Patologia mammaria
Mercoledì, 07 Giugno 2017
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Mondiali di oncologia. Ola per olaparib.

A cura di Fabio Puglisi

Arrivato in plenaria dell’ASCO 2017 dopo una selezione su oltre 5000 abstract e contemporamente pubblicato su NEJM, lo studio OlympiAD afferma il beneficio con l’impiego di olaparib nel trattamento del carcinoma mammario metastatico in pazienti con mutazione di BRCA. Elegante dimostrazione che target della terapia antitumorale non sono unicamente le alterazioni genetiche del tumore (somatiche) ma anche quelle ereditate dal paziente (germline) favorenti lo sviluppo del tumore stesso.

Robson M, et al. Olaparib for Metastatic Breast Cancer in Patients with a Germline BRCA Mutation. N Engl J Med 2017 [Epub ahead of print]

Circa il 5% di tutti i carcinomi mammari si verificano in soggetti con mutazioni germline di BRCA1 o BRCA2. Tali alterazioni genetiche interferiscono con l’abilità delle cellule di riparare i danni al DNA. Olaparib è un inibitore orale di PARP1 and PARP2, altri enzimi chiave della macchina di riparazione del DNA. La presenza di un difetto pre-esistente (mutazione di BRCA) rende le cellule tumorali più vulnerabili al trattamento che inibisce l’azione di PARP (letalità sintetica). Inoltre, la duplicazione del DNA è bloccata dall’ostruzione fisica delle forchette di replicazione per effetto del PARP trapping.

Disegno dello studio OlympiAD: randomizzato, open-label, di fase 3.

Popolazione: pazienti con mutazione germline di BRCA e diagnosi di carcinoma mammario metastatico HER2-negativo, < 2 linee chemioterapiche per la malattia avanzata.

Randomizzazione 2:1

  • Braccio sperimentale: olaparib compresse (300 mg due volte die)
  • Braccio di controllo: chemioterapia a scelta del clinico ad uno seguenti regimi predefiniti 
    • capecitabina per os 2500 mg/m2 die, nei giorni 1-14 q21
    • eribulina e.v. 1.4 mg nei giorni 1,8 q21
    • vinorelbina e.v 30 mg nei giorni 1,8 q21

N.B. Crossover a olaparib non concesso.

Endpoint primario: progression-free survival (PFS) con revisione centralizzata indipendente e in cieco, analisi intention-to-treat.

Disegno statistico: Un totale di 230 eventi PFS necessari per una potenza del 90% (livello di significatività a due code del 5%) e un corrispondente hazard ratio per progressione o morte pari a 0.635.

I risultati dello studio sono stati presentati ad un follow-up mediano di circa 14.5 mesi. In totale sono state sottoposte a randomizzazione 302 pazienti, di cui 205 assegnate a ricevere olaparib e 97 assegnate a ricevere il trattamento standard.
L’endpoint primario (PFS) è stato valutato dopo 234 eventi (77.5%).

Efficacia

La PFS mediana è risultata significativamente più lunga nel braccio olaparib rispetto al braccio standard (7.0 mesi vs. 4.2 mesi; hazard ratio per progressione o morte 0.58; 95% IC 0.43-0.80, P<0.001).
A 12 mesi, il 25.9% delle pazienti trattate con olaparib e il 15% delle pazienti trattate con chemioterapia erano vive e senza progressione.
Al tempo dell’analisi, 157 delle 302 pazienti (52.0%) hanno avuto un evento seconda progressione o sono morte dopo un primo evento progressione. Il tempo mediano dalla randomizzazione al secondo evento progressione è stato di13.2
mesi nel braccio olaparib e di 9.3 mesi nel braccio di terapia standard (hazard ratio, 0.57; 95% IC 0.40-0.83; P = 0.003).
In totale, al momento dell’analisi, 94 pazienti (45.9%) nel braccio con olaparib e 46 pazienti (47.4%) nel braccio di controllo sono morte. Il tempo mediano alla morte è stato di 19.3 mesi con olaparib e di 19.6 mesi con il trattamento standard. Non è stata osservata alcuna differenza significativa in termini di overall survival (hazard ratio 0.90; 95% IC 0.63-1.29, P = 0.57). Da notare che un numero maggiore di pazienti nel braccio con olaparib ha ricevuto un trattamento con inibitori di PARP o con chemioterapia a base di platino o di altri agenti dopo il primo evento progressione.

