erano sbilanciamenti nei due gruppi in termini di stadio, PS basale, infiltrazione vascolare o perineurale, né stato dei margini chirurgici (R1 circa 40% in entrambi i bracci).
La DFS mediana è stata di 21.6 mesi nel braccio sperimentale vs 12.8 mesi in quello standard (HR 0.58, con stratificazione per evento ricaduta legato alla neoplasia, seconda neoplasia o morte, 95%CI 0.46-0.73, p<0.001); in accordo, il tasso di sopravvivenza senza ricaduta a tre anni era quasi raddoppiato (39.7% vs 21%).
Anche la sopravvivenza overall era nettamente aumentata: 54.4 mesi nel braccio con FOLFIRINOX modificato vs 35 mesi nel braccio con sola gemcitabina (HR 0.64, 95%CI 0.48-0.86, p=0.003).
Certamente, come atteso, si registrava un incremento delle tossicità per lo schema a tre farmaci, con una incidenza di effetti collaterali non ematologici significativamente superiore.
Lo studio francese è decisamente convincente, anche se è bene attendere un follow-up più maturo dei dati. Sembrano infatti superati molti dei limiti dell'ESPAC-4, in particolare era prevista la ristadiazione postoperatoria assieme al dosaggio del marcatore Ca 19.9 qualche settimana dopo la chirurgia pancreatica, che hanno frenato dopo la pubblicazione l'utilizzo su larga scala della combinazione gemcitabina-capecitabina.
Sebbene nel carcinoma pancreatico operato non vi sia la formale validazione della DFS come endpoint surrogato di sopravvivenza, si deve notare che nonostante il 75% dei pazienti ricaduti dopo fallimento della gemcitabina ricevessero FOLFIRINOX, il vantaggio in sopravvivenza overall rimaneva comunque visibile.
La tossicità - in particolare quella gastrointestinale ed ematologica - è ben gestibile con lo schema modificato, che ha previsto la riduzione dell'irinotecano in combinazione da 180 mg/mq a 150 mg/mq.
Non rimane quindi che attendere con ansia i dati dello studio APACT [i rumors parlano della presentazione a Chicago durante ASCO 2019] per poi - professori Puglisi e Di Maio e altri puristi della statistica permettendo - avere piena deroga nel torbido utilizzo del cross-trial comparison...