Una survey condotta nel 2023 ha chiesto ai soci AIOM di descrivere lo stato di implementazione delle raccomandazioni sulla determinazione dello stato di BRCA nei pazienti affetti da tumore della prostata metastatico. Tempi a volte lunghi, percorsi a volte non ancora ben definiti, mancata disponibilità della biopsia liquida: sono questi i punti deboli evidenziati dai rispondenti.
Isabella Saporita, Mariangela Calabrese, Stefano Poletto, Fabio Turco, Rosario Francesco Di Stefano, Orazio Caffo, Antonio Russo, Ugo De Giorgi, Marcello Tucci, Massimo Di Maio, Saverio Cinieri, Consuelo Buttigliero. Testing BRCA 1-2 mutations in metastatic prostate cancer: results of a survey of the Italian Association of Medical Oncology. Clinical Genitourinary Cancer, 2024, 102255, ISSN 1558-7673, https://doi.org/10.1016/j.clgc.2024.102255. (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1558767324002258)
Una percentuale piccola ma non trascurabile dei tumori della prostata presenta mutazioni germinali o somatiche dei geni della ricombinazione omologa, tra i quali BRCA1 e BRCA2.
Un tempo la determinazione dell’eventuale presenza di mutazioni di questi geni era importante solo ai fini della caratterizzazione del rischio eredo-familiare, mentre oggi la presenza dell’eventuale mutazione (non solo germinale, ma eventualmente anche “acquisita” a livello somatico) ha un’implicazione prognostica e soprattutto predittiva, in quanto i casi caratterizzati da mutazione sono potenzialmente sensibili all’attività dei farmaci PARP inibitori, tra cui olaparib.
Nel 2023, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica ha pubblicato l’aggiornamento delle raccomandazioni sulla determinazione dello stato di BRCA nei pazienti con tumore della prostata metastatico ( https://www.aiom.it/2023-raccomandazioni-aiom-implementazione-analisi-varianti-patogenetiche-brca-pazienti-con-carcinoma-prostata-metastatico/).
L’esecuzione del solo test germinale, pur essendo ovviamente più semplice da eseguire (essendo realizzabile su un prelievo di sangue), consente di individuare solo una parte dei casi teoricamente eleggibili al trattamento con PARP inibitori, in quanto molte mutazioni sono somatiche e richiedono quindi l’esecuzione del test sul tessuto. Quest’ultima crea a volte problemi, in quanto a volte il tessuto del tumore primitivo è conservato da anni prima che il paziente diventi metastatico (e quindi la qualità della determinazione si riduce), e spesso le uniche metastasi eventualmente biopsiabili sono ossee, notoriamente caratterizzate da una maggiore difficoltà di ottenere un risultato informativo del test.
Allo scopo di verificare la diffusione delle raccomandazioni, e le problematiche legate alla diagnostica molecolare nei vari centri italiani, è stata diffusa nel 2023 ai soci AIOM una survey anonima.
La survey è stata compilata da 108 partecipanti. Questo numero rappresenta il 5% dei soci AIOM a cui l’invito era stato inviato.
Il 52.8% dei rispondenti ha dichiarato di testare BRCA in tutti i pazienti affetti da tumore della prostata metastatico.
In caso di materiale tissutale inadeguato, solo il 17% dei rispondenti ha dichiarato di avvalersi della biopsia liquida, e il 15.7% dichiara di prendere in considerazione la re-biopsia di una lesione metastatica.
Un quarto dei rispondenti ha dichiarato di dover inviare il campione presso altri centri, e il 17.6% dichiara di dover coinvolgere più centri nella procedura di analisi.
Le principali problematiche riferite dai rispondenti sono state: la lunghezza dei tempi necessari all’esecuzione del test, la mancanza di un percorso predefinito, la mancata disponibilità della biopsia liquida.
Sulla base delle risposte raccolte, gli autori sottolineano che la diagnostica di BRCA nei pazienti italiani affetti da tumore della prostata metastatico non è ancora ottimale, e che questo può implicare una disparità di accesso alla potenziale terapia con inibitori di PARP nei casi con mutazione.
Uno dei limiti della survey è che il numero di rispondenti è stato molto basso (pari al 5% dei soci AIOM invitati). Questo è sicuramente in linea con la bassa compliance a molte delle survey inviate da AIOM ai soci negli ultimi anni. Peraltro, trattandosi di una survey specificamente riferita alla gestione dei pazienti con tumore della prostata, è chiaro che molti soci, non occupandosi specificamente di questa patologia, non abbiano risposto: in altre parole, il denominatore reale non dovrebbe essere quello pari a tutti i soci AIOM, ma solo quelli che specificamente si occupano di tumore della prostata.
C’è anche da dire che il rischio insito in tutte le survey caratterizzate da una compliance subottimale è che ci sia un bias nei rispondenti, legato al fatto che chi risponde è mediamente più sensibile all’argomento oggetto della survey rispetto a chi non risponde. In linea di principio, non è possibile escludere che i problemi legati al test di BRCA possano essere stati anche sottostimati, essendo potenzialmente peggiori nella realtà clinica di chi, non rispondendo, si dimostra meno interessato all’argomento.
L’eterogeneità di percorsi diagnostici per un test molecolare non è una “sorpresa”: analoga situazione è stata vissuta, anni fa, quando nella pratica clinica si è resa necessaria l’implementazione dei test per il tumore del polmone. Pur essendo raccomandati dalle linee guida, a distanza di anni dall’introduzione del test per EGFR e per ALK, molti pazienti ancora non ricevevano tali test in maniera ottimale (https://www.lungcancerjournal.info/article/S0169-5002(17)30362-8/abstract).
Il fatto di dover inviare il campione presso altri centri non è di per sé un problema, l'importante però è che ciascun centro abbia percorsi definiti e standardizzati, che consentano agli operatori una fase diagnostica tempestiva.
La diagnostica molecolare nel tumore della prostata è diventata parte della pratica clinica molto più recentemente, e quindi non sorprende che ci siano ancora differenze e potenziali disparità nell’accesso al test e nelle procedure adottate dai singoli centri. Oggi, la disparità di accesso a un farmaco non è più dipendente solo dall’effettiva disponibilità del farmaco stesso, ma anche (e forse soprattutto) dai difetti nei percorsi diagnostici.