Lo scioglilingua si riferisce all'utilizzo di cabazitaxel nel tumore prostatico - almeno secondo i risultati dello studio PROSELICA, un trial randomizzato che testa la non-inferiorità dei 20 mg/mq rispetto a 25 mg/mq in pazienti pretratati con docetaxel.
Eisenberger M, et al. Phase III Study Comparing a Reduced Dose of Cabazitaxel (20 mg/m2) and the Currently Approved Dose (25 mg/m2) in Postdocetaxel Patients With Metastatic Castration-Resistant Prostate Cancer—PROSELICA. J Clin Oncol 2017, epub Aug 15
Tra le opzioni disponibili nell'armamentario terapeutico di pazienti pretrattati per carcinoma prostatico avanzato ci sono abiraterone, enzalutamide e cabazitaxel, un agente antiproliferativo con con attività in vitro e in vivo su cellule resistenti a docetaxel. Il nuovo taxano condivide con i precedenti il meccanismo d'azione: legandosi alla tubulina provoca l'inibizione delle mitosi e l'arresto della replicazione cellulare.
Lo studio TROPIC (de Bono J, et al. Lancet 2010) dimostrava la significativa superiorità del nuovo taxano vs il mitoxantrone in termini di OS, PFS e risposta biochimica in pazienti pretrattati, portando alla registrazione del farmaco con questa indicazione. Nello studio registrativo il cabazitaxel era somministrato alla dose di 25 mg/mq ev ogni tre settimane, sebbene non vi fossero chiari dati preclinici a favore del dosaggio di 25 mg/mq (C25) e il dosaggio di 20 mg/mq (C20) sembrasse dalle esperienze precedenti equiattivo ma meno tossico (Mita AC, et al. Clin Cancer Res 2009; Pivot X, et al. Ann Oncol 2008).
Su queste basi muove il trial PROSELICA che, come richiesto dall Agenzie regolatorie nel postmarketing, esplora la non-inferiorità in efficacia del dosaggio C20 al C25.
Il campione statistico dello studio permetteva di testare se la dose C20 mantenesse almeno il 50% del beneficio in OS conferito dalla dose C25 nel TROPIC: poichè nel primo trial C25 determinava una riduzione del rischio relativo di morte del 30% (HR 0.70) rispetto a mitoxantrone, l'obiettivo del trial PROSELICA stabiliva come risultato minimo di non-inferiorità una riduzione superiore al 15% nel rischio di morte comparato al braccio con mitoaxantrone dello studio precedente (HR 0.85). Da questo patto statistico ne deriva 1.21 come margine di non-inferiorità nel compararare le due dosi di cabazitaxel, quale rapporto tra i due HR (0.85/0.70) e la necessità di includere nello studio 1.200 pazienti (990 eventi morte) per raggiungere una potenza dell'80%.
Lo studio prevedeva due interim analisi. Inoltre, il lavoro per esteso spiega chiaramente quali fossero le popolazioni ITT (598 pazienti nella C20 vs 602 pazienti nella C25), la safety population (580 vs 595) e le popolazioni per-protocol (489 vs 498).
Le caratteristiche dei pazienti randomizzati nei due bracci di trattamento (C20 vs C25) erano molto simili, come ci si aspetta da un trial di questa portata.
La sopravvivenza mediana era 13.4 mesi (C20) vs 14.5 mesi (C25), HR 1.024; il 98.9% del margine superiore dell'intervallo di confidenza era 1.18, inferiore al marige pattuito di 1.21, quindi lo studio ha raggiunto il suo endpoint primario dimostrando la non-inferiorità della dose C20 rispetto alla C25.
Sebbene non vi fossero differenze significative in termini di qualità di vita, il braccio C20 riportava un più basso tasso di risposte biochimiche (29.5% vs 43%, p<0.001), un più breve tempo alla progressione biochimica (5.7 mesi vs 6.8 mesi, HR 1.2) con una minore inciodenza di tossicità di grado 3 o 4 (40% vs 54.5%).
Sebbene, in considerazione del particolare disegno statistico, gli stessi autori siano piuttosto prudenti nella discussione, i risultati e le curve di OS sembrano convincenti nel sostenerela tesi che 20 mg/mq di cabazitaxel somministrato ogni tre settimane sia la dose da considerare nella pratica clinica.
Teniamo anche in considerazione che in pazienti trattati con dose di 25 mg/mq va preso in considerazione l'uso di G-CSF se età superiore ai 65 anni, basso PS, estese aree precedentemente irradiate, pregressa neutropenia severa o febbrile..., e il gioco è fatto.
Inoltre, anche lo studio FIRSTANA (Oudard S, et al. J Clin Oncol 2017) non sembra suggerire differenze tra C25 e C20 utilizzate in prima linea e confrontate con lo standard (docetaxel 75 mg/mq ogni 3 settimane).
E ora cosa succederebbe se verificassimo che in molti altrinuovi farmaci (regolarmente ad alto costo) una riduzione di dose non pregiudicasse l'efficacia clinica?