Attività

Il tasso di risposta è stato del 59.9% nel braccio olaparib e del 28.8% nel braccio di controllo, con una durata mediana simile (6.4 vs 7.1 mesi). Il tasso di risposta completa è stato rispettivamente del 9.% e dell’1.5%.
Il tempo mediano alla risposta è stato 47 giorni con olaparib e 45 giorni con la chemioterapia.

Tollerabilità

La durata mediana del trattamento è stata 8.2 mesi con olaparib e 3.4 mesi con il trattamento standard. Anemia, nausea, vomito, fatigue, cefalea e tosse sono occorsi più frequentemente con olaparib. Neutropenia, eritrodisestesia palmo-plantare e incremento degli enzimi epatici sono stati più frequenti con la terapia standard. La maggioranza degli effetti collaterali con olaparib sono stati di grado ≤2. In termini di tossicità di grado ≥3, l’incidenza è stata del 36.6% con olaparib e del 50.5% con la terapia standard. Una riduzione di dose si è resa necessaria per lo più a causa di anemia nel gruppo trattato con olaparib (13.7% delle pazienti) e a causa di hand-foot syndrome nel gruppo trattato con chemioterapia (7.7%). Il tasso di interruzione del trattamento per effetti collaterali è stato del 4.9% con olaparib e del 7.7%, con la terapia standard.

In pazienti con carcinoma mammario metastatico HER2-negativo e mutazione germline di BRCA, la monoterapia con olaparib determina un beneficio significativo rispetto al trattamento standard in termini di progression-free survival, riducendo del 42% il rischio di evento.

Olaparib è risultato simile alla chemioterapia in termini di tempo alla risposta, informazione importante per il trattamento di pazienti sintomatiche o con malattia rapidamente progressiva.

Lo studio non aveva una potenza sufficiente per evidenziare differenze in overall survival. Inoltre, l’interpretazione dei risultati può essere confusa dai trattamenti ricevuti dopo la progressione a causa di uno sbilanciamento a favore del braccio di controllo dove una maggiore percentuale di pazienti è stata trattata con inibitori di PARP, chemioterapia a base di platino e altri regimi di chemioterapia.

Il trattamento con olaparib è ben tollerato (maggiore tossicità di grado 1-2: nausea; maggiore tossicità di grado ≥ 3: anemia).

I limiti principali dello studio OlympiAD sono il disegno open-label, l’eterogeneità della popolazione in termini di stato dei recettori ormonali, precedente uso della chemioterapia e precedente uso dei trattamenti a base di platino.
Lo studio, inoltre, non è dimensionato per cogliere differenze fra i diversi sottogruppi.
Le pazienti potevano aver ricevuto il platino per la malattia metastatica a patto che non vi fosse stata una progressione durante il trattamento. Una piccola quota di pazienti aveva ricevuto il platino in fase adiuvante/neoadiuvante almeno 12 mesi prima. Sebbene sia incoraggiante osservare un beneficio in una popolazione esposta al platino, lo studio non ha consentito di valutare l’efficacia di olaparib in una popolazione realmente platino-resistente.
Inoltre, poiché i sali di platino non erano inclusi tra le possibili opzioni terapeutiche nel braccio di controllo, lo studio non consente di esaminare i benefici relativi di olaparib e di una chemioterapia a base di platino in pazinenti con mutazione germline di BRCA.

In sintesi, lo studio OlympiAD ha una valenza clinica ma afferma anche il “proof of the principle” che difetti nei meccanismi di riparazione del DNA possono rendere le cellule tumorali sensibili all’effetto di terapie che approfittano di tale vulnerabilità ereditata geneticamente.