Uno studio di real life condotto al Memorial Sloan Kettering Cancer Center (MSKCC) di New York sottolinea l’importanza di non sospendere prima del previsto le somministrazioni di trastuzumab per il trattamento del carcinoma mammario HER2-positivo in stadio precoce. Ovviamente, laddove possibile.
Copeland-Halperin RS, et al. Early Trastuzumab Interruption and Recurrence-Free Survival in ERBB2-Positive Breast Cancer. JAMA Oncol. Published online October 15, 2020. doi:10.1001/jamaoncol.2020.4749
Il trattamento anti-HER2, principalmente identificato nel trastuzumab, ha dimostrato un significativo beneficio in termini di disease-free survival (DFS) e di overall survival (OS) in pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo in stadio precoce.
Tuttavia, gli effetti collaterali cardiaci caratterizzati dalla riduzione della frazione di eiezione ventricolare sinistra o dall’insufficienza cardiaca possono avere un ruolo significativo nel limitare l’impiego del trastuzumab o nel determinare un’interruzione precoce della terapia anti-HER2.
I risultati degli studi PHARE e PERSEPHONE sulla non-inferiorità di 6 vs 12 mesi di trastuzumab sono conflittuali, pertanto le ricadute cliniche di una interruzione precoce della terapia anti-HER2 rimangono incerte.
Uno studio condotto presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center (MSKCC) di New York tra il 2004 e il 2013 ha valutato l’associazione tra interruzione del trattamento con trastuzumab e prognosi in pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo.
L’interruzione precoce del trattamento è stata definita come un intervallo di 6 o più settimane tra due dosi programmate di trastuzumab. Le motivazioni dell’interruzione sono state distinte in cardiache (declino asintomatico della frazione di eiezione ventricolare sn o insufficienza cardiaca) e non cardiache.
Principale misura di outcome: recurrence-free survival (RFS), definita come il tempo dall’inizio del trattamento con trastuzumab alla data della recidiva o della morte per qualsiasi causa.
La sopravvivenza è stata stimata utilizzando il metodo di Kaplan-Meier con un landmark a 12 mesi.
Sono stati costruiti 3 diversi modelli di analisi multivariata: uno basato su presenza/assenza di interruzione del trattamento, uno basato sulla causa dell’interruzione (cardiaca vs non cardiaca), e un altro basato sulla dose cumulativa di trastuzumab (nessuna interruzione, ≤56 mg/kg, >56 mg/kg; il cutoff di 56 mg/kg è stato scelto perché riflette un periodo di circa 6 mesi di trastuzumab). L’hazard ratio, in tutti i modelli, è stato aggustato per età, impiego o meno di antracicline, stadio tumorale, stato dei recettori ormonali, presenza o meno di ipertensione, presenza o meno di diabete.
Su un totale di 1396 pazienti trattati, di età media pari a 51 anni, un’interruzione precoce del trattamento con trastuzumab si è verificata in 184 pazienti (13%), in 124 per cause cardiache (92 per riduzione della frazione di eiezione ventricolare sinistra e 32 per insufficienza cardiaca) e in 60 per cause non cardiache.
Ad un follow-up mediano di circa 6 anni, un evento di recidiva o di morte si è verificato in 44 (24%) dei 184 pazienti che hanno interrotto prematuramente il trastuzumab e in 153 (13%) dei 1212 pazienti che hanno continuato a ricevere regolarmente la terapia (log-rank P < .001).
L’interruzione precoce del trattamento ha conferito un rischio significativamente aumentato di sviluppare un evento di recidiva o morte (hazard ratio [HR] aggiustato, 1.56; 95% IC, 1.10-2.21). L’HR è stato pari a 1.47 (95% IV,0.98-2.20) nel gruppo con interruzione legata a una causa cardiaca e del 1.78 (95% IC, 1.03-3.08) nel gruppo con interruzioni legate ad altre motivazioni.
Complessivamente, 60 (33%) pazienti fra coloro che hanno interrotto precocemente il trastuzumab (vs nessuno fra i pazienti che non hanno interrotto la terapia) hanno ricevuto una dose cumulativa di trastuzumab uguale o minore di 56 mg/kg e, in questo caso, l’HR per RFS è stato pari a 1.96 (95% IC, 1.16-3.33).
In pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo in stadio precoce, l’interruzione anticipata del trattamento con trastuzumab si associa ad un rischio aumentato di recidiva o di morte.
La riduzione in termini di RFS è stata osservata in pazienti la cui interruzione anticipata del trattamento ha determinato la somministrazione di una dose cumulativa di trastuzumab ≤ 56 mg/kg (equivalente a ≤6 mesi di trastuzumab), supportando i dati a sostegno della durata ottimale del trattamento che attualmente viene considerata pari a un anno.
La causa più comune di interruzione del trastuzumab è stata l’occorrenza di un evento cardiaco, come rilevato in 124 (67%) dei 184 casi osservati. Tuttavia, considerato che la maggioranza dei pazienti trattati aveva ricevuto antracicline, lo studio non consente di estrapolare i risultati a pazienti non esposti alle antracicline. Inoltre, in accordo a studi recenti, va ricordato che la riduzione asintomatica della frazione di eiezione ventricolare sinistra potrebbe essere trattata con terapia cardioattiva e monitorata con sicurezza senza la necessità di interrompere il trastuzumab.
Lo studio, pubblicato sottoforma di research letter, non fornisce informazioni specifiche sullo stadio, sul setting di trattamento (adiuvante/neoadiuvante), sulle dosi cumulative di antracicline, sull’eventuale impiego del pertuzumab. Tutte variabili che avremmo voluto conoscere nel dettaglio.