Dopo il dosaggio del PSA, la diagnosi di carcinoma prostatico. Che fare? Lo studio affronta il tema del rischio/beneficio di un trattamento radicale vs un atteggiamento attendistico per i pazienti con neoplasia localizzata. Meglio aggredire o aspettare? Leggiamo che succede dopo 10 anni....
Hamdy FC, et al. 10-Year Outcomes after Monitoring, Surgery, or Radiotherapy for Localized Prostate Cancer. N Engl J Med 2016, epub ahead of print Sep 14.
Quale sia l'atteggiamento clinico di maggiore efficacia nel management di un tumore prostatico localizzato diagnosticato in pazienti asintomatici (ma con PSA elevato) rimane incerto, anche considerato che una significativa percentuale di neoplasie prostatiche hanno un andamento molto indolente e diversi pazienti in verità decedono per causa non oncologica.
Partendo da una ampia coorte di pazienti di età compresa tra i 50 e i 69 anni che eseguivano il test del PSA tra il 1999 e il 2009 (oltre 82.000 soggetti), lo studio randomizzava pazienti con successiva diagnosi di neoplasia prostatica localizzata a uno dei tre bracci: a) osservazione attiva; b) prostatectomia radicale; c) radioterapia.
Interessante notare che tra i 2.664 pazienti diagnosticati di neoplasia prostatica con il test del PSA, quelli che hano accettato la proposta della randomizzazione sono stati 1.643 (61.5%).
Le misure di outcome riportate nello studio sono state la mortalità tumore specifica, la mortalità overall, il rate di evoluzione in malattia metastatica e la progressione di malattia dopo un follow-up di un decennio. La definizione del paziente metastatico includeva evidenxza di lesioni secondarie ossee, viscerali o linfonodali a distanza ovvero un dosaggio del PSA superiore a 100 ng/mL.
Un altro articolo pubblicato sullo stesso numero della rivista ha invece analizzato i patient reported outcome ad un follow-up di 6 anni (Donovan et al, N Engl J Med 2016).
Nello studio erano previsti come fattori di stratificazione il centro, età, score secondo Gleason, e la media dei valori basali del PSA.
Nella fase successiva al trattamento, i criteri di follow-up biochimico erano leggermente differenti nei tre gruppi.
In complesso 545 pazienti sono stati asegnati al monitoraggio attivo; 553 alla chirurgia urologica radicale e 545 al trattamento radioterapico (74 Gy in 37 frazioni associati alla terapia antiandrogenica prima e durante la terapia).
Come dato molto positivo segnaliamo che la perdita di pazienti al follow-up è stata minima, a conferma della rigorosità dello studio.
Probabilità di sopravvivenza cancro specifica a 5 anni: 99.4% (osservazione) vs 100% (chirurgia) vs 100% (RT), differenza non statisticamente significativa
Probabilità di sopravvivenza cancro specifica a 10 anni: 98.8% (osservazione) vs 99% (chirurgia) vs 99.6% (RT), differenza non statisticamente significativa
Numero globale di decessi per ogni causa: 59 (osservazione) vs 55 (chirurgia) vs 55 (RT), differenza non statisticamente significativa
Progressione clinica per 1000 pazienti/anno: 22.9% (osservazione) vs 8.9% (chirurgia) vs 9% (RT), p<0.001
Incidenza di metastasi a distanza per 1000 pazienti/anno: 6.3% (osservazione) vs 2.4% (chirurgia) vs 3% (RT), p=0.004
I risultati dello studio, con i limiti di un disegno di 20 anni fa quando le tecniche di imaging e di approccio terapeutico erano decisamente meno evolute, portano comunque ad alcune importanti conclusioni:
1) la probabilità di decesso a causa dell'evoluzione della malattia prostatica rimane molto bassa, indipendentemente la scelta iniziale sia quella di avviare un iter terapeutico specifico ovvero di attendere
2) La probabilità di evoluzione della malattia (progressione e metastasi a distanza) è più che raddoppiato se la scelta è l'osservazione; tuttavia questo dato non sembra impattare sull'outcome a 10 anni.
Va però considerato che sebbene il 90% dei pazienti randomizzati al braccio di sola osservazione accettasse l'indicazione, circa un quarto di essi era poi sottoposto a un trattamento radicale attivo nei 3 anni successivi.
Questi dati si combinano ad altre esperienze già pubblicate in letteratura, ma rimane da stabilire quale sia la migliore sorveglianza nei pazienti indirizzati all'attesa, per evitare di perdere la finestra di opportunità per la guarigione. Per offrire la migliore opzione al paziente con adenocarcinoma prostatico PSA-detected appare quindi evidente la necessità di negoziare il rischio/beneficio in termini di outcome e di effetti collaterali a breve e a lungo termine.