Dopo la pubblicazione del CLEAR - che ha definito l'associazione di lenvatinib e pembrolizumab come uno tra i nuovi riferimenti terapeutici - è ora la volta del trial CheckMate 9ER che ha testato nivolumab e cabozantinib in pazienti con carcinoma renale avanzato.
Choueiri TK, et al, CheckMate 9ER Investigators. Nivolumab plus Cabozantinib versus Sunitinib for Advanced Renal-Cell Carcinoma. N Engl J Med. 2021 Mar 4;384(9):829-841. doi: 10.1056/NEJMoa2026982.
Nei pazienti trattati con la combinazione cabozantinib e nivolumab, la mediana di sopravvivenza libera da progressione (PFS), endpoint primario dello studio, è raddoppiata rispetto ai pazienti che hanno ricevuto solo sunitinib: 16.6 mesi rispetto a 8.3 mesi (HR 0.51, 95%CI 0.41–0.64, p < 0.0001). Inoltre, il tasso di sopravvivenza a 12 mesi era incrementato del 10% in valore assoluto (86% vs 76%) e la doppietta ha ridotto il rischio di morte del 40% rispetto al solo sunitinib (HR 0.60, 98.89%CI: 0.40–0.89, p= 0.0010; con OS mediana non raggiunta in entrambi i bracci dello studio).
Nel braccio sperimentale si è anche registrato un più alto tasso di risposta obiettiva, con il doppio dei pazienti in risposta rispetto a sunitinib (56% vs. 27%); l’8% dei pazienti rispetto al 5% ha ottenuto una risposta completa. Cabozantinib in combinazione con nivolumab è associato ad una maggiore durata della risposta paragonato a sunitinib, con una durata mediana di 20.2 mesi rispetto a 11.5 mesi. Inoltre, i pazienti trattati con la combinazione hanno presentato un tasso di interruzione del trattamento inferiore rispetto a sunitinib (44.4% vs. 71.3%), e in particolare un tasso di interruzione per progressione di malattia significativamente più basso rispetto a sunitinib (27.8% vs 48.1%).
Le analisi multivariate hanno dimostrato che i risultati di efficacia ed attività erano coerentemente confermati in tutti sottogruppi pre-specificati, in tutte le categorie di rischio secondo IMDC e indipendentemente dalla espressione di PD-L1.
Come ultima nota segnaliamo che l'analisi esploratoria riguardante la health-related QoL ha dimostrato una migliore qualità di vita per i soggetti assegnati al braccio sperimentale.
Da notare che i benefici in efficacia sono stati osservati in tutti i sottogruppi di pazienti, comprese le categorie di rischio secondo l’International Metastatic Renal Cell Carcinoma Database Consortium e l'espressione di PD-L1.
Come molto ben commentato nel tweet relativo allo studio CLEAR - a cui poco possiamo aggiungere - il paziente con carcinoma renale è da poco al centro di una terza rivoluzione copernicana (combinazione con immunoterapia) che segue a quelle legate prima dall'introduzione dei TKI e delle loro sequenze (2007-2012) e poi dall'utilizzo dei moderni TKI di terza generazione (2015-2016).
Sono ora disponibili solidi dati scientifici di almeno sei differenti possibilità di trattamento in prima linea che combinano le strategie di immunoterapia, TKI e antiangiogenesi (nivolumab + cabozantinib; nivolumab + ipilimumab; pembrolizumab + axitinib; atezolizumab + bevacizumab; avelumab + axitinib, lenvatinib + pembrolizumab) tra cui poter scegliere, ma verosimilmente la combinazione di nivolumab e cabozantinib si confronterà con quella di pembrolizumab e lenvatinib per contendersi il podio della più utilizzata.
In assenza di confronti diretti, certamente la futura ricerca dovrà chiarire quali siano i candidati ideali all'una o all'altra combinazione, anche in base al profilo di tossicità della doppietta scelta e di altri fattori predittivi (espressione di PD-L1, TMB, profilo di espressione genica, sottotipo molecolare, TILs, microbioma, caratteristiche cliniche quali il BMI basale, ecc...).
Non solo, ma oltre all'approfondimento dei possibili fattori predittivi di risposta all'immunoterapia sarà anche imprescindibile studiare con pari impegno da un lato gli "exceptional responders", il 15% dei pazienti che hanno uno straordinario beneficio in sopravvivenza a lungo termine (sono guariti?) e dall'altro i "poor responders", stimati attorno al 15%, che riportano una rapida progressione come migliore risposta. Lo sforzo della ricerca accademica sarà importante per capire quanto a lungo debbano essere trattati i primi, per evitare le tossicità a lungo termine di un trattamento costoso, e per trovare valide terapie alternative da proporre ai secondi, evitando loro una terapia per nulla efficace.