Pubblicati i risultati di qualità di vita del confronto tra nivolumab + ipilimumab e sunitinib nei pazienti con carcinoma renale avanzato: l’immunoterapia migliora anche la qualità di vita.
Cella D, Grünwald V, Escudier B, Hammers HJ, George S, Nathan P, Grimm MO, Rini BI, Doan J, Ivanescu C, Paty J, Mekan S, Motzer RJ. Patient-reported outcomes of patients with advanced renal cell carcinoma treated with nivolumab plus ipilimumab versus sunitinib (CheckMate 214): a randomised, phase 3 trial. Lancet Oncol. 2019 Jan 15. pii: S1470-2045(18)30778-2. doi: 10.1016/S1470-2045(18)30778-2. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 30658932.
Lo studio randomizzato di fase III CheckMate 214 ha confrontato la combinazione di nivolumab e ipilimumab con il sunitinib come trattamento di prima linea dei pazienti con carcinoma renale avanzato.
I pazienti erano divisi nelle 3 categorie di rischio: favourable, intermediate e poor.
I pazienti erano randomizzati, in rapporto 1:1.
I pazienti assegnati al braccio sperimentale ricevevano nivolumab 3 mg/kg + ipilimumab 1 mg/kg, ogni 3 settimane, per 4 somministrazioni, seguite da nivolumab 3 mg/kg ogni 2 settimane.
I pazienti assegnati al braccio standard ricevevano sunitinib 50 mg al giorno per 4 settimane ogni 6 settimane.
Non era previsto un braccio con immunoterapico agente singolo.
I risultati principali, precedentemente pubblicati, hanno dimostrato un miglioramento significativo della sopravvivenza globale con l’immunoterapia di combinazione nei pazienti nelle categorie di rischio “intermediate” e “poor”.
Endpoint coprimari dello studio erano la sopravvivenza globale, la sopravvivenza libera da progressione e la proporzione di risposte obiettive nei pazienti classificati a rischio intermediate o poor.
La qualità di vita era endpoint esploratorio dello studio.
I patient-reported outcomes (PROs) erano: Functional Assessment of Cancer Therapy Kidney Symptom Index-19 (FKSI-19), Functional Assessment of Cancer Therapy-General (FACT-G), e EuroQol five dimensional three level (EQ-5D-3L).
Il risultato complessivo dello studio ha documentato un’interazione significativa tra categoria di rischio ed efficacia dei trattamenti in studio (combinazione di nivolumab e ipilimumab superiore a sunitinib nei pazienti a prognosi intermediate e poor, risultato opposto nei pazienti a buona prognosi). Di conseguenza, l’analisi di qualità di vita presentata nel lavoro di Lancet Oncology prende in considerazione i soli pazienti per i quali la combinazione di nivolumab e ipilimumab si propone come superiore al sunitinib, quindi i pazienti con rischio intermediate e poor.
Complessivamente, lo studio ha visto la randomizzazione di 1096 pazienti, dei quali 847 (pari al 77%) erano nella categoria di rischio “intermediate” o “poor”.
Di questi, 425 pazienti sono stati assegnati alla combinazione sperimentale di nivolumab e ipilimumab, mentre 422 pazienti sono stati assegnati al trattamento di controllo con sunitinib.
Il punteggio complessivo dello score FKSI-19 ha riportato un cambiamento medio rispetto al basale, dopo 103 settimane (circa 2 anni), pari a +4.00 (intervallo di confidenza al 95% 1.91 – 6.09) per i pazienti assegnati al braccio sperimentale, a fronte di -3.14 (−6.03 - −0.25) per i pazienti assegnati al trattamento di controllo con sunitinib (p<0.0001).
Il punteggio complessivo dello score FACT-G ha riportato un cambiamento medio rispetto al basale, dopo 103 settimane, pari a +4.77 (intervallo di confidenza al 95% 1.73 – 7.82) per i pazienti assegnati al braccio sperimentale, a fronte di -4.32 (−8.54 - −0.11) per i pazienti assegnati al trattamento di controllo con sunitinib (p=0.0005).
Differenze significative a favore della combinazione di nivolumab e ipilimumab sono state osservate anche in 4 domini del FKSI-19 (simtomi legati alla malattia, sintomi fisici legati alla malattia, effetti collaterali del trattamento e benessere fisico), nonché nei domini di benessere fisico e funzionale del FACT-G.
Non è stata riscontrata una differenza significativa tra i bracci nel punteggio VAS dell’EQ-5D-3L alla settimana 103: cambiamento medio rispetto al basale pari a 10.07 (intervallo di confidenza al 95% 4.35 – 15.80) per la combinazione di nivolumab e ipilimumab e 6.40 (intervallo di confidenza al 95% -1.36 – 14.16) per il sunitinib (p=0.45).
L’analisi del tempo al deterioramento della qualità di vita ha evidenziato un vantaggio significativo a favore della combinazione di nivolumab e ipilimumab, rispetto al sunitinib, sia in termini di punteggio totale del FKSI-19 (hazard ratio 0.54, intervallo di confidenza al 95% 0.46 – 0.63), che in termini di punteggio totale FACT-G (hazard ratio 0.63, intervallo di confidenza 0.52 – 0.75) e in termini di punteggio VAS EQ-5D-3L (Hazard Ratio 0.75, intervallo di confidenza al 95% 0.63 – 0.89).
L’analisi dei patient-reported outcomes aggiunge un tassello importante ai risultati dello studio di confronto tra la combinazione di nivolumab e ipilimumab e il sunitinib nei pazienti con carcinoma renale metastatico.
Trattandosi di uno studio positivo per l’endpoint primario, e in considerazione della recente approvazione da parte dell’European Medicines Agency (che porterà quindi alla probabile discussione della combinazione come opzione terapeutica nella pratica clinica), la valutazione della qualità di vita è particolarmente importante, per garantire una più completa ed equilibrata valutazione del valore del trattamento e del rapporto tra benefici e rischi.
I risultati vanno decisamente in direzione coerente con l’endpoint primario: il trattamento con la combinazione immunoterapica non determina solo un prolungamento della sopravvivenza, ma anche un miglioramento dei sintomi e un miglior andamento della qualità di vita, rispetto al sunitinib.
Sul risultato di qualità di vita “pesa” positivamente il miglior controllo di malattia e dei sintomi ad essa associati, mentre la tossicità del trattamento (numericamente non trascurabile) non si traduce, con gli strumenti impiegati, in un impatto significativamente negativo.
Ad oggi, la combinazione di nivolumab ed ipilimumab, recentemente approvata da EMA, non è rimborsata per l’impiego clinico in Italia.