Lo studio randomizzato CARD testa quale sia il momento migliore per utilizzare il cabazitaxel, confrontandolo vs un secondo antiandrogeno (enzalutamide o abiraterone) in pazienti con carcinoma prostatico metastatico castration-resistant già trattati con docetaxel e l'antiandrogeno alternativo.
De Wit R, et al. Cabazitaxel versus Abiraterone or Enzalutamide in Metastatic Prostate Cancer. N Engl J Med 2019 Sep 30th epub ahead of print.
Quale fosse la migliore sequenza terapeutica nella gestione clinica del paziente con carcinoma prostatico resistente alla castrazione rimaneva poco chiaro.
In particolare, sebbene l'utilizzo del trattamento sistemico sia ora incentrato su malattia più precoce, l'utilizzo di quattro differenti classi di prodotti ha dimostrato di poter prolungare la sopravvivenza nel paziente con neoplasia protatica metastatica castration-resistant: la chemioterapia con i taxani (docetaxel e il nuovo cabazitaxel), gli inibitori del segnale androgenico (abiraterone e enzalutamide), l'immunoterapia (sipuleucel-T), e un farmaco radiometabolico (radium-223).
Lo studio presentato all'ESMO e simultaneamente pubblicato sul N Engl J Med indaga la migliore sequenza terapeutica in questa categoria di pazienti, confrontando testa a testa il cabazitaxel - un agente antiproliferativo con con attività in vitro e in vivo su cellule resistenti a docetaxel che legandosi alla tubulina provoca l'inibizione delle mitosi e l'arresto della replicazione cellulare - vs abiraterone o enzalutamide in pazienti pretrattati con docetaxel e l'antiandrogeno alternativo.
L'arruolamento dei pazienti è stato condotto interamente in Europa: hanno partefcipato al trial randomizzato 1:1 62 centri in 13 paesi inclusa l'Italia per raggiungere rapidamente un accrual di 234 pazienti. Infatti, secondo il disegno statistico erano necessari poco meno di 200 eventi per avere un hazard ratio di 0.67 (cabazitaxel vs. androgen-signaling–targeted inhibitor) nella imaging-based progression-free survival - endpoint primario del trial-, con con una potenza dell'80% e un errore alfa del 5% nello stratified log-rank test a due code.
Il cabazitaxel era somministrato alla dose di 25 mg/mq ogni tre settimane in acordo al label europeo in combinazione al prednisone orale a 10 mg /die.
Lo studio ha arruolato 255 pazienti, con età mediana di 70 anni e PS ECOG 0-1, i cui dati sono stati pubblicati dopo un follow-up mediano di poco superiore ai 9 mesi.
Il rischio di progressione basato sull'imaging o morte risultava dimezzato nei pazienti assegnati al braccio sperimentale [HR 0.54, 95%CI 0.40-0.73] con un valore mediano di 8 mesi per chi riceveva cabazitaxel vs 3.7 mesi per chi riceveva enzalutamide o abiraterone.
Nonostante il crossover, che era consentito e che è effettivamente avvenuto in un terzo dei pazienti, il vantaggio si traduceva anche in una riduzione del 36% del rischio di morte [HR per OS 0.64, 95% CI, 0.46 to 0.89; P=0.008], con una differenza in mOS di circa 2.5 mesi [13.6 mesi vs 11 mesi].
Tra gli obiettivi secondari si segnala per il braccio sperimentale il vantaggio in risposte obiettive [36.5% vs 11.5%, P=0.004] e in risposte biochimiche [calo del PSA documentato in 35.7% vs 13.5% dei pazienti P<0.001], senza una sostanziale differenza tra i bracci in termini di incidenza di tossicità di grado 3, ma con un differente profilo di tollerabilità - come atteso - e una differente incidenza di effetto collaterali minori.
Lo studio CARD ha chiarito che l'anicipazione dell'uso di cabazitaxel a subito dopo il fallimento del primo dei due inibitori con effetto antiandrogenico è vantaggioso per il paziente con malattia prostatica resistente alla castrazione sia nella imaging-based PFS [sebbene il trial non prevedesse una revisione centralizzata] che in sopravvivenza overall.
Non è possibile sapere se il dato sarebbe replicato utilizzando una dose iniziale di cabazitaxel del 20% inferiore, dimostrata non-inferiore dal trial PROSELICA. Rimane, inoltre il problema della tossicità ematologica del nuovo taxano: i pazienti hanno ricevuto G-CSF in profilasi primaria.