Mattoncino dopo mattoncino, cresce l’evidenza a sostegno di un trattamento chemo-free quale approccio di prima linea in pazienti con carcinoma mammario luminale (HR+/HER2-) in stadio avanzato.
Park YH, et al. Palbociclib plus exemestane with gonadotropin-releasing hormone agonist versus capecitabine in premenopausal women with hormone receptor-positive, HER2-negative metastatic breast cancer (KCSG-BR15-10): a multicentre, open-label, randomised, phase 2 trial. Lancet Oncol 2019; published online.
Le linee guida internazionali sono uniformi nel raccomandare il trattamento endocrino quale strategia di prima linea in pazienti con carcinoma mammario avanzato luminale (HR+/HER2-). Le indicazioni valgono anche in presenza di malattia viscerale a meno che non ci si trovi davanti alla cosiddetta crisi viscerale, quadro clinico peraltro poco frequente, o se si ipotizzi una condizione di endocrinoresistenza.
Uno studio randomizzato di fase II, open-label, multicentrico, condotto su pazienti in stato premenopausale, ha confrontato i seguenti bracci di terapia (randomizzazione 1:1):
Fra le principali caratteristiche della popolazione in studio:
Efficacia: La progression-free-survival mediana è risultata più lunga nel braccio con palbociclib + terapia endocrina rispetto al braccio con capecitabina (20.1 mesi vs 14.4 mesi; hazard ratio 0.65, 95% IC 0.43–0·99, p=0.02).
Tollerabilità: è stato osservato un maggior tasso di neutropenia asintomatica, di grado 3-4, nel braccio con palbociclib + terapia endocrina rispetto al braccio con capecitabina (75% vs 16%), mentre altri effetti collaterali di qualsiasi grado sono risultati più comuni con la chemioterapia. Fra questi la nausea (34% vs 12%), la diarrea (39% vs 14%), l’hand-foot syndrome (100% vs 1%). Non si è verificata alcuna morte tossica.
Lo studio è la prima evidenza prospettica che mette a confronto una combinazione di terapia endocrina (exemestane + LHRH analogo) con un inibitore di CDK 4/6 (palbociclib) verso un approccio chemioterapico (capecitabina).
Sebbene sia emerso un vantaggio con il regime chemo-free, i risultati vanno interpretati con cautela. Si tratta, infatti, di uno studio di fase II di piccole dimensioni, open-label. Tutte caratteristiche, queste, che possono introdurre elementi confondenti.
La popolazione analizzata, inoltre, è asiatica. Pertanto, non possono essere escluse differenze con pazienti di razza caucasica. Va notato, infatti, che la dose intensity per il palbociclib è stata relativamente bassa (78% dell’atteso), probabilmente in relazione a una maggiore suscettibilità alla neutropenia.
Diversi studi stanno dimostrando un vantaggio in overall survival dall’impiego di inibitori di CDK4/6 sia in pre- (MONALEESA-7) che in post-menopausa (MONARCH 2, MONALEESA-3) e il beneficio è stato confermato anche in pazienti con malattia viscerale.
Queste osservazioni probabilmente sgombrano il campo dagli ultimi dubbi. Abbiamo regimi chemo-free che consentono un controllo adeguato di malattia anche in pazienti giovani e con malattia viscerale, le principali caratteristiche che inducevano i più scettici a utilizzare ancora la chemioterapia in luogo del trattamento endocrino.
Rimane da indagare quale sia il miglior approccio da seguire in presenza di crisi viscerale e/o di un’ipotetica minore endocrinoresponsività.