Fino a qualche anno fa c’era solo la terapia di deprivazione androgenica… poi si è aggiunto il docetaxel, poi i farmaci ormonali di nuova generazione… che efficacia ha una strategia intensificata con tutti i tre trattamenti? Una metanalisi del gruppo Meet-URO prova a rispondere, almeno in parte, al quesito.
B.A. Maiorano, U. De Giorgi, G. Roviello, C. Messina, A. Altavilla, C. Cattrini, A. Mennitto, E. Maiello, M. Di Maio, on behalf of Meet-URO group. Addition of androgen receptor targeted agents to androgen deprivation therapy and docetaxel in metastatic hormone-sensitive prostate cancer: a systematic review and meta-analysis. ESMO Open, VOLUME 7, ISSUE 5, 100575, OCTOBER 01, 2022
Per molti anni, fino a circa 6-7 anni fa, la terapia di deprivazione androgenica (androgen deprivation therapy, ADT) ha rappresentato il pilastro del trattamento dei pazienti affetti da tumore della prostata metastatico ormono-sensibile (metastatic hormone-sensitive prostate cancer, mHSPC).
Negli ultimi anni, una grande innovazione è stata rappresentata dalla dimostrazione di efficacia dell’aggiunta all’ADT del docetaxel, e subito dopo dell’aggiunta all’ADT dei nuovi farmaci ormonali (abiraterone per primo).
In tale scenario in evoluzione, non è ben chiaro il ruolo della “tripletta”, vale a dire dell’aggiunta di entrambi i farmaci (docetaxel e farmaco ormonale di nuova generazione).
Allo scopo di sintetizzare le evidenze relative all’efficacia della tripletta, gli autori della revisione sistematica e metanalisi recentemente pubblicata da ESMO Open hanno eseguito una ricerca di letteratura su Medline/PubMed, sulla Cochrane Library e prendendo in considerazione gli abstract presentati al congresso ASCO ed ESMO.
Endpoint primario della metanalisi era la sopravvivenza globale (overall survival, OS) mentre endpoint secondari erano la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS) e la tossicità del trattamento.
Il confronto tra le strategie confrontate in termini di sopravvivenza globale e sopravvivenza libera da progressione è stato espresso in termini di Hazard Ratio, mentre il confronto in termini di tossicità è stato espresso in termini di Risk ratio.
Pur con i limiti legati alla potenza del test di interazione e al fatto che l’informazione relativa ai sottogruppi non era disponibile in tutti gli studi, gli autori hanno descritto l’interazione tra l’efficacia dei trattamenti confrontati e alcune variabili: il carico di malattia; la somministrazione concomitante o sequenziale della terapia ormonale di nuova generazione rispetto al docetaxel; la presentazione metacrona o sincrona della malattia metastatica.
La revisione sistematica ha identificato 5 studi randomizzati eleggibili:
Nel complesso, la combinazione di ADT + docetaxel + farmaco ormonale di nuova generazione ha determinato un miglioramento significativo della sopravvivenza globale (hazard ratio 0.74; p<0.00001) e della sopravvivenza libera da progressione (hazard ratio 0.50 per la progressione clinica e 0.49 per la progressione radiologica; p<0.0001) rispetto alla combinazione di ADT + docetaxel.
Con il limite della scarsa numerosità di alcuni sottogruppi e della scarsa potenza del test di interazione, l’analisi non ha evidenziato un’interazione significativa dell’efficacia della tripletta rispetto ad ADT + docetaxel con il carico di malattia, né con la presentazione metacrona vs sincrona, né con il timing della somministrazione del farmaco ormonale di nuova generazione (concomitante vs sequenziale).
Per quanto riguarda l’ultima analisi di sottogruppo (timing della somministrazione concomitante vs sequenziale), il beneficio della tripletta rispetto ad ADT + docetaxel è risultato netto nel sottogruppo sottoposto all’aggiunta concomitante del farmaco ormonale di nuova generazione, numericamente meglio rappresentato (Hazard Ratio 0.73; intervallo di confidenza al 95% 0.64-0.83, p<0.00001), mentre il beneficio è risultato meno chiaro nel sottogruppo sottoposto al trattamento sequenziale, che però era numericamente meno rappresentato (Hazard Ratio 0.86, intervallo di confidenza al 95% 0.59-1.26, p=0.43). Peraltro, come detto, il test di interazione tra le due strategie di timing non è risultato statisticamente significativo (p=0.43).
L’analisi della tossicità del trattamento ha evidenziato che, rispetto alla combinazione di ADT e docetaxel, la tripletta con l’aggiunta del farmaco ormonale di nuova generazione non ha determinato un aumento del rischio di eventi avversi (risk ratio 1.00, p=0.27 per gli eventi avversi di qualunque grado; risk ratio 1.13, p=0.14 per gli eventi avversi severi). L’unico evento avverso significativamente incrementato con l’aggiunta della terapia ormonale di nuova generazione all’ADT e al docetaxel è risultata l’ipertensione severa (risk ratio 1.73, p=0.001).
Dopo la “rivoluzione” terapeutica determinata negli ultimi anni dalla dimostrazione di efficacia dell’aggiunta alla terapia di deprivazione androgenica, per i pazienti con tumore della prostata metastatico ormono-sensibile, prima del docetaxel e poi dei farmaci ormonali di nuova generazione, gli ultimi anni hanno giustamente visto diversi studi provare a rispondere al quesito relativo all’efficacia della combinazione di entrambe le opzioni più nuove (docetaxel e farmaco ormonale di nuova generazione).
Gli autori sottolineano che l’analisi è caratterizzata, sia per la sopravvivenza globale che per la sopravvivenza libera da progressione, da un’elevata omogeneità tra i differenti studi, il che rappresenta uno dei punti di forza del risultato. Si tratta quindi, in pratica, di un risultato da considerare potenzialmente practice-changing in questo setting, a pochi anni di distanza dall’innovazione rappresentata dal docetaxel e dai farmaci ormonali, singolarmente presi.
Interessante il tentativo di descrivere l’interazione tra intensificazione del trattamento e carico di malattia, per quanto gli autori sottolineino che l’analisi dell’interazione sia caratterizzata da una scarsa potenza e dal fatto che l’informazione era disponibile solo in due dei cinque studi complessivi. Di conseguenza, l’assenza di dimostrazione di interazione non vuol dire che l’intensificazione del trattamento abbia la stessa efficacia e sia parimenti raccomandabile sia nei casi con alto carico che nei casi con basso carico. Prudentemente, la reale necessità di intensificare il trattamento, e i suoi costi e le sue tossicità, nei pazienti con basso carico di malattia rimane ancora poco chiara, e sarebbero necessari ulteriori studi.
Gli autori riconoscono le principali limitazioni della metanalisi, condotta su dati di letteratura e non sui dati individuali.
Dal momento che la dimostrazione di efficacia del docetaxel ha preceduto quella dei farmaci ormonali di nuova generazione, il braccio di controllo dei suddetti studi è stato la combinazione di docetaxel e ADT. In altre parole, gli studi hanno provato a quantificare il beneficio dell’aggiunta del farmaco ormonale di nuova generazione, ma non possono quantificare il contributo del docetaxel alla combinazione di ADT e farmaco ormonale di nuova generazione. Considerando che il docetaxel è associato a una minore maneggevolezza rispetto alle terapie ormonali, è legittimo interrogarsi su quanto aggiunga all’efficacia della tripletta. Gli studi peraltro non erano disegnati per rispondere a questo quesito.