Uno studio di fase I è stato condotto per deteminare tossicità, dose massima tollerata (MTD), farmacocinetica e attività clinica dell’agente orale Z-endoxifen, metabolita del tamoxifene.
Goetz MP, et al. First-in-Human Phase I Study of the Tamoxifen Metabolite Z-Endoxifen in Women With Endocrine-Refractory Metastatic Breast Cancer. J Clin Oncol 2017;35(30):3391-3400.
Il tamoxifen ha dominato la scena del trattamento antiestrogenico del carcinoma mammario per oltre 30 anni. Nella competizione, è stato marginale il ruolo di altri agenti con attività antiestrogenica non-steroidei fra cui nafoxidina, trioxifene, keoxifene (reinventato per il trattamento dell’osteoporosi e rinominato raloxifene), toremifene, droloxifene e arzoxifene.
Viceversa, i veri competitor sono arrivati negli anni ’70 quando è partita la ricerca per sviluppare inibitori specifici del CYP19, l’enzima aromatasi. Oggi, i risultati degli studi hanno portato in clinica agenti molto efficaci quali anastrozolo, letrozolo ed exemestane.
Sembra quindi sorprendente assistere alla recente conduzione e vedere completato uno studio di fase I sull’endoxifen, un metabolita del tamoxifene, analizzato in una popolazione di donne con carcinoma mammario refrattario al trattamento endocrino.
Studio di fase I condotto per deteminare tossicità, dose massima tollerata (MTD), farmacocinetica e attività clinica dell’agente orale Z-endoxifen, metabolita del tamoxifene.
Criteri di eleggibilità: donne con carcinoma mammario metastatico endocrino-refrattario-
Trattamento: schema di titolazione accelerata seguendo un disegno 3+3 e un’espansione a 40,
80, e 100 mg die.
Delle 41 donne arruolate, 38 erano valutabili per la determinazione della MTD.
Regimi endocrini precedenti:
Le pazienti ricevevano endoxifen una volta die a 7 livelli di dose differenti (da 20 a 160 mg).
La dose escalation è cessata a 160 mg die vista la mancanza di una una MTD e per concentrazioni di endoxifen >1900 ng/mL.
Una paziente ha sperimentato un’embolia polmonare alla dose di 60 mg al primo ciclo.
La clearance di endoxifen non ha subito variazioni in base al genotipo CYP2D6.
Un clinical benefit (malattia stabile per almeno 6 mesi [n = 7] o una risposta parziale secondo criteri RECIST [n = 3]) è stato osservato nel 26.3% (95% CI, 13.4% to 43.1%) dei casi, incluse 3 pazienti precedentemente trattate con tamoxifene.
Mutazioni documentate su cfDNA sono state osservate in 13 pazienti (PIK3CA [n = 8], ESR1 [n = 5], TP53 [n = 4], e AKT [n = 1]) con progression-free survival più breve (mutazioni presenti vs mutazioni assenti: PFS mediana 61 vs 132 giorni; log-rank P = .046).
Un beneficio clinico è stato osservato alla dose di 80 mg die in pazienti con amplificazione di ESR1 documentata su biopsia e alla dose di 160 mg die in pazienti con mutazione di ESR1 documentata su cfDNA.
Alcune mutazioni (PIK3CA, TP53, and AKT) non sono state identificate su cfDNA, mentre altre (ESR1, TP53, and AKT) non sono state identificate con la biopsia.
In pazienti con carcinoma mammario metastatico endocrino-refrattario, il trattamento con Z-endoxifen ha mostrato un’attività antitumorale interessante, un profilo di tossicità accettabile e un metabolismo non modificato da CYP2D6.
È stato osservato un clinical benefit rate del 26.3%.
La dose orale di endoxifen è stata individuata in 160 mg die senza che sia stata raggiunta una dose massima tollerata.
Studi futuri dovranno validare il ruolo terapeutico dell’endoxifen come terapia di salvataggio dopo esaurimento delle opzioni di endocrinoterapia.
L’endoxifen è un metabolita del tamoxifene con alta affinità per il recettore estrogenico. Al pari del profarmaco tamoxifene, l’endoxifen è classificato come SERM (modulatore selettivo del recettore estrogenico). Caratteristica farmacocinetica dell’endoxifen è la lunga durata in circolo. Inoltre, è stata osservata un'attività in tumori con mutazione di ESR1.
Sebbene vi sia evidenza del ruolo enzimatico di CYP2D6 nella generazione di endoxifen a partire dal profarmaco tamoxifene, ad oggi non esistono studi prospettici che abbiano utilizzato la genotipizzazione per CYP2D6 come test predittivo del beneficio da tamoxifene.
Uno studio tedesco non ancora attivo valuterà il ruolo di una terapia con tamoxifene potenziata con endoxifen al fine di ottenere una maggiore attività antiestrogenica evitando di ricorrere alla deprivazione estrogenica. Le conseguenze positive sulla qualità di vita sono immaginabili: meno osteoporosi e potenziale riduzione del rischio cardiovascolare.