Patologia genito-urinaria
Giovedì, 04 Maggio 2017

AKI

A cura di Giuseppe Aprile

Dobbiamo essere Leali, l'acronimo ci era sconosciuto. Almeno fino ad oggi, quando abbiamo capito l'importanza di far entrare l'AKI (Acute Kidney Injury) nel moderno vocabolario dell'oncologo medico.

Rosner MH, et al. Acute Kidney Injury in Patients with Cancer. N Engl J Med 2017, May 4 epub ahead of print.

Un deciso passo avanti culturale nella onco-nefrologia. La sindrome da AKI (Acute Kidney Injury) colpisce oltre il 10% dei pazienti con cancro, sebbene l'incidenza possa differire al variare della definizione di AKI. In terreno internazionale, spesso si utilizza la classificazione RIFLE (aggiornata negli anni) che differenzia il grado di sofferenza renale in 5 livelli, con un ampio range di possibilità. Infatti, lo stesso acronimo prevede un semplice "Rischio", una "Injury", "Failure", una "Loss of function" fino alla "End-stage kidney disease" basandosi essenzialmente sul dosaggio sierico della creatinina.

In ogni caso, l'incidenza della possibilita` di danno renale è in continuo incremento a causa della aumentata suscettibilitaà del paziente (età e comorbidità) e per l'intensita` dell'esposizione ad agenti potenzialmente nefrotossici (trattament oncologisi specifici e mezzi di contrasto). Inoltre, interventi chirurgici maggiori, tossicità gastrointestinali severe e infezioni gravi (soprattutto se con ipovolemia) possono notevolmente aumentare il rischio di danno renale.

La review pubblicata questa mattina sulle prestigiose pagine del N Engl J Med produce una lucida overview sul tema. Per la natura della pubblicazione non esiste un disegno statistico.

Con un taglio didattico, ma profondo, la review prende in analisi le possibili cause di AKI dividendole in tre gruppi con differente probabilità di insorgenza in relazione alla zona anatomica del complesso nefrotubulare analizzato:

1. cause conesse alla neoplasia (esempi sono l'infiltrazione tumorale o nefropatia ostruttiva da adenopatie, la lisozimuria in patologie ematologiche, l'occlusione vascolare associata alla coagulazione intravascolare diffusa, l'ipercalcemia, la malattia glomerulare)

2. cause connesse alla terapia oncologica (nefrotossicità diretta di alcuni farmaci utilizzati nella pratica clinica; sindrome da lisi tumorale)

3. cause connesse scatenanti (deplezione della volemia indotta ad esempio da tossicità gastrointestinali, shock settico da complicanze infettive, nefrotossicità da mdc o da terapia antalgica specifica)

Tra le cause del gruppo 2, interessante ricordare la possibile tossicità sulla arteriola afferente degli antiangiogenici, il possibile danno acuto sul tubulo contorto prossimale del crizotinib e su quello distale da TKI o da BRAF inibitori. Seppur al momento limitati, altri autori stanno analizzando i dati sulla possibilile nefrotossicità dei nuovi immunoterapici, incrementando la conoscenza sul tema (Wanchoo, et al. Am J Nephrol 2017).

Il prodotto editoriale risulta utile come overview sul tema specifico, sensibilizzando i professionisti dell'oncologia allo studio della funzionalità renale nel paziente con neoplasia e alla collaborazione coni colleghi nefrologi.

Rimane da stabilire se il miglior tracer di AKI sia il semplice dosaggio plasmatico della creatinina ovvero se possa essere trovato un biomarcatore maggiormente affidabile e precoce e che meglio possano predire l'outcome dei pazienti anche se con valori stabili della creatinina (Kashani K, et al. Biomarkers of acute kidney injury: the pathway from discovery to clinical adoption. Clin Chem Lab Med 2017) e quali sistemi organizzativi multidisciplinari mettere in campo per prendere efficacemente in carico il paziente oncologico con problematica renale (Ronco C, et al. Pro: Prevention of acute kidney injury: time for teamwork and new biomarkers. Nephrol Dial Transplant 2017).