Patologia gastrointestinale
Sabato, 13 Agosto 2022

Tumori del colon in stadio III: nuove prove confermano che l’attività fisica riduce il rischio di recidiva

A cura di Giuseppe Aprile

Nei primi anni 2000 si dimostrava che l’aggiunta di oxaliplatino al 5-FU migliorava la disease free survival di un 10% assoluto (trial MOSAIC, stadi III). Nei 20 anni successivi l’evidenza di quanto sia importate condurre attività fisica durante e dopo la chemioterapia adiuvante è continuata a crescere.


Brown JC, Ma C, Shi Q, Fuchs CS, Meyer J, Niedzwiecki D, Zemla T, Couture F, Kuebler P, Kumar P, Lewis D, Tan B, Krishnamurthi S, O'Reilly EM, Shields AF, Meyerhardt JA. Physical Activity in Stage III Colon Cancer: CALGB/SWOG 80702 (Alliance). J Clin Oncol 2022 Epub ahead of print, Aug 9th

Sfruttata ogni possibile modulazione del 5-Fluorouracile (anni 80-90) nei primi anni 2000 almeno tre trial prospettici randomizzati hanno dimostrato il vantaggio dell’aggiunta dell’oxaliplatino alla fluoropirimidina nel trattamento adiuvante per pazienti radicalmente operati di tumore del colon con elevato rischio di recidiva.

In particolare, negli stadi III, il vantaggio in DFS a 3 anni sfiorava il 10% (questo endpoint è stato dimostrato essere un ottimo surrogato di OS), traducendosi poi in un migliore outcome di sopravvivenza a lungo termine e di chance di guarigione.

Nel frattempo, numerosi studi ancillari si concentravano su tre possibili correttivi migliorativi dei risultati della chemioterapia: alimentazione e controllo del peso da un lato, attività fisica dall’altro, supplementi farmacologici da un terzo (acido acetilsalicilico, FANS, vitamine, calcio).

Noto che l’aumento della attività fisica migliora l’outcome per pazienti con neoplasia intestinale (Meyerhardt JA, et al. Impact of physical activity on cancer recurrence and survival in patients with stage III colon cancer: Findings from CALGB 89803. J Clin Oncol 2006) in questo filone di ricerca si deve leggere lo studio recentemente pubblicato su J Clin Onol, che mira a verificare quale tipo, durata e intensità di attività fisica ricreativa fosse maggiormente protettiva per pazienti radicalmente operati di adenocarcinoma del colon in stadio III e arruolati nel trial prospettico randomizzato CALGB/SWOG 80702 (trial condotto tra il 2010 e il 2015).

I risultati sono stati pubblicati dopo un follow-up mediano di 6 anni; i dati sulla attività fisica sono stati raccolti tramite questionari somministrati ai pazienti in due differenti timepoint (durante i primi tre mesi di chemioterapia e sei mesi dopo averla completata) e convertiti in equivalenti metabolici di spesa energetica (MET) orari per settimana secondo criteri validati. La attività fisica ricreativa totale era calcolata come la somma dei MET-h/wk per le attività aerobiche e di rinforzo muscolare, qualsiasi fosse l’intensità delle stesse. Ricordiamo che il MET corrisponde ad una misura del consumo metabolico necessario per una qualsivoglia attività fisica e corrisponde al rapporto tra la quantità di ossigeno utile per svolgere un minuto di tale attività e la quantità di ossigeno minima indispensabile durante il riposo (3.5 mL di O2 per Kg di peso corporeo). Le attività erano ritenute a intensità bassa o moderata se prevedevano un dispendio inferiore ai 6 MET, mentre erano considerate di attività vigorosa se con un dispendio maggiore a 6 MET. Endpoint primario era la DFS, documentata con il follow-up previsto dallo studio clinico.

Tra i pazienti inclusi nello studio, in 457 su 1696 si è documentata ripresa di malattia o morte. Considerando l’attività fisica ricreazionale totale, la DFS a 3 anni era 76.5% per chi svolgeva attività con dispendio inferiore ai 3 MET per ora/settimana vs 87.1% per chi svolgeva esercizio con dispendio superiore ai 18 MET per ora/settimana (risk difference 10.6%; 95%CI, 4.7-19.4; P=0.001).

Separando i risultati in base alla intensità dell’attività fisica condotta, per le attività fisiche ad intensità bassa o moderata la DFS a tre anni migliorava di oltre 20% assoluto (da 65.7% a 87.1%) se le attività erano regolarmente effettuate per almeno 2 ore a settimana (vs nessuna; RD 21.4%; 95%CI 9.2-37.1; P= 0.001); per le attività ad alta intensità il vantaggio si otteneva se esse erano condotte per almeno 1 ora a settimana (RD 10.0%; 95%CI 4.5- 18.9; P=0.001).

Anche la sola camminata veloce per almeno tre ore a settimana migliorava la chance di DFS a 3 anni, ma il vantaggio era nel complesso più modesto con un aumento di DFS del 6% assoluto.

Nel complesso i dati di questa analisi - che proviene da uno studio di coorte strategicamente inserito in un trial prospettico randomizzato - confermano risultati già noti: non solo l’attività fisica riduce il rischio di neoplasia e altre malattie croniche (Kyu HH, et al. Physical activity and risk of breast cancer, colon cancer, diabetes, ischemic heart disease, and ischemic stroke events: systematic review and dose-response meta-analysis for the Global Burden of Disease Study 2013. BMJ 2016;354:i3857), ma indossare tuta e sneakers durante e dopo la chemioterapia adiuvante migliora i risultati del trattamento medico.

Gli oncologi devono quindi abituarsi a incoraggiare i pazienti operati per adenocarcinoma intestinale a praticare attività fisica.

Lo studio dimostra che impattano favorevolmente sull’outcome i volumi complessivi di attività fisica ricreazionale, la durata dell’esercizio aerobico di bassa o media intensità e la pratica (anche di breve durata) di una attività fisica intensa con alto dispendio energetico.

Va tuttavia considerato che i pazienti oggetto della analisi partecipavano a un trial clinico (quindi verosimilmente erano in eccellenti condizioni generali) e che i soggetti con più alto volume di attività fisica settimanale erano più frequentemente giovani, con maggiore fitness, un BMI ridotto, una dieta più attenta e avevano ricevuto una più elevata dose intensity di chemioterapia.

Anche durante questo ferragosto, quindi, non dimentichiamoci di dedicare qualche ora all’attività fisica: tanta salute a tutti.