Pubblicati sul New England of Medicine i risultati dello studio PACE-B (Prostate Advances in Comparative Evidence), dedicato al trattamento locale dei pazienti con tumore della prostata in stadio localizzato. Il confronto tra radioterapia tradizionale e radioterapia stereotassica documenta un’efficacia compatibile con la non inferiorità della radioterapia stereotassica, che consisteva di sole 5 sedute.
van As N, Griffin C, Tree A, Patel J, Ostler P, van der Voet H, Loblaw A, Chu W, Ford D, Tolan S, Jain S, Camilleri P, Kancherla K, Frew J, Chan A, Naismith O, Armstrong J, Staffurth J, Martin A, Dayes I, Wells P, Price D, Williamson E, Pugh J, Manning G, Brown S, Burnett S, Hall E. Phase 3 Trial of Stereotactic Body Radiotherapy in Localized Prostate Cancer. N Engl J Med. 2024 Oct 17;391(15):1413-1425. doi: 10.1056/NEJMoa2403365. PMID: 39413377; PMCID: PMC7616714.
Secondo l’ultima edizione delle linee guida AIOM sul tumore della prostata, recentemente pubblicate, la radioterapia trova spazio come trattamento standard sia dei casi a rischio basso che dei casi a rischio intermedio (https://www.aiom.it/linee-guida-aiom-2024-carcinoma-della-prostata/).
Un buon razionale per condurre uno studio di non inferiorità è rappresentato dalla potenziale minor tossicità del trattamento sperimentale rispetto allo standard, oppure da una maggiore convenienza per il paziente, che nel caso della radioterapia può essere rappresentato da un vantaggio in termini di numero di sedute di trattamento.
La radioterapia stereotassica (stereotactic body radiotherapy, SBRT) si basa su un numero di sedute di trattamento nettamente inferiore rispetto alla radioterapia standard.
Lo studio di fase 3 PACE (Prostate Advances in Comparative Evidence), promosso dal Royal Marsden NHS Foundation Trust, ha testato la non inferiorità della radioterapia stereotassica rispetto alla radioterapia standard (frazionamento convenzionale o moderatamente ipofrazionato) in termini di recidiva biochimica o clinica nei pazienti sottoposti a trattamento radicale per tumore della prostata localizzato.
Lo studio prevedeva l’inclusione di tumori della prostata T1 o T2, con un Gleason score non peggiore di 3+4, e un valore di PSA non superiore a 20 ng/ml.
I pazienti eleggibili erano randomizzati, in rapporto 1:1, al braccio sperimentale con radioterapia stereotassica oppure al braccio di controllo trattato con radioterapia standard.
Il protocollo non prevedeva la somministrazione di terapia ormonale.
L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da recidiva biochimica o clinica, e lo studio accettava come margine di non inferiorità dell’intervallo di confidenza dell’hazard ratio 1.45. In pratica, se il margine superiore dell’intervallo di confidenza dell’hazard ratio della sopravvivenza libera da recidiva fosse stato migliore di 1.45, il trattamento stereotassico sarebbe stato considerato non inferiore rispetto alla radioterapia standard.
Lo studio ha visto la randomizzazione di 874 pazienti totali, presso 38 centri partecipanti: nel dettaglio, 433 pazienti sono stati assegnati al braccio sperimentale trattato con radioterapia stereotassica, e 441 pazienti sono stati assegnati al braccio di controllo trattato con radioterapia tradizionale. La randomizzazione è avvenuta tra il 2012 e il 2018.
L’età mediana dei pazienti randomizzati era pari a 69.8 anni, con un valore mediano di PSA pari a 8.0 ng/ml. La categoria di rischio, in accordo alla classificazione del National Comprehensive Cancer Network era pari a rischio basso nell’8.4% dei pazienti e rischio intermedio nel rimanente 91.6% dei pazienti.
Dopo un follow-up mediano di 75 mesi, la probabilità di essere liberi da recidiva biochimica o clinica è risultata pari al 95.8% nel braccio sperimentale (intervallo di confidenza al 95% compreso tra 93.3 e 97.4) e pari al 94.6% (intervallo di confidenza al 95% compreso tra 91.9 e 96.4) nel braccio di controllo, per un hazard ratio di recidiva pari a 0.73 (intervallo di confidenza al 90% 0.48 – 1.12, p=0.004 per la non inferiorità). Tale risultato consente di concludere per la non inferiorità della radioterapia stereotassica rispetto al trattamento standard.
A 5 anni, l’incidenza cumulativa di tossicità genitourinarie tardive di grado 2 o peggiore secondo la classificazione RTOG (Radiation Therapy Oncology Group) è risultata pari al 26.9% (intervallo di confidenza al 95% 22.8 - 31.5) con la radioterapia stereotassica, e pari al 18.3% (intervallo di confidenza al 95% 14.8 - 22.5) con la radioterapia standard (p<0.001).
Al contrario, l’incidenza cumulativa di tossicità tardive gastrointestinali RTOG di grado 2 o peggiore non ha evidenziato differenze significative tra i due bracci, risultando pari al 10.7% (intervallo di confidenza al 95% 8.1 - 14.2) con la radioterapia stereotassica e pari al 10.2% (intervallo di confidenza al 95% 7.7 - 13.5) con la radioterapia tradizionale (p=0.94).
Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori dello studio pubblicato sul New England Jounral of Medicine concludono per la non-inferiorità della radioterapia stereotassica in 5 frazioni, rispetto alla radioterapia di controllo, in termini di recidiva biochimica o clinica dopo trattamento radicale per tumore della prostata a rischio basso / intermedio.
La metodologia degli studi di non inferiorità è spesso criticabile, in particolar modo quando la “posta in gioco” è la guarigione: quanta efficacia si è disposti a sacrificare, in termini di sopravvivenza libera da recidiva, per un trattamento più “comodo” dal punto di vista del numero di sedute? Tra l’altro, in questo caso, il confronto tra i due bracci dello studio in termini di tossicità evidenzia che il trattamento stereotassico si associa a più tossicità genitourinarie, quindi non è questo l’elemento che può far pendere la bilancia dalla parte del trattamento che lo studio testava come sperimentale.
L’interpretazione del risultato sarebbe stata ancora più difficile se il margine di non inferiorità osservato fosse stato “più largo”: lo studio sarebbe stato tecnicamente positivo con un margine fino a 1.45, che avrebbe significato accettare un rischio di recidiva più alto del 45% rispetto alla radioterapia tradizionale. Per fortuna, in realtà , il risultato osservato è “meno largo”, in quanto l’intervallo di confidenza documenta, nella peggiore delle ipotesi, un rischio di recidiva più alto del 12%.
In sintesi, la radioterapia stereotassica si propone come alternativa più comoda in termini di numero di somministrazioni, con un’efficacia simile e con un rischio più alto di tossicità di grado 2 o peggiore, specialmente in termini di tossicità genitourinaria. Alcuni colleghi hanno già definito i risultati di questo studio “game changer” o “milestone”. Attendiamo la discussione di questi risultati e la loro valutazione per inserimento nelle linee guida.
In questo setting, la discussione con il paziente dei vantaggi e dei rischi di ciascuna opzione terapeutica è cruciale. Questo vale quando la radioterapia va discussa come alternativa all'intervento chirurgico, o in alcuni casi a basso rischio come alternativa alla sorveglianza attiva, e a maggior ragione andranno discussi i pro e i contro di un'opzione (la radioterapia stereotassica) sperimentata seguendo una strategia di non inferiorità rispetto alla radioterapia standard.