Patologia genito-urinaria
Domenica, 25 Settembre 2022

Ruolo dell'atezolizumab dopo resezione radicale di carcinoma renale ad alto rischio: dati dell'IMmotion010

A cura di Giuseppe Aprile

Dopo il fallimento delle terapia target in setting adiuvante (dati contrastanti per sunitinib, negativi per pazopanib e per sorafenib) e il successo del permbrolizumab (trial KEYNOTE-564) è la volta dell'atezolizumab testato vs placebo in un importante trial prospettico con quasi 800 pazienti ad alto rischio di recidiva per carcinoma renale.

Pal SK, Uzzo R, Karam JA, Master VA, Donskov F, Suarez C, Albiges L, Rini B, Tomita Y, Kann AG, Procopio G, Massari F, Zibelman M, Antonyan I, Huseni M, Basu D, Ci B, Leung W, Khan O, Dubey S, Bex A. Adjuvant atezolizumab versus placebo for patients with renal cell carcinoma at increased risk of recurrence following resection (IMmotion010): a multicentre, randomised, double-blind, phase 3 trial. Lancet. 2022 Sep 9:S0140-6736(22)01658-0

Un altro tassello nell'intricato pannello di possibili trattamenti postoperatori per ridurre il rischio di recidiva nei pazienti radicalmente operati per carcinoma renale (tasso di recidiva tra 15 e 79%), dove certamente la nefrochirurgia è ancora l'arma terapeutica fondamentale.

Dopo il fallimento dei trattamenti target con TKI, la pubblicazione dell'efficacia del pembrolizumab ha suscitato notevole interesse (prima pubblicazione: Choueiri TK, et al. Adjuvant Pembrolizumab after Nephrectomy in Renal-Cell Carcinoma. N Engl J Med. 2021, aggioramento: Powles T, et al; Pembrolizumab versus placebo as post-nephrectomy adjuvant therapy for clear cell renal cell carcinoma (KEYNOTE-564): 30-month follow-up analysis of a multicentre, randomised, double-blind, placebo-controlled, phase 3 trial. Lancet Oncol. 2022 Sep;23(9):1133-1144) ed è stata offerta come opzione dopo approvazione dei principali enti regolatori internzaionali, sebbene la posizione dell'ESMO sia ancora piuttosto prudente considerata la mancanza di dati di conferma su OS e alcune considerazioni relate alla possibile tossicità del farmaco.

Il trial IMmotion010 è uno studio di fase 3 randomizzato in doppio cieco globale, condotto in oltre 200 centri. I pazienti eleggibili, dopo resezione della neopaldsia primitiva con o senza metastasectomia associata, erano randomizzati 1:1 a ricevere placebo ovvero atezolizumab ev alla dose di 1200 mg per 16 dosi somministrate ogni 3 settimane (un anno di trattamento). Fattori di stratificazione erano la stadiazione iniziale - che prendeva in considerazione T, N ed evenuale M resecata - la proveninenza geografica e lo stato di PD-L1 sule cellule immunitarie infirltranti il tumore (espressione <1% vs >1%). 

Endpoint principale della sperimentazione era la DFS nella popolazione intention-to-treat.

Il trial ha incluso 778 pazienti, 390 randomizzati nel braccio con atezolizumab (50%) e 388 in quello con placebo. Al momento del data cut-off il tempo mediano di osservazione nel follow-up era di circa 45 mesi. l'età mediana dei pazienti incluasi era di circa 60 anni, con una preponderanza di soggetti maschi (74%), di razza caucasica (80%) e con buon ECOG PS (0 nell'80% dei casi). La componente sarcomatoide era descritta del 9% dei pazienti arruolati all'atezoolizumab (37 casi( vs 17% di quelli arruolati al placebo (67 casi). Non si censivano particolari differenze nella stadiazione inziaile né nell'espressione di PD-L1 basale.

La DFS era stabilita dall'investigatore nel singolo centro.

Si sono censite 51 interriuzioni di terapia per progressione nel braccio sperimentale vs 60 in quello standard. La median DFS per braccio sperimenale era di 57.2 mesi (95%CI 44.6- NE) con atezolizumab vs 49.5 mesi (95%CI 47.4 - NE) nel braccio con placebo, HR 0.93, 05%CI 0.75-1.15, p=0.50.

Non sono state riportate morti tossiche relate alla terapia - dato di particolare rilievo in un trial condotto in setting adiuvante - sebbene i pazienti assegnati al braccio sperimenatale avessero una maggiore incidenza di effetti avversi seri (18% vs 12%).

 

 

Lo studio non ha raggiunto il suo endpoint primario ed è formalmente negativo; i dati sull'immunoterapia contrastano quindi con quelli del precedente trial KEYNOTE-564, che ha dimostrato un vantaggio in termini di DFS per pembrolizumab vs placebo sia all'analisi condotta a 24 mesi (HR 0.68) che a quella condotta a 30 mesi (HR 0.63).

Se questa differenza nei risultati possa essere in parte spiegata dai criteri di eleggibilità, dalla differente percentuale di pazienti inclusi con malattia linfonodale (6% vs 11%) o M1 resecata (6% vs 14%) nelle due sperimentazioni non è chiaro, ma va notato - con una "metodologicamente scorretta" trial comparison - che le curve di DFS dei pazienti che ricevevevano placebo era simile nei due trial.

In attesa di altre sperimentazioni che testano immunoterapia pre e postoperatoria (trial PROSPER)  ovvero doppiette di immunoterapici in combinazione (trial RAMPART e trial CheckMate 914, quest'ultimo perlatro con un iniziale report non favorevole), si dovrà attendere una più convincente evidenza di letteratura ed una più approfondita analisi dei fattori prognostici e predittivi, prima di esprimere il giudizio finale sul definitivo ruolo dell'immunoterapia nel setting adiuvante della patologia renale resecata.

Un complimento sincero ai due amici Giuseppe Procopio e Francesco Massari, co-autori della importante pubblicazione.