Sfida complicata per gli antiangiogenici quella di cercare di aumentare il numero di guarigioni dopo resezione del tumore renale: molti i trial clinici, pochi i successi. Sarà ora la volta di axitinib?
Gross-Goupli M, et al. Axitinib Versus Placebo as an Adjuvant Treatment for Renal Cell Carcinoma: Results From the Phase III, Randomized ATLAS Trial. Ann Oncol 2018; epub Oct 20.
Sono già noti i risultati di tre studi randomizzati in questo setting, che hanno rispettivamente testato il beneficio in efficacia di sorafenib/sunitinib (trial ASSURE, Lancet 2016), di pazopanib (trial PROTECT, J Clin Oncol 2017) e di sunitinib (studio S-TRAC, N Engl J Med 2016). Tra i tre trial randomizzati, solo il terzo ha avuto successo, dimostrando un vantaggio significativo nel prolungamento della DFS per sunitinib vs placebo (HR 0.76), che ha portato alla approvazione FDA per l'uso del farmaco dopo la resezione radicale di neoplasia renale ad alto rischio di recidiva. La sopravvivenza overall, tuttavia, non differiva nei due bracci di trattamento.
Ora è la volta di axitinib, un potente inibitore orale di VEGF 1, 2, 3 che nello studio ATLAS viene testato vs placebo in una popolazione di pazienti con le seguenti caratteristiche: resezione radicale di tumore renale almeno pT2 e/o N+ (pT3 erano oltre 80%), prevalente razza Asiatica (75% circa), ECOG PS 0 (80% circa).
Lo studio, disegnato e condotto quando i risultati dello studio S-TRAC non erano ancora noti, prevedeva randomizzazione 1:1 tra axitinib (5 mg bid) ovvero placebo e come endpoint primario era scelta la DFS con review indipendente, pianificando un'analisi della DFS nella popolazione a più alto rischio (pT3 con grado di Fuhrman maggiore o uguale a 3 ovvero pT4 e/o N+).
In circa 4 anni si sono inseriti nello studio 724 pazienti, con randomizzazione per 363 ad axitinib e per 361 a placebo.
Il trial è stato interrotto dopo una analisi ad interim prepianificata di efficacia/futilità condotta dopo 203 eventi di DFS, pari all'83% degli eventi richiesti per l'analisi finale. In tale momento, non era riportata una differenza significativa tra i bracci di trattamento (96 eventi nel braccio sperimentale vs 107 in quello di controllo, HR 0.87, 95%CI 0.66-1.14, p=0.32), che faceva supporre la probabilità di trovare una differenza continuando lo studio sarebbe stata minima.
Peraltro, nemmeno nella popolazione ad alto rischio di ricaduta era riportata una significativa riduzione del rischio con axitinib (HR 1.016, p=ns).
Non sono stati riportati i risultati in OS, non ancora maturi. Dal punto di vista delle tossicità (che visto il fallimento dell'endpoint primario passano comunque in secondo piano), non vi erano report inattesi, ma i prevedibili effetti di classe di un antiangiogenico.
Il setting adiuvante, nel carcinoma del rene, si conferma difficile.
Lo studio ATLAS non raggiunge il suo obiettivo e deve essere considerato negativo, quindi non si utilizzerà l'axitinib in terapia adiuvante.
ma, dato i risultati del trial S-TRAC, continua la ricerca per meglio definire a quali pazienti possa essere di beneficio la terapia adiuvante con gli inibitori dell'angiogenesi. Pare difficile calare nella pratica clinica la correlazione tra SNP di VEGFR e l'efficacia del sunitinib (George DJ, Clin Cancer Res 2018), parimenti complicata da applicare la relazione tra concentrazione plasmatica steady-state di pazopanib e il suo effetto protettivo (Stemberg C, et al. Clin Canmcer Res 2018). Inoltre, una recente pooled analisys degli studi disponibili sembra affermare che dall'intera classe ci si possa aspettare un beneficio piuttosto limitato (Sun M, Eur Urol 2018), la strada quindi sembra ancora lunga.