Nel setting neoadiuvante, lo studio NeoALTTO ha mostrato che la doppia inibizione di HER2 con lapatinib e trastuzumab, associata alla chemioterapia con paclitaxel settimanale, aumenta in modo significativo il tasso di risposta patologica completa (pCR). Al meeting ASCO 2014 sono stati presentati i risultati dello studio ALTTO (corrispettivo adiuvante del NeoALTTO) che, non riproducendo quanto osservato nel setting neoadiuvante, deludono le aspettative della comunità scientifica e alimentano le incertezze sulle modalità di approvazione accelerata dei farmaci.
Alla ricerca di un filo rosso che possa districare la matassa, è interessante la lettura dell'articolo in extenso che, nell'ambito del NeoALTTO, descrive l'associazione tra pCR e misure di outcome (event-free survival e overall survival).
de Azambuja E, et al. Lapatinib with trastuzumab for HER2-positive early breast cancer (NeoALTTO): survival outcomes of a randomised, open-label, multicentre, phase 3 trial and their association with pathological complete response. Lancet Oncol 2014;15:1137-46.
Circa due anni fa la Food and Drug Administration ha proposto il modello di terapia neoadiuvante quale strategia per accorciare i tempi di approvazione, sostenendo il ruolo della pCR come surrogato del beneficio in adiuvante. Nell'ambito dello studio NeoALTTO, è stata testata l'associazione tra pCR e misure di outcome (event-free survival e overall survival).
Il NeoALTTO è uno studio randomizzato di fase 3 che ha confrontato i seguenti bracci di trattamento in pazienti con carcinoma mammario HER2 positivo e dimensioni >2 cm:
A seguire, le pazienti ricevevano altre 12 settimane della stessa terapia anti-HER2 in combinazione con paclitaxel 80 mg/m²/settimana. L'intervento chirurgico veniva effettuato 4 settimane dopo l'ultima dose di chemioterapia. Dopo la chirurgia, il trattamento adiuvante prevedeva 3 cicli di FEC (fluorouracile 500 mg/m², epirubicina 100 mg/m², ciclofosfamide 500 mg/m²; q21) seguiti da 32 settimane della stessa terapia anti-HER2 assegnata nella fase neoadiuvante.
Primary endpoint: pCR
Secondary endpoints: event-free e overall survival (intention-to-treat analysis) e l'associazione tra pCR ed event-free/overall survival (mediante analisi landmark a 30 settimane dalla randomizzazione).
Lo studio ha arruolato 455 pazienti. Ad un follow-up di 3.77 anni, l'event-free survival a 3 anni è risultata del 78% nel braccio lapatinib, del 76% nel braccio trastuzumab e dell'84% nel braccio di combinazione. Non sono emerse differenze statisticamente significative tra i due bracci di monoterapia (HR 1.06, 95% IC 0.66–1.69, p=0.81), né tra il braccio di combinazione e il braccio con trastuzumab single-agent (HR 0.78, 95% IC 0.47–1.28, p=0.33). L'overall survival a 3 anni è risultata del 93%, del 90% e del 95%, rispettivamente per i bracci "lapatinib", "trastuzumab", "combinazione". Non è emersa alcuna differenza statisticamente significativa tra i diversi bracci di trattamento.
Le analisi landmark hanno evidenziato un'event-free survival a 3 anni significativamente maggiore per le pazienti che avevano ottenuto una pCR (HR 0.38, 95% IC 0.22–0.63, p=0.0003). La stessa associazione è stata osservata tra pCR ed overall survival a 3 anni (HR 0.35, 95% IC 0.15–0.70, p=0.005). L'ottenimento di una pCR dopo lapatinib e trastuzumab si è tradotto in un'incremento statisticamente significativo in termini di event-free survival a 3 anni (HR 0.32, 95% IC 0.12–0.74, p=0.012). La stesso risultato non è stato osservato quando è stato fatto il confronto pCR vs no pCR nei gruppi di monoterapia (lapatinib o trastuzumab). Inoltre, non è stata osservata alcuna associazione tra pCR ed overall survival quando i diversi bracci di trattamento sono stati analizzati separatamente.
Attraverso un'analisi landmark pianificata nell'ambito dello studio NeoALTTO, è stato possibile dimostrare che l'ottenimento di una pCR mediante doppia inibizione di HER2 (lapatinib + trastuzumab) e chemioterapia con paclitaxel si traduce in un guadagno in termini di event-free survival a 3 anni.
Quanto la lettura di tali risultati può aiutare a comprendere le motivazioni dei diversi risultati osservati con lo studio ALTTO?
Lo studio ALTTO ha arruolato 8381 pazienti per valutare il diverso beneficio da uno dei seguenti trattamenti: trastuzumab, lapatinib, entrambi i farmaci in sequenza, entrambi i farmaci in combinazione.
Ad un follow-up mediano di 4.5 anni, e con meno eventi rispetto all'atteso (555 rispetto a 850), la combinazione "lapatinib + trastuzumab" non ha migliorato la disease-free survival rispetto all'impiego del solo trastuzumab (HR 0.84, 97·5% IC 0.70–1.02, p=0.048 [valore di p≤ 0.025 richiesto per la significatività statistica]). Da notare che la popolazione inclusa nello studio ALTTO si caratterizzava per fattori prognostici favorevoli (tumori piccoli e stato linfonodale N0).
Le domande, spontanee, sono:
Altra benzina al fuoco arriverà dallo studio, tutto italiano, di Berruti et al (Berruti A, J Clin Oncol 2014, in press), ovviamente oggetto di un prossimo tweet.