Un’analisi condotta su una coorte di pazienti affetti da tumore uroteliale avanzato ha indagato il ruolo prognostico della frazione di DNA tumorale nel DNA circolante: i pazienti con una frazione elevata hanno un andamento di malattia più aggressivo.
Miron, B., Li, G., Quintanilha, J. C. F., Clark, A., Scott, T., Ross, J. S., ... & Gupta, S. (2024). Relationship of tumor fraction in circulating tumor DNA with prognosis in patients with advanced urothelial cancer. ESMO Real World Data and Digital Oncology, 3, 100004.
Negli ultimi tempi aumentano gli studi che valutano il ruolo della determinazione del DNA tumorale circolante in numerosi setting clinici, sia in pazienti operati con intento radicale (allo scopo di verificare l’eventuale presenza di malattia residua) sia in pazienti con malattia avanzata.
In questi ultimi, la quantità di DNA tumorale circolante può avere un ruolo prognostico.
Gli autori dell’analisi pubblicata su ESMO Real World Data and Digital Oncology hanno valutato il ruolo prognostico della frazione di DNA tumorale nel DNA tumorale circolante in una serie di pazienti con tumore dell’urotelio avanzato.
Lo studio è stato condotto su una coorte di pazienti statunitensi, inclusi in un database di caratteristiche cliniche e genomiche, sottoposti alla determinazione del DNA tumorale circolante con il test FoundationOne®Liquid o FoundationOne®Liquid CDx.
Le caratteristiche del paziente e della malattia, i valori di laboratorio e le informazioni relative al trattamento sono state estratte dalla cartella clinica elettronica.
Endpoint dell’analisi erano la sopravvivenza libera da progressione misurata nella pratica clinica (real world progression-free survival, rwPFS) e la sopravvivenza globale (real world overall survival, rwOS).
La determinazione del DNA tumorale circolante era eseguita in una singola determinazione, nei 60 giorni precedenti l’inizio del trattamento sistemico.
L’analisi ha incluso 83 pazienti affetti da carcinoma uroteliale avanzato.
Un’elevata frazione di DNA tumorale circolante (uguale o superiore all’1%) è risultata associata con caratteristiche prognostiche sfavorevoli, e risulta associata a una sopravvivenza libera da progressione significativamente peggiore, sia all’analisi univariata che all’analisi multivariata.
Nel dettaglio:
- All’analisi univariata, hazard ratio di progressione pari a 2.01, intervallo di confidenza al 95% 1.14 – 3.56, p=0.01
- All’analisi multivariata, hazard ratio di progressione pari a 2.37, intervallo di confidenza al 95% 0.99 – 5.66, p=0.05.
Sia all’analisi univariata che multivariata, la sopravvivenza globale non è risultata significativamente associata alla frazione di DNA tumorale, con una differenza (seppur non significativa) nella stessa direzione prognostica della rwPFS:
- All’analisi univariata, hazard ratio di morte 1.71 , intervallo di confidenza al 95% 0.87 – 3.36
- All’analisi multivariata, hazard ratio di morte 1.55, intervallo di confidenza al 95% 0.57 – 4.23.
Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori concludono che la frazione tumorale di DNA tumorale circolante ha un ruolo prognostico.
Naturalmente, va riconosciuto il limite di numerosità del campione, che potrebbe ad esempio contribuire a spiegare l’assenza di significative differenze tra i gruppi classificati sulla base della frazione di DNA tumorale in termini di sopravvivenza globale.
L’analisi è limitata anche dall’eterogeneità dei pazienti inclusi: alcuni pazienti erano candidati a un trattamento di prima linea, altri erano pretrattati. La determinazione molecolare era basata su una singola determinazione basale, mentre in questi anni abbiamo avuto vari tentativi di esplorare l’utilità di determinazioni seriali del DNA tumorale circolante in corso di trattamento.
Lanciandosi in un’ipotesi che va ben al di là dei risultati dell’analisi, gli autori immaginano che i casi caratterizzati da una frazione di DNA tumorale bassa, e quindi da una prognosi migliore, potenzialmente possano essere trattati con una terapia “chemotherapy-free”, non avendo un rischio imminente di progressione, mentre i casi a prognosi peggiore, caratterizzati da un rischio più elevato di progressione a breve, potrebbero giovarsi di un trattamento “più aggressivo” con la chemioterapia.
Saranno ovviamente necessari studi ulteriori per meglio chiarire l’utilità nella pratica clinica della determinazione del DNA tumorale circolante in questo setting.