Pubblicati da Lancet Oncology I risultati definitivi dello studio ERA-223, che ha deluso le aspettative di quanti speravano in un sinergismo tra radiofarmaco e terapia ormonale di nuova generazione: il trattamento combinato ha addirittura provocato più fratture ossee rispetto all’abiraterone da solo.
Matthew Smith, Chris Parker, Fred Saad, Kurt Miller, Bertrand Tombal, Quan Sing Ng, Martin Boegemann, Vsevolod Matveev, Josep Maria Piulats, Luis Eduardo Zucca, Oleg Karyakin, Go Kimura, Nobuaki Matsubara, William Carlos Nahas, Franco Nolè, Eli Rosenbaum, Axel Heidenreich, Yoshiyuki Kakehi, Amily Zhang, Heiko Krissel, Michael Teufel, Junwu Shen, Volker Wagner, Celestia Higano. Addition of radium-223 to abiraterone acetate and prednisone or prednisolone in patients with castration-resistant prostate cancer and bone metastases (ERA 223): a randomised, double-blind, placebo-controlled, phase 3 trial. The Lancet Oncology 2019, ISSN 1470-2045, https://doi.org/10.1016/S1470-2045(18)30860-X.
Negli ultimi anni, numerose terapie sono state approvate per il trattamento dei pazienti con carcinoma della prostata resistente alla castrazione, avendo dimostrato un significativo incremento della sopravvivenza globale. Tra esse, farmaci ormonali di nuova generazione, come l’abiraterone e l’enzalutamide, un chemioterapico (cabazitaxel) e il radium-223.
Quest’ultimo, nello studio randomizzato di fase III Alsympca, ha dimostrato un miglioramento della sopravvivenza globale e un prolungamento del tempo alla comparsa di eventi scheletrici sintomatici, in pazienti con carcinoma della prostata resistente alla castrazione e malattia metastatica ossea.
Il successivo studio di “early access” di fase IIIB del radium-223 (nel quale la combinazione con altri farmaci approvati nell’indicazione era a discrezione degli sperimentatori) aveva concluso a favore della sicurezza della combinazione di radium-223 con le terapie ormonali di nuova generazione (Saad F, et al. Radium-223 International Early Access Program Investigators. Radium-223 and concomitant therapies in patients with metastatic castration-resistant prostate cancer: an international, early access, open-label, single-arm phase 3b trial. Lancet Oncol. 2016 Sep;17(9):1306-16). L’analisi di sottogruppo aveva addirittura suggerito una migliore sopravvivenza globale dei pazienti che avevano ricevuto il radium-223 in combinazione con abiraterone ed enzalutamide, auspicando che tale dato potesse essere confermato da studi randomizzati.
Lo studio ERA-223, studio internazionale di fase III randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, condotto in 165 centri oncologici o urologici di 19 paesi, mirava proprio a valutare l’efficacia della combinazione di radium-223 ed abiraterone acetato, rispetto alla terapia ormonale da sola.
Lo studio prevedeva l’inclusione di pazienti adulti, con diagnosi istologicamente confermata di carcinoma prostatico resistente alla castrazione, con metastasi ossee, in progressione, non precedentemente trattati con chemioterapia, e asintomatici o pauci-sintomatici. Erano eleggibili pazienti con performance status 0 oppure 1 secondo la scala ECOG, aspettativa di vita di almeno 6 mesi e buona funzione d’organo.
I pazienti eleggibili erano randomizzati, in rapporto 1:1:
Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da eventi scheletrici sintomatici, valutata nella popolazione intention-to-treat.
L’impiego di radioterapia esterna a scopo palliativo: Impiego di radioterapia esterna a a scopo palliativo; una frattura patologica sintomatica; compressione midollare; intervento chirurgico ortopedico su sedi di malattia.
Lo studio ha visto la randomizzazione, tra il 2014 e il 2016, di 806 pazienti, assegnati a ricevere radium-223 (401 pazienti) oppure placebo (405 pazienti) in aggiunta alla terapia con abiraterone acetato e prednisone o prednisolone.
