Nella spiegazione della variabilità interindividuale nella risposta al trattamento con inibitori di CDK 4/6 si è dato maggior rilievo ai possibili fenomeni biologici potenzialmente responsabili della resistenza primaria (refrattarietà) o secondaria (resistenza acquisita). Tuttavia, è evidente che il fenomeno è più complesso.
Uno studio ha cercato di analizzare la relazione tra determinati parametri farmacologici e le differenze, in termini di efficacia e di tossicità, che possono osservarsi tra i pazienti trattati con tali farmaci. La casistica oggetto di valutazione è composta da donne con diagnosi carcinoma mammario metastatico luminal-like trattate con endocrinoterapia + palbociclib o ribociclib.
Roncato R, et al. An Integrated Pharmacological Counselling Approach to Guide Decision-Making in the Treatment with CDK4/6 Inhibitors for Metastatic Breast Cancer. Front Pharmacol 2022; 13:897951. doi: 10.3389/fphar.2022.897951
Lo studio riporta una serie di cinque donne in cura presso il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano per carcinoma mammario luminal-like in stadio avanzato. Nello specifico, in corso di trattamento con palbociclib o ribociclib, l’oncologo medico ha richiesto una consulenza di farmacologia clinica, per l’analisi di TDM (therapeutic drug monitoring), farmacogenetica, e di possibili interazioni tra farmaci.
Per il TDM, sono stati raccolti campioni di plasma delle pazienti allo steady state, analizzati mediante metodo LC-MS/MS per determinare la concentrazione minima (Cmin). La sottoesposizione e una sovraesposizione al farmaco sono state definite in base ai valori medi di Cmin osservati in studi di farmacocinetica.
La concentrazione è stata valutata a specifici time points per consentire la rilevazione di Cmin o di Cmax allosteady state. Alle pazienti è stato chiesto di assumere il farmaco 24 ore (Cmin), o 1–4 ore (Cmax of ribociclib) prima della raccolta del campione.
Per la descrizione dei singoli casi, si rimanda alla pubblicazione. Obiettivo del commento di ONcotwITing è presentare il metodo seguito e i possibili benefici che ne possono derivare.
Le richieste di consulenza di farmacologia clinica possono derivare dall’introduzione di un nuovo farmaco concomitante, dall’occorrenza di una tossicità inattesa o persistente, o dal riscontro di una progressione precoce di malattia.
Nella serie descritta, in due pazienti su cinque è stata riscontrata una sottoesposizione all’inibitore di CDK (Cmin sotto il valore medio della popolazione di riferimento), mentre nelle restanti tre pazienti è stata osservata una sovraesposizione (Cmin sopra la media).
Attraverso l’approccio TDM è stato possibile individuare le pazienti la cui tossicità era su base farmacocinetica (cioè a causa di una maggiore esposizione al farmaco) e per le quali una riduzione di dose può rappresentare una strategia sicura senza potenziale compromissione dell’efficacia.
Quando la tossicità si verifica in pazienti sottoesposte o normalmente esposte, la riduzione di dose costituisce una misura inefficace per contrastare gli effetti collaterali del trattamento e potrebbe determinare una minore efficacia terapeutiche a causa di concentrazioni subottimali del farmaco.
D’altro canto, l’approccio TDM può essere utile nella comprensione dei meccanismi alla base di una mancata o limitata risposta al trattamento. Se la paziente ha ricevuto una dose standard, in assenza di tossicità, concentrazioni plasmatiche basse dell’inibitore di CDK 4/6 possono fornire una spiegazione dei risultati deludenti. Di conseguenza, si può indagare in merito a possibili problemi di compliance, di polimorfismi genetici o di interazioni farmacologiche.
L’analisi di questa casistica ci fornisce un messaggio rilevante. La medicina di precisione passa anche dalla valutazione della concentrazione plasmatica dei farmaci.
In particolare, una consulenza di farmacologia clinica può essere particolarmente informativa individuando alcuni tra i possibili fattori responsabili di tossicità o di ridotta efficacia terapeutica.
Nei tre casi riferiti per tossicità, è stata riscontrata la presenza di una concentrazione maggiore rispetto alla media osservata negli studi di farmacocinetica. Uno di tali casi presentava una bassa funzione dell’aplotipo ABCB1 (ABCB1-rs1128503, rs1045642 e rs2032582), possibile causa di aumentato assorbimento orale e di aumentata concentrazione.
Dei due casi in cui è stata osservata una sottoesposizione all’inibitore di CDK 4/6, uno era stato riferito per progressione precoce.
In una paziente è stato riscontrato un genotipo CYP3A5*1/*3, potenzialmente responsabile di un metabolismo più efficiente e di una più bassa concentrazione plasmatica del farmaco.
La serie presentata è limitata ma ha il valore di rappresentare la fattibilità e l’utilità clinica di un approccio di farmacologia integrato con la pratica oncologica e a supporto delle decisioni terapeutiche. L’informazione derivante da tali saggi farmacologici sugli inibitori di CDK 4/6 è almeno duplice: concentrazione e profilo genotipico possono aiutare a comprendere i meccanismi di efficacia e di tossicità.