Patologia mammaria
Martedì, 05 Ottobre 2021

Stimare la prognosi dopo terapia neoadiuvante: il residuo tumorale merita di essere quantificato

A cura di Fabio Puglisi

La diversa distribuzione del cosiddetto residual cancer burden (RCB) può migliorare l’interpretazione dell’efficacia nei trial di terapia neoadiuvante in pazienti con carcinoma mammario.

Symmans WF, et al. Assessment of Residual Cancer Burden and Event-Free Survival in Neoadjuvant Treatment for High-risk Breast Cancer: An Analysis of Data From the I-SPY2 Randomized Clinical Trial. JAMA Oncol 2021 (Epub ahead of print)

 

Lo studio multicentrico I-SPY2 ha un disegno randomizzato, con piattaforma adattativa, e confronta, per sottotipo, agenti sperimentali in combinazione con la chemioterapia vs la chemioterapia da sola, in donne con carcinoma mammario in stadio II e III ad alto rischio di recidiva precoce. 

I trattamenti sperimentali sono promossi per uno specifico sottotipo se si rileva una probabilità stimata ≥85% di ottenere una risposta patologica completa (pCR) in uno studio confermatorio di terapia neoadiuvante con disegno randomizzato 1:1, condotto su 300 pazienti con lo stesso sottotipo. 

La valutazione del RCB in base allo stato dei recettori ormonali (HR) e di HER2 è stata analizzata come endpoint secondario per 10 degli agenti sperimentali testati nel trial I-SPY2. Sono quindi state effettuate analisi di associazione con i trattamenti di controllo e con tutti i trattamenti sperimentali indipendentemente dalla loro promozione. 

La terapia neoadiuvante è consistita nel paclitaxel +/- uno degli agenti sperimentali per 12 settimane e, a seguire, altre 12 settimane di chemioterapia con AC (doxorubicina/ciclofosfamide q14 o q21) prima della chirurgia.

Il residual cancer burden è calcolato dal patologo attraverso la misurazione bidimensionale dell’area di carcinoma invasivo residuo, della proporzione dell’area che contiene la componente invasiva, del numero di linfonodi coinvolti e delle dimensioni maggiori delle metastasi linfonodali. Pertanto, l’RCB fornisce una misura continua dell’estensione del residuo tumorale. 

Per facilitare l’interpretazione, i cut-off di 0, 1.36 e 3.28 sono utilizzati per definire 4 classi che vanno da un RCB-0 (corrispondente alla pCR) fino a un RCB-III.

Analisi: associazione tra il residual cancer burden (misura patologica del residuo di malattia) e l’event-free survival (EFS).

Un totale di 938 donne (età media 49 anni) sono state incluse nell’analisi per un follow-up mediano di 52 mesi. 

L’event-free survival è risultata significativamente peggiore per ogni unità di RCB in ciascun sottotipo di carcinoma mammario (HR-positivo/HER2-negativo: hazard ratio [HZR], 1.75; 95%IC, 1.45-2.16; HR-positivo/HER2-positivo: HZR, 1.55; 95%IC, 1.18-2.05; HR-negativo/HER2-positivo: HZR, 2.39; 95%IC, 1.64-3.49; HR-negativo/HER2-negativo: HZR, 1.99; 95%IC, 1.71-2.31). 

Il valore prognostico di RCB è risultato simile tra i trattamenti che hanno ottenuto la promozione (HZR, 2.00; 95%IC, 1.57-2.55; 254 [27%]) e quelli che non l’hanno ottenuta (HZR, 1.87; 95%IC, 1.61-2.17; 486 [52%]), sia per i controlli (HZR, 1.79; 95%IC, 1.42-2.26; 198 [21%]).

I trattamenti sperimentali (sia promossi che non promossi) hanno ridotto significativamente il RCB nei tumori triple negative  e, limitatamente agli agenti che avevano ottenuto la promozione, nei sottotipi HER2-positivi, con conseguente vantaggio in EFS (HZR, 0.61; 95%IC, 0.41-0.93) nell’analisi esploratoria. 

La valutazione dell’entità di residuo tumorale (residual cancer burden, RCB) dopo terapia neoadiuvante per carcinoma mammario è di valore prognostico indipendentemente dal sottotipo tumorale e dal trattamento (sperimentale vs controllo; sperimentale con promozione vs sperimentale senza promozione in base ai risultati dello studio I-SPY2). 

Trattamenti neoadiuvanti efficaci, oltre alla possibilità di incrementare il tasso di risposta patologica completa, possono incidere sulla distribuzione del RCB e, in tal modo, aver effetto sull’outcome (EFS). 

L’impiego di metodi quantitativi per misurare la risposta patologica può migliorare sensibilmente l’interpretazione dell’efficacia terapeutica dopo trattamento neoadiuvante.