A novembre 2017, lo studio è stato interrotto precocemente, con l’apertura del cieco, in seguito all’evidenza di un maggior numero di fratture e morti nel braccio sperimentale (che riceveva radium-223) rispetto al braccio di controllo.
All’analisi primaria, un evento per l’endpoint primario (eventi scheletrici sintomatici o decessi) era stato registrato in 196 dei 401 pazienti del braccio sperimentale (49%), e in 190 dei 405 pazienti (47%) del braccio di controllo.
La sopravvivenza mediana libera da eventi scheletrici sintomatici è risultata pari a 22.3 mesi (intervallo di confidenza al 95% 20.4 – 24.8) nel braccio sperimentale, e pari a 26.0 mesi (intervallo di confidenza al 95% 21.8 – 28.3) nel braccio di controllo (Hazard Ratio 1.122, intervallo di confidenza al 95% 0.917 – 1.374, p=0.2636).
L’incidenza di fratture è risultata pari al 29% (112 pazienti su 392) nel braccio trattato con radium-223 e dell’11% (45 pazienti su 394) nel braccio trattato con placebo.
Sulla base di questi risultati, gli autori concludono che l’aggiunta del radium-223 all’abiraterone acetato + prednisone o prednisolone non ha determinato alcun miglioramento della sopravvivenza libera da eventi scheletrici sintomatici, risultando anzi in un incremento della frequenza di fratture, rispetto al placebo. Naturalmente, quindi, la combinazione di radium-223 ed abiraterone è assolutamente da evitare.
Entrambi i trattamenti, presi singolarmente, sono stati registrati e sono parte della pratica clinica sulla base di studi che ne hanno dimostrato il rapporto favorevole tra efficacia e tossicità. Tuttavia, la loro combinazione rimaneva oggetto di quesito sperimentale, e da questo punto di vista lo studio ERA 223 dimostra l’importanza della conduzione di studi randomizzati per documentare l’efficacia di un trattamento (o di una combinazione).
A differenza del sinergismo suggerito sulla base delle preliminari esperienze post-registrative, lo studio ERA-223 non solo non ha evidenziato alcun beneficio della combinazione di radium ed abiraterone rispetto all’agente ormonale da solo, ma ha anche prodotto un significativo incremento del rischio di fratture, non nelle sedi di metastasi ma in corrispondenza dell’osso apparentemente sano.
Come si spiega questo incremento di fratture? Probabilmente, è da imputare a una concomitanza di “insulti” sull’osso: la terapia di deprivazione androgenica, l’abiraterone, il corticosteroide ad esso associato, il radium. Lo studio ERA-223 non prevedeva l’impiego di bisfosfonati o denosumab, anzi tale impiego era consentito solo se già intrapreso al momento dell’inserimento nello studio, ma era proibito durante lo studio per evitare interferenza con l’endpoint primario.
Come noto, in seguito alla comunicazione dei risultati dello studio ERA-223, l’EMA (European Medicines Agency), e a seguire l’Agenzia Italiana del Farmaco, hanno emesso una nota informativa in cui si segnala che:
Alcune delle suddette restrizioni (numero di linee precedenti, carico di metastasi ossee) vanno al di là del risultato dello studio ERA-223 (che avrebbe giustificato la sola controindicazione del radium-223 in combinazione con l’abiraterone), ed hanno ridiscusso alcuni aspetti dell’impiego del radium in monoterapia, impiego basato sulla precedente dimostrazione di efficacia nello studio ALSYMPCA.
Morale della favola:
1) la salute dell’osso è un aspetto fondamentale della gestione dei pazienti con tumore della prostata. L’osso può essere danneggiato sia dalla malattia che dai trattamenti, e le conseguenze sull’outcome possono essere molto importanti.
2) Non necessariamente ciò che funziona ed è efficace in mono-terapia (ed ha dimostrato sicurezza come agente singolo) si può combinare tranquillamente con altri farmaci. Questo principio (che è ovvio per la chemioterapia) vale ovviamente anche per le terapie ormonali e per un radiofarmaco.