Patologia genito-urinaria
Lunedì, 10 Luglio 2023

Ad aiutare nella selezione dei pazienti deve essere la MAGNITUDE del beneficio

A cura di Massimo Di Maio

Annals of Oncology pubblica un aggiornamento dello studio MAGNITUDE, in cui si conferma il risultato positivo ottenuto con niraparib in aggiunta ad abiraterone nel setting del tumore della prostata metastatico resistente alla castrazione, ma si conferma anche l’eterogeneità dell’efficacia tra i diversi pazienti, con un vantaggio particolarmente rilevante nei casi con mutazione di BRCA.

Chi KN, Sandhu S, Smith MR, Attard G, Saad M, Olmos D, Castro E, Roubaud G, Pereira de Santana Gomes AJ, Small EJ, Rathkopf DE, Gurney H, Jung W, Mason GE, Dibaj S, Wu D, Diorio B, Urtishak K, Corral AD, Francis P, Kim W, Efstathiou E. Niraparib plus abiraterone acetate with prednisone in patients with metastatic castration-resistant prostate cancer and homologous recombination repair gene alterations: second interim analysis of the randomized phase III MAGNITUDE trial. Ann Oncol. 2023 Jul 1:S0923-7534(23)00757-3. doi: 10.1016/j.annonc.2023.06.009. Epub ahead of print. PMID: 37399894.

Negli ultimi tempi, vari studi hanno documentato l’attività e l’efficacia di PARP inibitori nei pazienti affetti da tumore della prostata avanzato, in particolare nel setting di malattia resistente alla castrazione.

Tra i vari studi già pubblicati, c’è lo studio MAGNITUDE, che prevedeva l’inclusione di pazienti con tumore della prostata metastatico resistente alla castrazione (metastatic castration-resistant prostate cancer, mCRPC). I pazienti erano studiati per la presenza di alterazioni dei geni coinvolti nei meccanismi di riparo del DNA mediante ricombinazione omologa (homologous recombination repair gene alterations, HRR+), ed erano divisi in due coorti HRR- e HRR+ (all’interno di quest’ultima, era compreso il sottogruppo dei pazienti con alterazioni di BRCA1 e BRCA2).

I pazienti, candidati a trattamento di prima linea per mCRPC, erano randomizzati a ricevere terapia ormonale con abiraterone acetato e prednisone, oppure la medesima terapia + il PARP inibitore niraparib.

L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione radiologica (rPFS). Endpoint secondari erano il tempo alla progressione sintomatica, il tempo all’inizio della chemioterapia, la sopravvivenza globale.

La prima pubblicazione dello studio, che riportava i risultati della prima analisi ad interim prespecificata, risale al mese di marzo 2023, sul Journal of Clinical Oncology. In quella pubblicazione, veniva documentato il risultato positivo associato all’aggiunta di niraparib all’abiraterone, nella coorte di pazienti HRR+, non solo in quelli con alterazioni di BRCA1 e BRCA2. Al contrario, lo studio era stato chiuso per futilità (mancanza di efficacia) nella coorte HRR-.

Questa seconda pubblicazione, su Annals of Oncology, riporta risultati aggiornati, corrispondenti alla seconda analisi ad interim.

L’analisi ad interim oggetto della seconda pubblicazione corrisponde a un follow-up mediano di 24.8 mesi nel sottogruppo di pazienti con alterazioni di BRCA1 e BRCA2 e un follow-up mediano di 26.8 mesi nella popolazione di pazienti dell’intera coorte HRR+.

L’analisi dell’endpoint primario (rPFS) nella popolazione di pazienti con alterazioni di BRCA1 e BRCA2 ha confermato il vantaggio dimostrato nell’analisi della pubblicazione primaria. Nel dettaglio, l’aggiunta di niraparib all’abiraterone è risultata associate a un hazard ratio 0.55, intervallo di confidenza 0.39 – 0.78, p=0.0007.

Anche nella popolazione complessiva HRR+ l’aggiunta di niraparib è risultata associata a un vantaggio significativo in termini di rPFS (hazard ratio 0.76, intervallo di confidenza 0.60 – 0.97, p=0.028).

L’aggiunta di niraparib è risultata associata anche a miglioramenti nel tempo alla progressione sintomatica e nel tempo all’inizio della chemioterapia.

L’analisi di sopravvivenza globale nella popolazione di pazienti con alterazioni di BRCA1 e BRCA2 non ha evidenziato differenze statisticamente significative (hazard ratio 0.88, intervallo di confidenza al 95% 0.58 – 1.34). L’analisi della sopravvivenza globale che correggeva per l’eventuale crossover a PARP inibitori ma anche per l'impiego di altri farmaci di dimostrata efficacia ha evidenziato un vantaggio significativo (hazard ratio 0.54, intervallo di confidenza 0.33 – 0.90).

Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori dello studio sottolineano il risultato positivo confermato da questa seconda analisi ad interim, risultati particolarmente rilevanti nel sottogruppo di pazienti con alterazioni di BRCA1 e BRCA2.

L’interpretazione dei risultati nei pazienti con alterazioni HRR diverse da BRCA1 e BRCA2 deve necessariamente tener conto della “diluizione” della dimensione del beneficio che si osserva nell’intera popolazione HRR rispetto ai casi con mutazione di BRCA1 e BRCA2. Anche se i risultati sono formalmente positivi nell’intera coorte HRR+, è chiaro che tale effetto è “trainato” dal sottogruppo di pazienti BRCA1 e BRCA2, e i pazienti con altre alterazioni hanno un effetto mediamente molto minore.

Studi come questo ripropongono in chiave “terapie target” il vecchio dibattito sulla differenza tra risultati statisticamente significativi e clinicamente rilevanti. Dal momento che si tratta di farmaci associati a un costo e a un rischio di eventi avversi, è indispensabile identificare i casi con un rapporto benefici/rischi assolutamente favorevole.

I risultati dello studio MAGNITUDE, così come quelli degli altri studi positivi ottenuti con PARP inibitori nel setting della malattia metastatica resistente alla castrazione, ricordano l’importanza dell’esecuzione del test di determinazione di BRCA1 e BRCA2.

Come noto, AIOM ha prodotto delle raccomandazioni aggiornate su questo argomento (https://www.aiom.it/2023-raccomandazioni-aiom-implementazione-analisi-varianti-patogenetiche-brca-pazienti-con-carcinoma-prostata-metastatico/). E’ auspicabile che le attuali disparità esistenti tra i vari centri nell’accesso ai test siano quanto prima risolte.