Quale può essere l'effetto del crossover sui risultati di uno studio clinico? Vediamo il caso del T-DM1 analizzando i risultati finali del trial EMILIA.
Diéras V, et al. Trastuzumab emtansine versus capecitabine plus lapatinib in patients with previously treated HER2-positive advanced breast cancer (EMILIA): a descriptive analysis of final overall survival results from a randomised, open-label, phase 3 trial. Lancet Oncol 2017 [Epub ahead of print]
Due studi randomizzati di fase 3 hanno dimostrato il beneficio di T-DM1 nel trattamento del carcinoma mammario HER2-positivo in stadio avanzato.
I risultati dello studio EMILIA hanno condotto all’approvazione del farmaco e alla diffusione del suo impiego clinico. Contestualmente, le pazienti dei bracci di controllo degli studi EMILIA (già dal maggio 2012) e dello studio TH3RESA (da settembre 2012) hanno avuto la possibilità di ricevere T-DM1.
Tale crossover, non pre-pianificato, ha coinvolto poco meno di un terzo delle pazienti nello studio EMILIA e circa la metà delle pazienti dello studio TH3RESA.
Disegno dello studio EMILIA: randomizzato (1:1), internazionale, open-label, di fase 3
Popolazione: pazienti con diagnosi di carcinoma mammario HER2-positivo non resecabile, localmente avanzato o metastatico, precedentemente trattate con trastuzumab e un taxano.
Bracci di trattamento
Stratificazione: area geografica (USA vs Europa occidentale vs altro), numero di regimi precedenti di chemioterapia per la malattia avanzata (0 o 1 vs >1), sede di malattia (viscerale vs non-viscerale).
Co-primary endpoints: progression-free survival (PFS) e OS. L’efficacia è stata analizzata nella popolazione intention-to-treat.
Tra febbraio 2009 e ottobre 2011, 991 pazienti hanno partecipato allo studio, 495 nel braccio T-DM1 e 496 nel braccio capecitabina + lapatinib.
L’analisi finale della sopravvivenza ha confermato un vantaggio significativo con l’impiego del T-DM1:
OS mediana 29.9 mesi vs 25.9 mesi, hazard ratio 0.75 [95% IC 0.64–0.88]).
In totale 136 (27%) su 496 pazienti ha effettuato il crossover dal trattamento di controllo a T-DM1 dopo la seconda analisi ad interim di OS (follow-up mediano: 24.1 mesi). Dei pazienti originariamente assegnati a ricevere T-DM1, 254 (51%) su 495 hanno ricevuto capecitabina e 241 (49%) su 495 hanno ricevuto lapatinib (separatamente o in combinazione).
Una minore incidenza di effetti collaterali di grado ≥ 3 è stata osservata con il T-DM1 (48%) rispetto alla combinazione capecitabina + lapatinib (60%). Nel braccio di controllo, la tossicità di grado ≥ 3 più frequente è risultata la diarrea (21%) seguita dalla eritrodisestesia palmo-plantare (18%) e dal vomito (5%). Con il T-DM1, gli eventi di ≥ 3 più comuni sono stati la trombocitopenia (14%), l’incremento dei livelli di transaminasi (5%) e l’anemia (4%).
Nel trattamento del carcinoma mammario HER2-positivo, in accordo alle analisi post-hoc degli studi randomizzati EMILIA e TH3RESA, il crossover non ha modificato il vantaggio statisticamente significativo in OS ottenuto con l’impiego del T-DM1.
Tuttavia, in termini assoluti, l’analisi finale dello studio EMILIA rispetto a quanto riportato in precedenza, evidenzia una riduzione del guadagno in OS osservato con T-DM1. In particolare, si passa da 5.8 a 4 mesi, verosimilmente per effetto del crossover.
Va ricordato che il crossover a T-DM1 non era pianificato. Nello studio EMILIA, ha coinvolto soltanto 136 delle 300 pazienti ancora vive al momento dell’emendamento.
Tante le domande aperte:
Interessanti le considerazioni nell’editoriale a firma di Filippo Montemurro: