Il 2020 è l'anno del rinnovato interesse nella strategia anti HER2 per pazienti con carcinoma gastrico avanzato. Dopo la big news del Trastuzumab deruxtecan arriva il Margetuximab (una mano la da l'immunoterapia).
Catenacci D, et al. Margetuximab plus pembrolizumab in patients with previously treated, HER2-positive gastro-oesophageal adenocarcinoma (CP-MGAH22-05): a single-arm, phase 1b-2 trial. Lancet Oncol 2020, epub ahead of print
Nel carcinoma gastrico la determinazione dello stato di HER2 - stabilita con la verifica dell’overespressione in immunoistochimica ed eventualmente con l’amplificazione con tecniche di ibridizzazione in situ - rimane uno snodo fondamentale per stabilire la migliore terapia medica sistemica.
Dopo avere analizzato in dettaglio il possibile vantaggio della associazione tra immunoterapia e farmaci antiangiogenici nei pazienti con tumore gastrico HER2 negativo (trial EPOC 1706, vedi tweet del), in questo recente lavoro pubblicato su Lancet Oncology si esaminano le potenzialità della combinazione tra pembrolizumab e margetuximab. Questa nuova associazione potrebbe infatti rappresentare una interessante strada di cambiamento nella strategia terapeutica per i pazienti con carcinoma gastrico avanzato HER2 positivo (15-20% della popolazione globale).
Il margetuximab è un nuovo anticorpo monoclonale anti-HER2 ottimizzato con ingegneria genetica. Il farmaco è stato sviluppato con un opera di cesello sulla parte di molecola che si lega al recettore Fc della cellula immunoeffettrice, rendendone possibile una aumenta attività di legame al FcgRIIIA (CD16A) e al contempo diminuendo l’attività di legame quello al FcgRIIIB (CD32B) che ha effetto inibitorio.
Questa modifica strutturale dell’anticorpo ne aumenta la risposta antitumorale, con un significativo incremento della antibody dependent cell-mediated cytotoxicity (ADCC) contro le cellule tumorali. In aggiunta, il legame all’isoforma di CD16A con bassa affinità (CD16A-158F) è aumentata in maggiore entità rispetto al legame all’isoforma con alta affinità (CD16A-158V), in modo che il margetuximab sia ugualmente attivo indipendentemente dall’isoforma di CD16A a cui si lega.
In uno studio di fase I (Bang YJ et al, Ann Oncol 2017) il margetuximab è stato somministrato per via ev alla dose di 0.1-6.0 mg/kg a settimana ovvero 10-18 mg/kg ogni tre settimane a pazienti molto pretrattati con tumore HER2 positivo. Il tasso di risposta riportato è stato del 10%.
In accordo ai dati preclinici, lo studio prevedeva un disegno in open label di fase 1-2b con una dose-escalation e una coorte di espansione. Il trattamento con mergertuximab alla dose di 10-15 mg/kg ev ogni 3 settimane era accoppiata a quella di pembrolizumab 200 mg flat dose, sempre infuso ogni 3 settimane.
Endpoint primari dello studio per la fase 1 erano safety e tollerabilità nella “safety population” (costituita da tutti i pazienti trattati con almeno una dose di margetuximab e/o pembrolizumab), e per la fase 2 il tasso di risposte obiettive con RECIST 1.1 determinate dagli investigatori. Da notare che i pazienti non erano selezionati per positività di PD-L1, mentre la positività per HER2 seguiva le classiche definizioni internazionali.
Sono stati inseriti nello studio 95 pazienti (51 di razza asiatica, 44 non asiatici), con età mediana di 61 anni, PS 1 nel 65% dei casi, rapporto 2:1 tra origine gastrica o della giunzione gastroesofagea e precedentemente trattati con almeno una linea di terapia sistemica contenente HER2 inibitore nel 95% dei casi.
I risultati di safety, tollerabilità e attività in termini di risposta sono stati presentati dopo un follow-up mediano di 20 mesi.
La combinazione ha dimostrato una accettabile safety e tollerabilità, senza avere DLT nella fase di dose-escalation. Gli effetti collaterali di grado 3-4 più frequenti sono stati la tossicità sulla linea dei globuli rossi (4%) e le reazioni infusive (3%), senza morti tossiche. Eventi avversi seri relati al trattamento sono stati riportati nel 9% dei pazienti.
Il tasso di risposta è stato del 20% circa (18.48%; 95%CI 11.15-27.93) nei 92 pazienti valutabili. Da noitare che tutte le risposte sono state riportate in pazienti con HER2 3+ alla valutazione immunoistochimica e che le risposte erano più frequenti se vi era anche positività all’espressione di PD-L1. Dati molto preliminari quelli di PFS mediana (3 mesi) e di OS mediana (13 mesi), con una coda a lungo termine del 20%, come atteso in pazienti trattati con immunoterapia.
Sdoganata la possibilità di combinare in sicurezza la strategia anti-HER2 con l’immunoterapia, questo studio di fase 1-2b offre alcuni spunti di riflessione.
In primo luogo i risultati dello studio riaprono un interesse che sembrava molto calato di intensità nella strategia di blocco di HER2 nella patologia gastrica. A dieci anni dalla pubblicazione del TOGA - trial randomizzato che ha dimostrato la superiorità della combinazione tra chemioterapia e trastuzumab in prima linea nella patologia gastrica HER2 positiva – nessun altro studio aveva confermato la validità della strategia né in prima (HELOISE, LOGIC, JACOB) né in seconda linea (TYTAN, GATSBY, T-ACT). Nel 2020 ecco l’arrivo di due sorprese: trastuzumab deruxtecan e margetuximab.
In secondo luogo anche nella patologia gastrica si conferma la possibilità di associare l’effetto sinergico su immunità innata e acquisita, accoppiando l’immunoterapia a un intervento ingegnerizzato teso a ottimizzare la medicina di precisione. Il prodotto nel breve termine è il raddoppiamento del tasso di risposte in seconda linea, sebbene sia ancora troppo presto per coglierne l’effetto sulla sopravvivenza a lungo termine per una quota di pazienti responsivi all’immunoterapia.