Anche vandetanib si aggiunge alla black list: il multitarget che inibisce VEGFR2, RET e EGFR fallisce in combinazione a gemcitabina nel tumore del pancreas. E' tramontato il tempo dei trial disegnati senza un solido background biologico e una selezione molecolare dei pazienti.
Middleton G, et al. Vandetanib plus gemcitabine versus placebo plus gemcitabine in locally advanced or metastatic pancreatic carcinoma (ViP): a prospective, randomised, double-blind, multicentre phase 2 trial. Lancet Oncol 2017; epub ahead of print March 1st.
La storia dei trattamenti target nel tuore pancreatico è costellata di fallimenti. E l'unico "successo"(erlotinib) non ha convinto affatto la comunità clinica.
Su vandetanib - farmaco orale somministrato in questo studio alla dose di 300 mg/die - si puntava: un inibitore multitarget che interferisce con l'angiogenesi (blocca VEGFR2) e altre importanti vie metaboliche (RET, EGFR, RAS-BRAF-ERK) coinvolte nella progressione dell'adenocarcinoma pancreatico.
Il farmaco si dimostrava sinergico alla gemcitabina in vitro e in studi preclinici, costituendo la base razionale per il successivo sviluppo del farmaco.
Il trial, interamente condotto in terra anglosassone, aveva le caratteristiche di uno studio randomizzato di fase II (randomizzazione a blocchi permutati), in doppio cieco, con placebo e prevedeva la somministrazione di gemcitabina in schedula e dose canonica + vandetanib o placebo a pazienti con adenocarcinoma del pancreas localmente avanzato o metastatico.
Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza overall nella popolazione intention-to-treat.
Sono stati screenati 381 pazienti e randomizzati 142: 72 al braccio sperimentale di combinazione attiva e 70 al braccio con gemcitabina e placebo.
La notevole differenza tra i pazienti screenati e quelli inclusi (rapporto screenati/inclusi 2,7:1) era poco chiara: 86 pazienti non erano eleggibili, 90 hanno rifiutato la partecipazione (che i medici inglesi siano poco convincenti?), 63 esclusi per altre ragioni (non specificate).
Dopo un follow-up mediano di poco superiore ai 2 anni, erano stati registrati il 97% degli eventi morte.
La sopravvivenza mediana era sostanzialmente identica nei due bracci di trattamento: 8.83 mesi nel braccio sperimentale (95%CI 7.1-11.5 mesi) e 8.95 mesi nel braccio standard (95%CI 6.6-11.7 mesi); HR 1.2, p=0.3.
Sebbene non si fosse registrata alcuna morte tossica nel trial, i pazienti che ricevevano vandetanib riportavano una maggiore incidenza di tossicità midollare, ipertensione e fatigue.
Il trial ha fallito e l'inibitore multitarget approvato nel trattamento dei tumori tiroidei, che però ha fallito nel carcinoma polmonare e in quello delle vie biliari, ha ora terminato la sua corsa anche nella patologia pancreatica. A nulla vale, infatti, il riconoscere alla combinazione sperimentale una discreta tollerabilità e una maggiore azione nei pazienti che sviluppano rash intenso, lo stesso era per erlotinib ed altri EGFR-inibitori).
Lo studio ha il limite di arruolare al contempo pazienti con malattia localmente avanzata e metastatica, che dovrebbero essere chiaramenti separati in questa patologia, ma soprattutto l'errore - ripetuto per una volta ancora - di non selezionare un marcatore biologico di risposta al farmaco target. Ma se anche il risultato fosse stato positivo, chi nel 2017 avrebbe mai dato credito a questo fase II quando il gold standard di trattamento è da anni cambiato?