Analisi senza precedenti che esplora i trend temporali nella recidiva a distanza in donne con carcinoma mammario in fase iniziale, diagnosticato tra il 1990 e il 2009. Lo studio, condotto dal gruppo EBCTCG, ha coinvolto più di 155.000 pazienti, suddivise tra tumori con recettori ormonali positivi e negativi. Con un campione così ampio e una metodologia rigorosa, ci si è posti un obiettivo ambizioso: individuare se, e in che misura, i progressi nelle terapie adiuvanti e i cambiamenti nella popolazione arruolata abbiano contribuito a ridurre le recidive nel tempo.
Early Breast Cancer Trialists' Collaborative Group. Reductions in recurrence in women with early breast cancer entering clinical trials between 1990 and 2009: a pooled analysis of 155 746 women in 151 trials. Lancet 2024;404(10461):1407-1418.
Tarantino P, Tolaney SM. Progress in breast cancer management. Lancet 2024;404(10461):1376-1378.
Il carcinoma mammario in fase iniziale presenta rischi di recidiva che si protraggono oltre i 20 anni dopo la diagnosi, specialmente nelle forme con recettori ormonali positivi. Questo studio utilizza i dati del database EBCTCG per valutare l’andamento delle recidive a distanza. Le pazienti eleggibili erano donne con carcinoma diagnosticato tra il 1990 e il 2009, senza metastasi al momento dell’ingresso in studio. Le analisi statistiche si sono basate su modelli di regressione di Cox per confrontare i rischi di recidiva in periodi successivi, aggiustando per caratteristiche del paziente, dello stadio tumorale e dei trattamenti ricevuti. Le curve di sopravvivenza di Kaplan-Meier sono state costruite in base agli eventi di recidiva per periodi distinti (1990-1999, 2000-2004, 2005-2009), con test χ² per il trend temporale.
Riduzione complessiva delle recidive a distanza: Lo studio ha mostrato che le pazienti con diagnosi dopo il 2000 hanno un rischio di recidiva a 10 anni significativamente inferiore rispetto a quelle con diagnosi nel decennio precedente. Nello specifico, i tassi di recidiva a 10 anni per le pazienti con diagnosi tra il 1990 e il 1999 sono stati pari al 20.5%, mentre per quelle con diagnosi tra il 2000 e il 2004 e tra il 2005 e il 2009 i tassi sono scesi rispettivamente al 15.4% e all’11.7%.
Differenze tra tumori a recettori ormonali positivi e negativi: Per le pazienti con tumori a recettori ormonali positivi, il rischio di recidiva a distanza si è ridotto del 25% (HR 0.75; p<0.0001) nel periodo successivo al 2000 rispetto agli anni '90. Questo miglioramento, tuttavia, non elimina il rischio di recidive tardive, che rimane elevato per queste pazienti. Al contrario, nelle pazienti con tumori a recettori ormonali negativi, le recidive tendono a concentrarsi nei primi 5 anni post-diagnosi, con una riduzione complessiva del rischio del 19% (HR 0.81; p<0.0001) per le pazienti trattate dopo il 2000.
Effetti della terapia adiuvante: L'analisi ha evidenziato come circa l'80-90% dei miglioramenti nei tassi di recidiva a distanza possa essere attribuito ai cambiamenti nella popolazione studiata e ai progressi nelle terapie adiuvanti. In particolare, l’introduzione di terapie come gli inibitori dell'aromatasi, il trastuzumab per i tumori HER2-positivi, e l’integrazione di chemioterapie basate su taxani e antracicline hanno significativamente contribuito a migliorare gli esiti a lungo termine.
Impatto del coinvolgimento linfonodale: I tassi di recidiva sono strettamente correlati al numero di linfonodi positivi. Per esempio, nelle pazienti con malattia linfonodo-negativa, i tassi di recidiva a 10 anni sono diminuiti dal 10.1% nel periodo 1990-1999 al 7.3% nel 2000-2009 per i tumori a recettori positivi, e dall'18.3% all'11.9% per quelli a recettori negativi. Analogamente, nelle pazienti con uno-tre linfonodi positivi, i tassi di recidiva sono scesi dal 19.9% al 14.7% nei tumori a recettori positivi e dal 31.9% al 22.1% in quelli a recettori negativi. Nei casi con quattro-nove linfonodi positivi, la recidiva a 10 anni è scesa dal 39.6% al 28.5% per i tumori con recettori positivi e dal 47.8% al 36.5% per quelli negativi.
Analisi delle caratteristiche del paziente e del tumore: Confrontando i dati raccolti, è emerso che una quota significativa del miglioramento nei tassi di recidiva è attribuibile alle caratteristiche dei tumori diagnosticati più recentemente, che tendono ad essere di dimensioni minori e a presentare un coinvolgimento linfonodale inferiore, probabilmente grazie alla diagnosi precoce favorita dallo screening mammografico.
Dopo aver aggiustato i risultati per le caratteristiche della paziente e del tumore (dimensioni del tumore, età, stato linfonodale, grado istologico), è stato osservato che circa la metà della riduzione del rischio di recidiva potrebbe essere spiegata dai cambiamenti nella popolazione di studio e nel tipo di trattamento. Ciò suggerisce che i miglioramenti terapeutici abbiano giocato un ruolo cruciale nel determinare gli esiti migliori, con una riduzione delle recidive del 20-25%anche dopo aggiustamenti statistici.
L'analisi dell'Early Breast Cancer Trialists’ Collaborative Group (EBCTCG) ha esaminato i tassi di recidiva a distanza in oltre 155.000 donne con carcinoma mammario in fase iniziale, suddivise tra pazienti con tumori a recettori ormonali positivi e negativi, e diagnosticate tra il 1990 e il 2009.
Lo studio rappresenta una pietra miliare nella comprensione dei progressi nel trattamento del carcinoma mammario precoce.
L’editoriale di Tarantino e Tolaney celebra i significativi progressi compiuti nella gestione del carcinoma mammario negli ultimi decenni, sottolineando come l’integrazione di terapie mirate e l’adozione di protocolli adiuvanti abbiano rivoluzionato l’approccio clinico. Grazie a una maggiore comprensione biologica del tumore e all’implementazione di trattamenti personalizzati, il rischio di recidiva a distanza si è ridotto notevolmente, offrendo alle pazienti prospettive di sopravvivenza migliori rispetto al passato. Tuttavia, gli autori sottolineano che questi avanzamenti devono essere accompagnati da una distribuzione equa delle risorse, poiché le disparità geografiche e socio-economiche continuano a limitare l’accesso ai trattamenti più avanzati. Questa riflessione richiama l’attenzione sull’importanza non solo dei progressi scientifici ma anche dell’impegno nella giustizia sanitaria, affinché ogni paziente possa beneficiare di cure ottimali indipendentemente dal contesto in cui vive.