Ce lo spiegano molto bene Imperia Nuzzolese e Filippo Montemurro attraverso un commento per Lancet Oncology dove sono riportate le diverse percentuali di attrition osservate nel gruppo sperimentale e nel gruppo di controllo di alcuni tra i più rilevanti studi randomizzati sul carcinoma mammario metastatico.
Nuzzolese I, Montemurro F. Attrition in metastatic breast cancer: a metric to be reported in randomised clinical trials? Lancet Oncol 2020; 21:21-24.
Nella sequenza dei trattamenti impiegati per la cura della patologia tumorale in stadio avanzato, l’attrition può essere definito come la proporzione di pazienti che iniziano una linea di terapia e che, al momento della progressione, non ricevono ulteriori terapie.
Gli autori hanno analizzato il tasso di attrition riportato in alcuni tra i più rilevanti trial randomizzati sul carcinoma mammario metastatico pubblicati o aggiornati negli ultimi 5 anni e nei quali il protocollo prevedeva di raccogliere le informazioni sui trattamenti “non in studio”.
L’attrition è stato calcolato prendendo in esame la percentuale di pazienti che avevano interrotto il trattamento in studio e per le quali non era stato documentato l’impiego di ulteriori trattamenti dopo lo studio.
Dall’analisi dei diversi trial è emerso un tasso di attrition tra il 9% e il 53%, variabile in base al sottotipo di tumore mammario e alla linea di trattamento.
I tassi più elevati sono stati osservati nei trial TNT, IMPASSION 130, EMILIA, TH3RESA e, in particolare, fra le pazienti con patologia triple-negative e fra le pazienti con resistenza a trastuzumab e lapatinib.
La malattia luminale non è risultata esente da attrition, con alcuni trial in cui il tasso è risultato superiore al 20%, specie nei sottogruppi di pazienti sottoposte a terapie sperimentali.
Le terapie sono per lo più interrotte per progressione di malattia, sebbene altre cause possano includere la tossicità o decisioni da parte del medico per ragioni di varia natura, spesso non del tutto specificate. Un rapido deterioramento clinico, l’assenza di ulteriori opzioni terapeutiche ritenute potenzialmente utili, il ricorso alle cure palliative (variabile nei diversi Paesi coinvolti nei trial clinici), l’assenza di consenso per il recupero delle informazioni post-studio, e la mancata disponibilità di dati sono tutte situazioni possibili che, da una parte, possono spiegare l’attrition ma che evidenziano anche la difficoltà nel reperire, in modo preciso, questo tipo di informazione dalle pubblicazioni dei trial clinici.
Una descrizione formale della percentuale di attrition nelle pubblicazioni di studi di terapia potrebbe fornire una misura molto utile per sia dal punto vista clinico che da quello scientifico.
Inoltre, la conoscenza dei dati sull’attrition potrebbe favorire strategie di sequenza per ottimizzare l’uso del maggior numero di agenti disponibili nei diversi sottogruppi di patologia.