Pubblicati i risultati del trial TIVO-3 che testa tivozanib vs sorafenib in pazienti con carcinoma renale pretrattato. Dove si potrà inserire il nuovo VEGFR inibitore nella complessa sequenza di trattamento?
Rini B, et al. Tivozanib versus sorafenib in patients with advanced renal cell carcinoma (TIVO-3): a phase 3, multicentre, randomised, controlled, open-label study. Lancet Oncol 2019, epub ahead of print Dec 3.
La terapia del carcinoma renale è stata profondamente modificata da due nuove classi di farmaci: gli inibitori di VEGFR e gli immunoterapici. Nella prima categoria sono incluse sunitinib, sorafenib, axitinib, cabozantinib, lenvatinib, pazopanib e tivozanib: ognuno di questi ha solidi dati provenienti da trial clinici che ne hanno dimostrato l'efficacia - in alcuni casi abbiamo dati comparativi tra efficacia e tossicità delle singole molecole, dati che aiutano a costruire la sequenza ideale di trattamento.
L'inserimento nella pratica clinica degli immunoterapici - sia somministrati come agente singoli che in combinazione ad antiangiogenici - ha certamente creato una frattura nel precedente modello di trattamento e una delle domande a cui si sta cercando di rispondere è quale sia il beneficio di un VEGFR inibitore dopo un immunoterapico. In questo setting, in un piccolo studio di fase II il trattamento con axitinib - sebbene non raggiungesse la PFS prespecificata nel disegno - si è dimostrato di beneficio in pazienti selezionati dopo la terapia con un checkpoint inibitore [Ornstein MC, et al. Lancet Oncol 2019].
Lo studio multicentrico TIVO-3 ha randomizzato 350 pazienti con carcinoma renale metastatico pretrattati con almeno due linee di terapia sistemica [almeno una delle quali con VEGFR inibitore], malattia misurabile e ECOG PS 0-1 a ricevere sorafenib alla dose di 400 mg/ bid ovvero tivozanib alla dose di 1.5 mg/die. I criteri di stratificazione erano corrispondenti alla categoria di rischio secondo IMDC e al tipo di terapia precedentemente ricevuta. Endpoint primario dello studio era la PFS con revisione indipendente centralizzata.
In circa un anno [primavera 2016 - estate 2017] sono stati randomizzati 175 pazienti per braccio in 120 centri accademici.
In entrambi i bracci di trattamento l'età mediana era 63 anni, i tre quarti dei pazienti erano di sesso maschile, il 60% dei pazienti avevano una categoria di rischio intermedia e il 20% un poor risk, il 60% dei pazienti avevano ricevuto due linee di trattamento sistemico [e il 40% tre linee], delle quali il 45% dei casi erano stati trattati con due differenti VEGFR inibitori e circa un quarto con un checkpoint inibiotore e un VEGFR inibitore in sequenza.
Dopo un follow-up mediano di poco superiore all'anno e mezzo, la PFS mediana - endpoint primario dello studio - è stata di 5.6 mesi con tivozanib vs 3.9 mesi con sorafenib [HR 0.73, 95% CI 0.56-0.94, p=0.016], con un raddoppiamento delle risposte parziali [18% vs 8%] che erano anche di durata maggiore.
Il trattamento con tivozanib ha avuto un [lievemente] migliore profilo di tossicità, sebbene il più potente VEGFR inibitore causasse un maggior numero di casi di ipertensione lieve [27% vs 14%] o severa [20% vs 14%]. Non si sono registrate differenze tra i due trattamenti in termini di sopravvivenza overall.
Lo studio TIVO-3, trial randomizzato ma non condotto in doppio cieco, dimostra un vantaggio per tivozanib vs sorafenib in questo particolare subset di pazienti refrattari a due o tre linee di trattamento sistemico. Nella analisi per sottogruppi il vantaggio persiste e sembra aumentato in chi ha già ricevuto immunoterapia [PFS mediana 7.3 mesi vs 5.1 mesi, HR 0.55] e sembra di maggiore entità nei favourable e intermediate risk secondo IDMC - probabilmente per una minore dipendenza dall'angiogenesi nei pazienti con neoplasia poor risk.
Tuttavia, il beneficio in PFS mediana piuttosto modesto in termini assoluti [1.5 mesi] e il mancato vantaggio in sopravvivenza overall sono critiche dure da superare per il trial TIVO-3, nell'epoca in cui gli studi METEOR e Checkmate 025 - sebbene il comparatore fosse everolimus - hanno dimostrato per cabozantinib e nivolumab un robusto vantaggio in sopravvivenza in pazienti pretrattati con VEGFR inibitori.
La capacità dei VEGFR inibitori di modulare l'azione del sistema immunitario è in studio anche per tivozanib - che riduce i T-cell regolatori aumentando l'azione del PD-1 inibitori -, e tale possibile sinergia terapeutica è attualmente testata in uno studio di fase I-II inel quale tivozanib è somministrato in combinazione a nivolumab.
Rimane quindi da chiarire quale ruolo potrà avere tivozanib nell'articolata sequenza di terapia per il paziente con carcinoma renale a cellule chiare metastatico che si prospetta alle porte del nuovo decennio, quando una significativa parte dei pazienti riceverà upfront la cominazione di nivolumab e ipilimumab o quella di pembrolizumab e axitinib.