Anche a quest'ASCO, il gruppo cooperativo MITO presente con una presentazione orale (Lorusso et al, 5502). Interessanti, anche se preliminari, i dati ottenuti nel carcinoma dell'endometrio con l'aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia.
Lo studio presentato brillantemente da Ketta Lorusso nella sessione dedicata ai tumori ginecologici era il trial di fase II randomizzato MITO END2.
Lo studio prevedeva l'inclusione di pazienti con tumore dell'endometrio (sia di tipo I che di tipo II) avanzato (in stadio III-IV) o recidivato almeno 6 mesi dal completamento della precedente chemioterapia con platino, che avessero ricevuto al massimo 1 linea di precedente chemioterapia.
Le pazienti eleggibili sono state randomizzate in rapporto 1:1 a:
Endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione (PFS).
Lo studio ha visto la randomizzazione di 108 pazienti, 54 per braccio. Come atteso, un numero significativo di pazienti era affetto da comorbidità (specialmente ipertensione, ma anche diabete di tipo II).
La combinazione con bevacizumab ha prodotto un prolungamento significativo della PFS: PFS mediana 8.7 mesi vs 13 mesi, Hazard Ratio 0.59, intervallo di confidenza al 95% 035 - 0.98, p=0.036.
Sono stati mostrati anche i dati di sopravvivenza globale, ancora ampiamente immaturi.
La combinazione con bevacizumab non ha prodotto un aumento inaccettabile della tossicità, ma alcuni effetti collaterali sono risultati più frequenti rispetto alla chemioterapia da sola. La dottoressa Lorusso ha giustamente enfatizzato la necessità di cautela nell'impiego del trattamento in una popolazione caratterizzata da età anziana, frequenti patologie concomitanti, in alcuni casi precedente trattamento con radioterapia.
In conclusione, questo studio di fase II, che aveva lo scopo di produrre evidenze preliminari sull'aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia per il carcinoma dell'endometrio avanzato, ha prodotto un risultato positivo. Come giustamente sottolineato nella presentazione, lo studio va considerato preliminare, ed è un buon viatico per programmare ulteriori studi con il bevacizumab in questo setting.
Complimenti a Ketta e a tutti i ricercatori MITO: lo studio ha rappresentato un altro segnale della vivacità e della qualità della ricerca italiana in oncologia.