Una nuova opzione per pazienti con carcinoma uroteliale metastatico che siano stati giudicati avere una controindicazione all’uso del cisplatino. Immunoterapia upfront come agente singolo: arrivano i risultati di attività e safety dell’italianissimo ARIES.
Iacovelli R, et al. First-line avelumab for patients with PD-L1-positive metastatic or locally advanced urothelial cancer who are unfit for cisplatin. Ann Oncol 2022, epub ahead of print Aug 2nd
Sebbene la chemioterapia con cisplatino associato ad altri farmaci antiblastici sia l’opzione di scelta raccomandata dalle linee guida per il paziente con carcinoma uroteliale avanzato, quasi il 50% dei soggetti con questa neoplasia sono giudicati unfit per ricevere il trattamento di prima linea per PS scaduto, età avanzata o comorbidità che renderebbero sfavorevole il rapporto rischio/beneficio del trattamento potenzialmente proposto.
Quale opzione adottare in questi soggetti era quindi incerta al momento del disegno del trial, sebbene in molti pazienti sarebbe stato offerto un regime di combinazione con carboplatino e gemcitabina (che ha una minore attività ed efficacia rispetto allo standard). In anni recenti si è fatta strada in questa categoria il possibile utilizzo dell’immunoterapia (es: pembrolizumab o atezolizumab in monoterapia senza tenere conto dell’espressione tumorale di PD-L1).
In questo stesso setting è stato disegnato e condotto il trial ARIES, uno studio di fase II a singolo braccio che ha testato upfront avelumab in monoterapia (10 mg/kg ogni due settimane) in pazienti con ECOG PS 0-2, unfit per cisplatino, PD-L1 positivo e TPS >5%. Endpoint primario dello studio era il 1-year OS rate. Infatti il disegno statistico dello studio ambiva a verificare un aumento della sopravvivenza a 12 mesi dal 40 al 57%.Gli endpoints secondari includevano la median OS, la median PFS (misurata dagli investigatori localmente con RECIST v 1.1), ORR (idem), la durata della risposta, la safety, e la tollerabilità del trattamento.
In meno di 2 anni sono stati screenati in 8 centri italiani quasi 200 pazienti e, tra questi, 71 (35%) sono stati arruolati con una età mediana di 75 anni (da segnalare che oltre un quarto dei pazienti ne aveva 80+). Le due principali ragioni per essere stati giudicati unfit per un aterapia con cisplatino erano la clearence della creatinina ridotta a meno di 60 ml/min (70% dei casi) ovvero il PS 2 (30% dei casi).
Con un follow-up mediano di circa 10 mesi (95%CI, 5.5–14.5 mesi), il 43% dei pazienti era stimata in vita a 1 anno; il tasso di risposta era del 24% (6% di risposte complete) e tra i 17 pazienti che raggiungevano un buon controllo di malattia, la durata della risposta di almeno un anno si otteneva in 13 casi e a due anni in 5 pazienti.
Effetti collaterali sono stati riportati nella metà dei pazienti inclusi e nel 8% di essi gli eventi avversi sono stati di grado severo. Non si sono invece registrate morti tossiche.
Sebbene il tasso atteso di sopravvivenza a 12 mesi non sia stato raggiunto, lo studio ARIES conferma la possibilità di utilizzare l’immunoterapia con avelumab in pazienti con carcinoma uroteliale, giudicati essere unfit per cisplatino e con malattia avanzata/metastatica. Il trattamento è stato complessivamente molto ben tollerato e ha portato al controllo di malattia (risposte o stabilità secondo criteri RECIST) in una proporzione di pazienti simile a quella dei dati di altri studi che hanno testato l’immunoterapia in un analogo setting di pazienti.
Le evidenze si vanno accumulando per pazienti unfit quindi, e si affiancano a quelle degli studi di fase III (Keynote 361, IMvigor130, DANUBE) che hanno portato ai dati di efficacia simile a quella della chemioterapia per i checkpoint inibitori in questa patologia.
I risultati del trial ARIES (fase II a singolo braccio e non randomizzato) tuttavia non cambiano la pratica clinica in oncologia in questa categoria (inelegibilità per cisplatino) che - almeno per ora - rimane una terapia con carboplatino eventualmente seguita dal mantenimento con avelumab.