Che il carcinoma mammario "triple negative" non fosse un'unica entità si era capito da tempo. Dalla definizione iniziale, legata alla negatività dello stato dei recettori ormonali e di HER2, si è passati ad una caratterizzazione molecolare più fine. Sarà l'espressione genica a guidare l'oncologo nella scelta della terapia più appropriata? I presupposti sono buoni e ci vogliamo credere.
Ring BZ, et al. Generation of an algorithm based on minimal gene sets to clinically subtype triple negative breast cancer patients. BMC Cancer 2016;16:143.
Il fenotipo "triple negative" rappresenta circa il 15% di tutte le forme di carcinoma mammario e si caratterizza per l'assenza di espressione dei recettori ormonali (ER-, PgR-) e per la negatività dello stato di HER2. La definizione "triple negative" è la più immediata ma, al contempo, è imprecisa. Infatti, oggi sappiamo che esiste una eterogeneità a vari livelli. Dal punto di vista patologico, per esempio, vi sono forme a prognosi molto buona (apocrino, midollare) e forme a prognosi decisamente più sfavorevole (duttale infiltrante a grado elevato, lobulare pleomorfo, metaplastico). Nel 2011, Lehmann et al avevano pubblicato su Journal of Clinical Investigation i risultati di un'analisi di espressione genica dove descrivevano diversi genotipi molecolari, ciascuno con caratteristiche peculiari:
Inoltre, dei saggi in vitro di sensibilità a diversi agenti antitumorali avevano dimostrato caratteristiche peculiari per ciascun genotipo. In particolare, le forme basal-like sembravano potenzialmente più suscettibili ad una terapia a base di platino o con inibitori di PARP. D'altro canto, una terapia con inibitori di P13K/mTor appariva potenzialmente più indicata per le forme mesenchimali. Infine, la patologia a genotipo LAR, sembrava più sensibile alla terapia antiandrogenica.
Il limite principale della classificazione molecolare proposta da Lehman era la difficilie trasferibilità in clinica, principalmente per motivi di complessità tecnica. Al fine di semplificare la metodica, è stato condotto uno studio per verificare la validità di una contrazione nell'analisi dei geni (da i 2188 geni del modello iniziale, a 101 geni (solo il 5% di quelli utilizzati per la classificazione originaria). Inoltre, l'associazione dei diversi sottotipi con la risposta alla chemioterapia è stata validata in una coorte indipendente di pazienti sottoposte a terapia neoadiuvante (N= 139, terapia: AC x 4, poi randomizzazione a paclitaxel o ixabepilone).
Il modello basato sull'espressione di 101 geni ha riprodotto la classificazione basata sull'algoritmo originario che analizzava 2188 geni. In particolare, una concordanza elevata (87%) è stata osservata nella definizione diversi sottotipi.
In termini di sensibilità alla chemioterapia, il genotipo BL2 si è confermato quello a peggiore sensibilità (Odds Ratio (OR) per l'ottenimento di una risposta patologica completa =0.12, p =0.03 nel modello a 2188 geni; OR = 0.23, p < 0.03 nel modello a 101 geni).
La sensibilità alla chemioterapia, per il sottotipo BL1, era stata osservata con il modello a 2188 geni, ma in assenza di significatività statistica (OR = 1.91, p = 0.14). Con il nuovo modello a 101 geni l'associazione è stata confermata e rafforzata dal punto di vista statistico (OR = 3.59, p = 0.02).
L'impiego di un modello semplificato di espressione genica (analisi di 101) può riprodurre la classificazione molecolare del carcinoma mammario "triple negative" basata sull'analisi originaria di 2188 geni.
La semplificazione classificativa potrà agevolare la realizzazione di studi di ricerca traslazionale che consentano di migliorare la personalizzazione della cura per queste forme tumorali: