Cosa si intende per studio positivo? Formalmente è uno studio che ha potuto dimostrare, in modo statisticamente significativo, il raggiungimento dell'obiettivo prefisso. Pertanto, questa definizione non si adatta allo studio di confronto tra eribulina e capecitabina nel trattamento del carcinoma mammario metastatico. Ma è proprio così?
Kaufman PA, et al. Phase III Open-Label Randomized Study of Eribulin Mesylate Versus Capecitabine in Patients With Locally Advanced or Metastatic Breast Cancer Previously Treated With an Anthracycline and a Taxane. J Clin Oncol 2015 [Epub ahead of print].
Eribulina mesilato è un inibitore dei microtubuli con meccanismo d'azione distinto rispetto ad altri agenti che hanno come bersaglio la tubulina. In particolare, eribulina si lega a un piccolo numero di siti ad alta affinità presenti sulla estremità positiva dei microtubuli. Differentemente da altri agenti che legano la tubulina, il blocco mitotico indotto da eribulina è irreversibile e un'esposizione intermittente al farmaco induce sulla cellula una perdita di vitalità a lungo termine.
Il primo studio di fase III con eribulina, noto con l'acronimo EMBRACE, aveva confrontato tale agente con una qualsiasi terapia a scelta del clinico in pazienti con carcinoma mammario metastatico che avevano ricevuto in precedenza tra due e cinque linee di chemioterapia.
Lo studio EMBRACE ha dimostrato un vantaggio in overall survival (OS) con l'impiego di eribulina (13.2 mesi verso 10.5 mesi; hazard ratio 0.81; 95% CI, 0.67-0.96; p=0.01).
Il presente studio confronta eribulina e capecitabina quale nel trattamento di I, II, III linea del carcinoma mammario avanzato/metastatico.
Disegno dello studio: fase III, open-label, randomizzato (1:1), a due bracci:
Stratificazione: area geografica e stato di HER2
Coprimary endpoints: OS e PFS
Disegno statistico: Il calcolo del campione (arruolamento stimato in 1100 pazienti) è stato basato sull'ipotesi di una superiorità di eribulina rispetto a capecitabina riguardo all'OS una volta che 905 eventi fossero stati osservati e utilizzando un log-rank test a due code con potere del 90% per evidenziare un incremento di 3 mesi in sopravvivenza mediana rispetto al riferimento di 12 mesi ipotizzato per capecitabina (HR 0.80).
Lo studio sarebbe stato giudicato positivo se, all'analisi finale, l'OS con eribulina fosse risultata superiore rispetto all'OS con capecitabina (P ≤ 0.0372) o se si fosse dimostrato un vantaggio in PFS (P≤ 0.01), e se l'HR per OS fosse stato inferiore a 1.
Lo studio ha arruolato 1102 pazienti di cui 554 hanno ricevuto eribulina e 548 capecitabina. Il 68.5% delle pazienti avevano una patologia HER2-negativa. Il 20%, il 53% e il 27% delle pazienti hanno ricevuto il trattamento rispettivamente in prima, seconda o terza linea.
L'OS mediana è risultata di 15.9 mesi (95% IC, 15.2-17.6 mesi) per eribulina e di 14.5 mesi (95% IC, 13.1-16.0 mesi) per capecitabina, risultando in HR di 0.88 (95% IC, 0.77-1.00; P = 0.056). La PFS è risultata di 4.1 mesi (95% IC, 3.5-4.3) per eribulina e di 4.2 mesi (95% IC, 3.9-4.8) per capecitabina (HR 1.08; 95% IC, 0.93-1.25; P =0.30). Il tasso di risposta è risultato pari all'11% per l'eribulina e all'11.5% la capecitabina.
Profilo di tossicità:
La neutropenia febbrile è occorsa nel 2% delle pazienti trattate con eribulina e nell'0.9% delle pazienti trattate con capecitabina.
Neuropatia periferica di grado 3/4: 7% con eribulina e 0.9% con capecitabina.
Lo studio, formalmente, non è positivo: non è stata dimostrata la superiorità di eribulina rispetto a capecitabina, sia in termini di OS che di PFS.
Tuttavia, il confronto è uno dei pochi disponibili in cui agenti "contemporanei" e di provata efficacia sono paragonati "testa a testa" nel trattamento del carcinoma mammario metastatico.
Dalla seconda linea in poi, eribulina si conferma un farmaco di provata efficacia, possibile opzione da impiegare nella sequenza terapeutica. In questo senso, lo studio è positivo.