Uno studio dimostra che l'enzalutamide, un inibitore del recettore androgenico, è in grado di ritardare il ricorso alla chemioterapia in pazienti asintomatici o paucisintomatici con carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione. Se poi l'obiettivo è raggiunto evidenziando un guadagno in sopravvivenza, siamo tutti più contenti.
Beer TM, et al. Enzalutamide in Metastatic Prostate Cancer before Chemotherapy. N Engl J Med 2014 [Epub ahead of print]
L'enzalutamide è un inibitore orale del recettore androgenico di provata efficacia nel trattamento del carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione e in progressione dopo chemioterapia. Il quesito riguardo al ruolo di tale agente prima che i pazienti abbiano ricevuto un trattamento chemioterapico è di grande interesse clinico.
Dopo un trattamento di deprivazione androgenica (mediante analogo LHRH od orchiectomia, con o senza antiandrogeno) la progressione di malattia può avvenire malgrado una soppressione efficace dei livelli di testoterone. Studi preclinici su linee cellulari suggeriscono che l'iperspressione dei recettori androgenici è sufficiente a conferire resistenza alla deprivazione androgenica.
Enzalutamide agisce in modo competitivo sul dominio di legame del recettore androgenico e inibisce la traslocazione del complesso androgeno-recettore nel nucleo cellulare, il reclutamento dei co-fattori e l'interazione androgeno-recettore con il DNA. Uno studio di fase 3 ha dimostrato il ruolo di enzalutamide nel trattamento del carcinoma prostatico resistente alla castrazione in pazienti già trattati con docetaxel (superiorità rispetto al placebo in termini di PFS, OS, ritardo di eventi scheletrici, qualità di vita).
Lo studio PREVAIL ha valutato il ruolo di enzalutamide in maschi asintomatici o paucisintomatici con carcinoma prostatico metastatico in progressione dopo deprivazione androgenica e non ancora sottoposti alla chemioterapia.
Disegno dello studio: randomizzato di fase 3, in doppio cieco. Co-primary endpoint: progression-free survival radiologica e overall survival.
Trattamenti in studio: enzalutamide (alla dose di 160 mg) o placebo, somministrati una volta al giorno con o senza cibo.
In totale, sono stati arruolati 1717 pazienti, 872 nel braccio enzalutamide e 845 nel braccio placebo.
A 12 mesi di follow-up, il tasso di PFS radiologica è risultato del 65% con l'enzalutamide e del 14% con il placebo. In particolare, il trattamento con enzalutamide ha prodotto una riduzione dell'81% nel rischio di progressione o morte (HR 0.19; 95% IC 0.15-0.23; p<0.001).
La mediana di PFS radiologica non è stata raggiunta con l'enzalutamide mentre è risultata pari a 3.9 mesi con il placebo. In termini di OS, ad un follow-up mediano di 22 mesi, meno eventi sono occorsi nel braccio enzalutamide rispetto al braccio placebo (28% vs. 35%), traducendosi in una riduzione del rischio di morte del 29% (HR 0.71; 95% IC 0.60-0.84; p<0.001) L'OS mediana è stata stimata di 32.4 mesi nel braccio enzalutamide e di 30.2 mesi nel braccio placebo. Dopo aver preso visione dei risultati dell'analisi ad interim, lo studio è stato interrotto consentendo ai pazienti assegnati al placebo di poter ricevere l'enzalutamide. Un'analisi aggiornata dell'OS ha riportato una mediana non ancora raggiunta per i pazienti trattati con enzalutamide e pari a 31 mesi per i pazienti trattati con placebo (HR 0.73; 95% IC 0.63-0.85; p<0.001).
E' interessante notare una diversa distribuzione fra i due bracci (enzalutamide vs. placebo, 40% vs. 70%) nella percentuale di pazienti che hanno ricevuto un trattamento potenzialmente efficace nella fase post-studio. In particolare, il docetaxel è stato somministrato nel 33% dei pazienti che avevano ricevuto enzalutamide e nel 57% dei pazienti che avevano ricevuto placebo. Dati simili sono stati osservati in merito al successivo impiego di abiraterone (21% vs 46%).
La fatigue e l'ipertensione sono stati gli eventi avversi più frequentemente osservati con l'impiego di enzalutamide.
L'enzalutamide, un inibitore orale del recettore androgenico, ha dimostrato di ritardare la progressione radiologica e di incrementare la sopravvivenza in pazienti con carcinoma prostatico asintomatico o paucisintomatico, resistente alla castrazione e non trattato con chemioterapia.
Alla lista dei trattamenti efficaci nel trattamento del carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione (chemioterapia, sipuleucel-T, radium-223, abiraterone più prednisone) si aggiunge pertanto un agente con un eccellente profilo di tossicità e in grado di ritardare il ricorso alla chemioterapia.