L'esperienza COVID-19 insegna. Cosa facevamo prima, cosa abbiamo fatto in piena emergenza, come ci accingiamo ad affrontare la nuova normalità. Oggi approfondiamo la lezione sul trattamento del carcinoma mammario nella donna anziana.
Freedman RA, et al. Weathering the Storm: Managing Older Adults with Breast Cancer Amid COVID-19 and Beyond. JNCI 2020 (in press) https://doi.org/10.1093/jnci/djaa079
Le fragilità di una donna anziana che si ammala di carcinoma mammario sono sempre state oggetto di maggiore attenzione da parte degli oncologi medici nelle decisioni cliniche, sia in ambito diagnostico che terapeutico. L’era della pandemia COVID-19 ha introdotto un extra-rischio, bidirezionale. Non si può sbagliare, non è concesso eccedere in sovra-diagnosi o sovra-trattamenti ma nemmeno recedere, rischiando di ritardare le diagnosi o di rinunciare a trattamenti efficaci. La sfida decisionale riguarda circa il 30% delle diagnosi di carcinoma mammario, quelle che coinvolgono donne di età ≥70 anni.
Poi, l’abbiamo detto più volte, non esiste una sola diagnosi di carcinoma mammario. E allora vediamo le proposte per singolo sottogruppo (sezione risultati)...
Carcinoma mammario HER2 negativo con espressione dei recettori ormonali
Si tratta del sottogruppo più comune (circa l’80% dei casi) fra le donne di età ≥70 anni. Qui si dispone di diverse opzioni, molte delle quali tendono a minimizzare l’impegno terapeutico (omissione della biopsia del linfonodo sentinella, della radioterapia, e talora della chirurgia, affidandosi al trattamento anti-ormonale esclusivo).
Riguardo alla radioterapia, i dati a sostegno della omissione sono solidi e possono essere adottati con confidenza nell’era COVID-19. Se poi la radioterapia è indicata, gli schemi ipofrazionati sono incoraggiati laddove appropriati. Inoltre, l’inizio del trattamento radiante può essere posposto fino a 12-30 settimane dalla chirurgia e fino a dopo 12 settimane dal termine dell’ultima somministrazione di chemioterapia.
La chirurgia, anche quella, può essere posposta se si può adottare un trattamento antiormonale preoperatorio, sia negli stadi localmente avanzati che in quelli precoci.
Nelle situazioni in cui si è in dubbio riguardo al beneficio dalla chemioterapia, un aiuto sostanziale può arrivare dall’OncotypeDX che, in presenza di uno score >30 decreta una maggiore probabilità di trarre vantaggio dal trattamento. Nel caso si decidesse a favore della chemioterapia, misure di atte a garantire maggiore sicurezza includono l’impiego di fattori di crescita, il ricorso a regimi senza antracicline, l’uso del paclitaxel in luogo del docetaxel, ecc.
Carcinoma mammario triple negative
Si tratta del sottogruppo meno comune (circa il 10% dei casi). In tali circostanze, se è necessario posporre la chirurgia o se il trattamento sistemico è prioritario a causa di una malattia in stadio localmente avanzato, il trattamento di scelta è la chemioterapia.
Nei setting pre- o post-operatorio, un regime a base di carboplatino e paclitaxel può costituire una valida scelta. Tuttavia, nei casi in stadio precoce (stadio I), tenuto conto dei rischi legati alle potenziali complicanze da SARS-CoV-2 e del modesto beneficio assoluto, la chemioterapia non trova indicazione. Viceversa, nella malattia triple negative, anche se a basso rischio, l’omissione di procedure come la radioterapia o la valutazione dello stato linfonodale non è concessa.
Carcinoma mammario HER2-positivo
Circa la metà dei carcinomi HER2 positivi presenta anche l’espressione dei recettori ormonali e, in questi casi, il trattamento antiormonale è da prediligere nel contesto di tumori piccoli e in presenza di fragilità. Può essere presa in considerazione anche la combinazione di una terapia endocrina associata a un trattamento anti-HER2. Nei casi con recettori ormonali negativi, la scelta può andare verso una chemioterapia a basso impatto immunosoppressivo, associata ad agenti anti-HER2. Una possibilità è anche quella dell’impiego di T-DM1 o di T-DM1/pertuzumab (ndr, opzione basata sullo studio KRISTINE e non rimborsabile in Italia).
Lo studio RESPECT, inoltre, ha confrontato il trastuzumab in monoterapia vs. il trastuzumab associato ad una chemioterapia a scelta del clinico in pazienti di età tra i 70 e gli 80 anni. È emersa una differenza non statisticamente significativa in termini di disease-free survival a svantaggio del braccio con il solo trastuzumab.
Nelle donne anziane si suggerisce comunque di evitare l’impiego di regimi a base di antracicline o di carboplatino.
Tra le altre strategie per minimizzare il rischio da SARS-CoV-2 vi è la possibilità di impiegare il trastuzumab sottocute o di limitare il trattamento anti-HER2 a soli sei mesi. L’omissione della radioterapia, in casi selezionati, può essere presa in considerazione in virtù del basso rischio di recidiva loco-regionale fra le pazienti trattate con agenti anti-HER2.
Malattia metastatica
Le regole che orientano la decisione terapeutica sono dettate dalla presenza di sintomi, dal carico di malattia, e dal sottotipo tumorale. Nelle forme luminali, se paucisintomatiche e con burden tumorale limitato, il trattamento antiormonale esclusivo è una opzione, posponendo l’impiego degli inibitori di CDK4/6. Nelle pazienti già in trattamento e che stanno sperimentando un beneficio e che tollerano bene la terapia con inibitori di cicline, la stessa può essere mantenuta riducendo gli accessi in ospedale e privilegiando le visite virtuali.
Tra gli agenti chemioterapici, è opportuno scegliere quelli a minore intensità (es. capecitabina), adottando riduzioni di dose upfront.
Follow-up e sorveglianza
In considerazione dell’assenza di provato beneficio per la mammografia annuale di routine in pazienti anziane con comorbidità e dell’arbitrarietà nella definizione degli intervalli di esami e follow-up, tutte le procedure di sorveglianza possono essere posposte per minimizzare le esposizioni di pazienti e operatori.
La pandemia COVID-19 ha contribuito a ribadire l'importanza degli approcci multidisciplinari e incentrati sul paziente nella cura dei pazienti anziani con carcinoma mammario.
Anche se il numero di casi COVID-19 diminuisce in alcune regioni, dobbiamo essere pronti ad affrontare una "nuova normalità" per le persone più anziane che rimangono a rischio prolungato di infezione.
L’impegno per ridurre al minimo l'immunosoppressione e le potenziali esposizioni a SARS-CoV-2 rimarrà cruciale, tenendo bene a mente le lezioni che abbiamo appreso in merito all'allocazione delle risorse e alle preferenze dei pazienti.
La comunicazione, come sempre, ha un ruolo prioritario. Occorre trasmettere chiaramente il messaggio riguardo agli obiettivi associati ai cambiamenti. In tal modo, sarà più facile comprendere l’importanza di alcune scelte (riduzione degli accessi in ospedale, distanziamento sociale, adozione di strategie terapeutiche atte a mantenere integra l’immunità).
Sono molte le lezioni da portare con noi nell'era post-COVID-19. Se non altro, come oncologi saremo più forti che mai nel nostro approccio alla cura, saremo più agili, più adattabili e, verosimilmente, più comprensivi.