Dopo quasi 40 anni di tentativi andati a vuoto - che hanno visto testare interferoni, chemioterapici, antiangiogenici e inibitori tirosinchinasici - il panorama del trattamento finalmente evolve: pembrolizumab dopo la chirurgia radicale migliora l'outcome di pazienti con carcinoma renale.
Choueiri TK, et al; KEYNOTE-564 Investigators. Adjuvant Pembrolizumab after Nephrectomy in Renal-Cell Carcinoma. N Engl J Med. 2021 Aug 19;385(8):683-694.
Il tumore del rene è stato per anni un modello di evoluzione dei trattamenti. Tra i primi a dimostrare l'efficacia delle terapie antiangiogeniche e dei TKI in setting avanzato, ha avuto tuttavia una difficile storia nel trattamento della malattia precoce, dove la sola chirurgia radicale rimane lo standard terapeutico - sebbene oltre la metà dei pazienti nel tempo abbiano una ricaduta - e le linee guida consigliano solo follow-up o un trial clinico dopo la nefrectomia.
Infatti, i numerosi trials clinici avviati negli anni 80 che hanno testato il potenziale beneficio di varie categorie di farmaci (interferoni, antiangiogenici, TKI tra gli altri) non hanno mai dato risultati convincentemente positivi, anche al netto del fatto che questi studi internazionali arruolassero pazienti con un rischio di recidiva eterogeneo (stadio di malattia, dimensione del T, grading, istologia,...) e prevedessero una durata differente di terapia adiuvante.
Tra questi trials, solo a titolo di esempio, citiamo l'ASSURE che ha testato sorafenib o sunitinib in pazienti ad alto rischio, lo studio S-TRAC che ha testato sunitinib, il PROTECT che ha valutato pazopanib, l'ATLAS con axitinib e il SORCE che prevedeva nel braccio sperimentale il sorafenib.
Lo studio internazionale KEYNOTE-564 è un fase III randomizzato in doppio cieco che ha randomizzato 1:1 pazienti con carcinoma renale a cellule chiare a ricevere pembrolizumab (200 mg q3 weeks) ovvero placebo per un anno dopo la nefrectomia radicale. Erano anche inclusi pazienti con una chirurgia radicale su sede metastatica, identificati come stadio IV NED. Endpoint primario dello studio era la PFS con assessment degli investigatori. Tra gli endpoint secondari la safety e naturalmente la sopravvivenza overall.
Il principale fattore di stratificazione era la chirurgia sulle metastasi (M0 vs M1 NED) e nel gruppo M0 altri fattori di stratificazione erano la provenineza geografica e il PS secondo ECOG.
Lo studio ha randomizzato quasi 1.000 pazienti (496 a pembrolizumab vs 498 a placebo) in circa due anni di accrual.
L'età mediana dei pazienti era di 60 anni, ma un quarto dei pazienti inclusi ne aveva oltre 70.
I pazienti M1 NED erano circa il 6%; tra quelli M0, la categoria a rischio intermedio-alto era la vasta maggioranza (86%).
Istologia sarcomatoide era riportata nel 10% circa dei casi e il 75% dei pazienti avevano espressione immunoistochimica di PD-L1 al CPS score maggiore o uguale a 1.
Il trattamento sperimentale era associato a un vantaggio statisticamente significativo in DFS a 24 mesi (77.3% vs 68.1&, HR 0.68, 95%CI 0.53-0.87, p=0.002), con una stima di vantaggio anche in sopravvivenza overall (sempre a 24 mesi 96.6% vs 93.5%, HR 0.54), sebbene il follow-up fosse immaturo per il numero di eventi limitato.
Importante sottolineare il fatto che non si sono registrati eventi fatali relati al trattamento sperimentale. Come atteso, la tossicità era maggiore nel braccio che ricevevea pembrolizumab (tossicità di grado 3/4 32% vs 17%). In ogni caso il trattamento con immunoterapia è stato completato in circa due terzi dei pazienti trattati.
I risultati della prima analisi ad interim (prepianificata) del trial portano un messaggio molto importante: si documenta un evidente beneficio in outcome (DFS e OS) per l'immunoterapia dopo la chirurgia radicale in pazienti con carcinoma renale a cellule chiare, mantenuto anche nel piccolo sottogruppo con resezione radicale delle metastasi (M1 NED).
Il profilo di tolleranza del trattamento è stato buono, come testimoniato dal discreto numero di pazienti che hanno completato la terapia ricevuta ogni 3 settimane per un anno, i limitati effetti collaterali nel braccio sperimentale e il risultato dei questionari EORTC-QLQ-C30, importanti da valutare in un setting dove è proposto un trattamento a un paziente già potenzialmente guarito.
In attesa della conclusione di altre sperimentazioni ongoing e di un follow-up più maturo per la sopravvivenza overall, di sicuro il trattamento con pembrolizumab è un successo e rende il KEYNOTE-564 un trial che cambia la pratica clinica.