L’impatto della adiposità sull’efficacia dell’endocrinoterapia in pazienti con carcinoma mammario positivo per i recettori estrogenici è stato poco indagato. Uno studio retrospettivo, condotto al Jules Bordet Institute (Bruxelles), ha valutato l’associazione tra body mass index (BMI) e/o adiposità mammaria da una parte e risposta antiproliferativa dopo trattamento con letrozolo neoadiuvante dall'altra.
Isnaldi E, et al. The association between adiposity and anti-proliferative response to neoadjuvant endocrine therapy with letrozole in post-menopausal patients with estrogen receptor positive breast cancer. NPJ Breast Cancer 2022;8(1):90.
Studio retrospettivo condotto su una coorte di 56 pazienti con carcinoma mammario positivo per recettori estrogenici, trattate con letrozolo nel setting neoadivante.
La risposta antiproliferativa è stata definita sulla base di alti livelli di Ki67 al basale (pretrattamento) convertiti a livelli bassi come rilevato alla chirurgia, utilizzando il cut-off del 14%. Le dimensioni dell’adipocita mammario sono state valutate su campioni chirurgici in ematossilina/eosina utilizzando un approccio di digital pathology.
Una percentuale più alta di tumori con risposta antiproliferativa è stata osservata in pazienti con obesità (54.5%) rispetto a pazienti normopeso (9.0%) e a pazienti sovrappeso (40.0%) (p = 0.031), anche dopo analisi multivariata aggiustata per i valori basali di Ki67 (OR, pazienti obese vs normopeso: 13.76, 95%CI: 1.49–207.63, p = 0.020).
Un diametro degli adipociti maggiore è stato identificato come predittivo della risposta antiproliferativa (OR per un incremento del diametro di 5 μm negli adipociti distanti dal tumore: 2.24, 95%CI: 1.01–14.32, p = 0.046).
Una maggiore risposta antiproliferativa al letrozolo neoadiuvante sembra essere più frequente in pazienti con maggiore adiposità sistemica o mammaria.
In precedenza, nel setting adiuvante, non erano stato possibile arrivare a conclusion convincenti riguardo alla diversa efficacia della endocrinoterapia adiuvante (inibitori dell’aromatasi vs tamoxifene) in base al BMI.
Nel setting neoadiuvante, due studi avevano valutato l’efficacia degli inibitori dell’aromatasi in base al BMI della paziente. In uno, l’efficacia dell’exemestane, misurata come risposta clinica, è risultata maggiore in pazienti con BMI elevato. Un altro studio, più recente, non ha evidenziato differenze significative in termini di variazioni di Ki67 o di risposta radiologica in accordo al BMI in pazienti trattate con anastrozolo e abemaciclib.
Va detto che l’associazione tra BMI o dimensioni degli adipociti size da un lato e la risposta antiproliferativa dall’altro è per certi versi sorprendente, quasi controintuitiva.
Diversi studi hanno consistentemente riportato che pazienti postmenopausali con BMI elevato e carcinoma mammario ER-positivo hanno una prognosi peggiore rispetto alle pazienti con BMI più basso.
Cionondimeno, vari studi hanno evidenziato una maggiore attività aromatasica in presenza di adipociti mammari più grandi e di infiltrazione macrofagica. Si potrebbe speculare che l’effetto mitogeno degli estrogeni, testimoniato dai livelli di Ki67, potrebbe essere maggiore in presenza di adipociti più grandi rispetto a quanto avviene in presenza di un BMI basso. Pertanto, l’inibizione dell’aromatasi porterebbe a una maggiore soppressione dell’effetto mitogeno come evidenziato dalla maggiore risposta antiproliferativa in presenza di BMI elevato e/o adipociti più grandi.
In sintesi, pur con i limiti di una casistica poco numerosa e di un disegno retrospettivo, lo studio fà un po’ di luce sui complessi meccanismi che condizionano la risposta antiproliferativa al letrozolo in base al BMI e alle dimensioni degli adipociti mammari.