Può la mutazione del gene per i recettori estrogenici guidare la scelta del trattamento endocrino in donne con carcinoma mammario avanzato? Un'analisi applicata a due studi clinici randomizzati (SoFEA e Paloma3) pone le basi per definire il ruolo predittivo dello stato mutazionale di ESR1.
Fribbens C, et al. Plasma ESR1 Mutations and the Treatment of Estrogen Receptor-Positive Advanced Breast Cancer. J Clin Oncol 2016 [Epub ahead of print]
Le mutazioni del gene dei recettori estrogenici (ESR1) sono state descritte fra i potenziali meccanismi di resistenza al trattamento endocrino del carcinoma mammario. Osservate raramente nelle forme primitive, hanno un’alta prevalenza nelle forme avanzate trattate in precedenza con inibitori dell’aromatasi. Ciò implica un’evoluzione attraverso una pressione selettiva indotta dal trattamento. La maggior parte delle mutazioni di ESR1 occorre nelle regioni hotspot del dominio di legame del recettore estrogenico con il ligando, determinando un’attività ligando-indipendente del recettore.
Studi precedenti hanno dimostrato che l’analisi del DNA tumorale circolante (ctDNA) ottenuto dal plasma di pazienti con carcinoma mammario può fornire uno strumento affidabile e non invasivo per rilevare le mutazioni di ESR1. Tuttavia, ad oggi, non è noto quale sia il trattamento endocrino più efficace del carcinoma mammario con mutazione di ESR1. Al fine di esplorare il valore predittivo delle mutazioni di ESR1, l’analisi del ctDNA per mutazione di ESR1 è stata applicata a due studi randomizzati di cui, di seguito, sono riportati il disegno e i risultati, indipendentemente dalla presenza o meno della mutazione:
La ricerca traslazionale applicata a tali studi ha ipotizzato che le pazienti con mutazioni ESR1 avessero una prognosi peggiore se trattate con exemestane anziché con fulvestrant (campioni dal SoFEA). Un ulteriore vantaggio era stato stimato con l’aggiunta del palbociclib al fulvestrant (campioni dal PALOMA3). Nello studio soFEA i campioni plasmatici erano disponibili in 162 pazienti su 723 arruolate (22.4%). Nello studio PALOMA3 in 360 su 521 (69.1%).
Nello studio SoFEA, le mutazioni di ESR1, identificate nel 39.1% delle pazienti (63 di 161), erano policlonali nel 49.1% (27 of 55) dei casi. In presenza della mutazione di ESR1 è stata osservata una PFS più lunga con il fulvestrant (n = 45) rispetto all'exemestane (n = 18; hazard ratio [HR], 0.52; 95% IC, 0.30-0.92; P = 0.02). Nessuna differenza significativa in PFS è emersa nelle pazienti con stato wild-type di ESR1 (HR,1.07; 95% IC, 0.68-1.67; P = 0.77).
Nello studio PALOMA3, le mutazioni di ESR1 sono state identificate nel 25.3% delle pazienti (91 su 360), e nel 28.6% (26 di 91) erano policlonali. In termini di PFS, la combinazione di fulvestrant e palbociclib si è rivelata superiore a fulvestrant + placebo sia nei casi con mutazione di ESR1 (HR, 0.43; 95% IC, 0.25-0.74; P = 0.002) sia nei casi wild-type (HR, 0.49; 95% IC, 0.35-0.70; P <0.001).
Mutazioni di ESR1 sono osservate ad alta frequenza in pazienti con carcinoma mammario progredito dopo precedente trattamento con inibitori dell'aromatasi.
I risultati di questa analisi prospettico-retrospettiva, applicata agli studi soFEA e Paloma3 su campioni d'archivio, hanno dimostrato che la valutazione del ctDNA è potenzialmente molto utile.
Lo stato mutazionale di ESR1, analizzato con relativa semplicità mediante digital PCR, può rivelarsi utile nel guidare le scelte terapeutiche. Tuttavia, sono necessari studi di conferma.