Ci pensa l’Early Breast Cancer Trialists’ Collaborative Group a mettere a confronto la chemioterapia neoadiuvante con quella adiuvante nel trattamento del carcinoma mammario in stadio precoce. I dati individuali di quasi 5000 donne trattate nell’ambito di 10 studi randomizzati sono un grande patrimonio da esplorare.
Early Breast Cancer Trialists' Collaborative Group (EBCTCG). Long-term outcomes for neoadjuvant versus adjuvant chemotherapy in early breast cancer: meta-analysis of individual patient data from ten randomised trials. Lancet Oncol 2017 [Epub ahead of print]
Nel trattamento del carcinoma mammario in stadio precoce, la chemioterapia neoadiuvante ha l’obiettivo di aumentare le probabilità di una chirurgia conservativa e, potenzialmente, di favorire l’eradicazione della malattia micrometastatica in misura maggiore rispetto alla chemioterapia adiuvante (post-chirurgica).
Una metanalisi per dati individuali dell’Early Breast Cancer Trialists’ Collaborative Group ha messo insieme i risultati di studi randomizzati per indagare i benefici a lungo termine e i rischi connessi al trattamento neoadiuvante, esaminando le caratteristiche tumorali che possono avere un effetto sull’outcome.
Complessivamente sono stati analizzati i dati di 4756 donne arruolate in 10 studi randomizzati iniziati prima del 2005. Gli studi confrontavano lo stesse regime chemioterapico somministrato, a seguito della randomizzazione, in fase neoadiuvante o adiuvante.
Misure di outcome: risposta tumorale, estensione della chirurgia, recidive locali e a distanza, morte per carcinoma mammario, e mortalità per tutte le cause.
Analisi statistica (intention-to-treat): regressione standard (per testare l’associazione con la risposta e con la frequenza di chirurgia conservativa) e metodi log-rank (per analizzare recidive e mortalità).
I trial analizzati hanno arruolato tra il 1983 e il 2002 maturando un follow-up mediano di 9 anni, con l’ultimo follow-up nel 2013. La maggioranza dei regimi chemioterapici contenevano antracicline (3838 [81%] su 4756 pazienti). Più dei 2/3 (1349 [69%] di 1947) delle donne trattate con chemioterapia neoadiuvante hanno ottenuto una risposta clinica parziale o completa.
Le pazienti assegnate a ricevere la chemioterapia neoadiuvante hanno avuto un numero più elevato di interventi chirurgici conservativi (1504 [65%] di 2320 donne trattate in fase neoadiuvante vs 1135 [49%] di 2318 donne trattate in fase adiuvante).
La chemioterapia neoadiuvante è associata a un tasso maggiore di recidiva locale rispetto all’adiuvante:
D’altro canto, nessuna differenza significativa è emersa tra approccio neoadiuvante e adiuvante in termini di:
La chemioterapia neoadiuvante è efficace tanto quanto la chemioterapia adiuvante nel ridurre il rischio di recidiva a distanza e di morte in pazienti con carcinoma mammario in stadio precoce.
D'altro canto, la chemioterapia neoadiuvante si associa a un rischio di recidiva locale più alto rispetto alla chemioterapia adiuvante. Tale rischio persiste per almeno 10 anni e potrebbe essere spiegato, almeno in parte, con il maggior ricorso a chirurgia conservativa dopo chemioterapia neoadiuvante. L'analisi non consente di dire quanto il rischio di recidiva locale sia legato alla chemioterapia neoadiuvante di per sè o all'estensione dell'intervento (chirurgia conservativa vs mastectomia).
Al fine di ridurre il tasso di recidiva locale è stato suggerito di porre maggiore attenzione alle modalità di localizzazione tumorale dopo terapia neoadivante (repere), alla valutazione patologica e alla radioterapia.
Tuttavia, va notato che la metanalisi ha esaminato studi precedenti al 2005 (era pre-trastuzumab) e, nel frattempo, molte strategie diagnostico-terapeutiche si sono modificate e affinate: una fra tutte, l'analisi dello stato linfonodale post-chemioterapia neoadiuvante. Pertanto, sebbene i risultati siano forti dei numeri (quasi 5000 pazienti) e della fonte (dati individuali), una nota di cautela nella loro interpretazione è indubbiamente necessaria.