La prima valutazione dello studio HER2CLIMB aveva dimostrato un significativo vantaggio in termini di overall survival (OS) e progression-free survival (PFS) con l’aggiunta del tucatinib al trattamento con trastuzumab e capecitabina in pazienti con carcinoma mammario metastatico HER2-positivo.
Lo studio è adesso pubblicato con un ulteriore aggiornamento del follow-up che include l’analisi finale dell’OS.
Curigliano G, et al. Tucatinib vs Placebo Added to Trastuzumab and Capecitabine for Patients with Pretreated HER2+ Metastatic Breast Cancer with and without Brain Metastases (HER2CLIMB): Final Overall Survival Analysis. Ann Oncol 2021 (Epub ahead of print)
Disegno dello studio HER2CLIMB: randomizzato, in doppio cieco, placebo-controlled.
Popolazione in studio: pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo localmente avanzato o metastatico, incluse pazienti con metastasi cerebrali anche se in fase attiva (in progressione e/o non trattate). Precedente trattamento con trastuzumab, pertuzumab e T-DM1 in qualsiasi setting.
Randomizzazione (2:1):
Dopo l’analisi primaria (follow-up mediano di 14 mesi), il protocollo è stato ementato per consentire ai Centri di aprire il cieco ed effettuare il crossover dalla combinazione con placebo alla combinazione con tucatinib.
Le analisi prespecificate di OS, PFS (valutata localmente) e profilo di tossicità sono state effettuate a circa 2 anni dall’ultimo paziente randomizzato.
In totale, lo studio ha arruolato 612 pazienti. Ad un follow-up mediano per l’OS di 29.6 mesi, la durata mediana di OS è stata di 24.7 mesi per il braccio con tucatinib vs i 19.2 mesi per il braccio con placebo (hazard ratio per morte: 0.73, 95%IC 0.59-0.90, P=0.004) e l’OS a 2 anni è stata del 51% e del 40%, rispettivamente.
Gli hazard ratios per OS tra i sottogruppi prespecificati sono risultati consistenti con l’hazard ratio osservato nella popolazione globale dello studio.
La durata mediana di PFS è stata di 7.6 mesi per il braccio con tucatinib vs i 4.9 mesi per il braccio con placebo (HR per progressione o morte: 0.57, 95%IC: 0.47-0.70, P<0.00001) e la PFS a 1 anno è stata del 29% e del 14%, rispettivamente.
La combinazione con tucatinib è stata ben tollerata con una bassa incidenza di interruzioni dovute ad effetti collaterali.
Con il follow-up aggiuntivo, gli eventi avversi più comuni tra le pazienti trattate con tucatinib (diarrea, HFS, nausea, fatigue, vomito) hanno continuato ad essere per lo più di grado 1 o 2 con percentuali stabili. Lo stesso si è verificato per gli eventi avversi di grado ≥ 3 (HFS con incidenza del 14.1%, diarrea con incidenza del 13.1%, aumento delle transaminasi, fatigue).
La combinazione di tucatinib, trastuzumab e capecitabina conferma il beneficio in termini di sopravvivenza globale in pazienti con carcinoma mammario metastatico HER2-positivo.
Il vantaggio in sopravvivenza è consistente tra i diversi sottogruppi prespecificati, incluse le pazienti con metastasi cerebrali.
La combinazione è complessivamente ben tollerata con una bassa percentuale di interruzione dovuta ad eventi avversi (5.9%).
Nel leggere i risultati conclusivi dello studio HER2CLIMB, è importante richiamare l’analisi esploratoria riguardo alla risposta intracranica che ha dato i seguenti risultati:
Inoltre, in pazienti con malattia encefalica in fase attiva, la CNS-PFS a 1 anno è stata del 35% nel braccio tucatinib e dello 0% nel braccio controllo. In pazienti con malattia encefalica stabile la CNS-PFS a 1 anno è stata del 53% con il tucatinib e dello 0% con il placebo. In ultimo, fra le pazienti con progressione encefalica isolata, il tempo mediano alla seconda progressione o alla morte è stato di 16 mesi nel braccio con tucatinib e di 10 mesi nel braccio di controllo.
Il panorama del trattamento anti-HER2 continua ad affollarsi favorevolmente con nuovi agenti che, a ritmo sostenuto, si propongono per occupare posizioni strategiche nella sequenza terapeutica ottimale: doppio blocco (pertuzumab e trastuzumab) e taxani a mantenere il primo posto ma, subito dopo, lo scenario è destinato a cambiare in fretta. Non ci sarà più il T-DM1 in seconda linea, per lasciare il posto al trastuzumab-deruxtecan e, in alcuni contesti clinici (es. malattia encefalica in fase attiva) alla combinazione di tucatinib, trastuzumab e capecitabina.