Patologia mammaria
Martedì, 18 Settembre 2018

Nove settimane di trastuzumab non posson bastare?

A cura di Fabio Puglisi

Passare da un anno di terapia di trastuzumab a nove settimane di terapia anti-HER2 avrebbe il potenziale vantaggio di limitare la tossicità cardiaca e i costi. Il SOLD è uno degli studi che hanno analizzato la possibilità di effettuare tale forma di de-escalation. Con quali risultati?

Joensuu H, et al. Effect of Adjuvant Trastuzumab for a Duration of 9 Weeks vs 1 Year With Concomitant Chemotherapy for Early Human Epidermal Growth Factor Receptor 2-Positive Breast Cancer: The SOLD Randomized Clinical Trial. JAMA Oncol 2018;4(9):1199-1206.

 

La combinazione di trastuzumab e chemioterapia è il trattamento adiuvante standard per pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo in stadio precoce.
Sebbene gli studi clinici abbiano identificato in 12 mesi la durata ottimale del trattamento anti-HER2, è ancora aperto il quesito su benefici e rischi del proseguire il trastuzumab oltre la fase di sovrapposizione con la chemioterapia.

Il SOLD è uno degli studi disegnati per rispondere alla domanda sull’utilità di continuare il trastuzumab in donne trattate con chemioterapia adiuvante contenente un taxano, nella fattispecie il docetaxel, e il trastuzumab.

Disegno dello studio: Open-label, randomizzato (1:1), di non-inferiorità (test a una coda, con un margine di non-inferiorità di 1.3), endpoint primario: disease free survival (DFS), stima del campione: 2168 pazienti.

Trattamento:

  • Braccio sperimentale: 3 cicli di docetaxel (sia 80 che 100 mg/m2) associati a trastuzumab per 9 settimane e, a seguire, 3 cicli di FEC (fluorouracile, epirubicina, ciclofosfamide).
  • Braccio di controllo: la stessa terapia ma con il trastuzumab somministrato per una durata complessiva di un anno.

In totale, hanno partecipato allo studio 2174 donne, di età mediana pari a 56 anni. 

Il follow-up mediano è stato di 5.2 anni. 

La non-inferiorità di 9 settimane di trastuzumab rispetto al trattamento di un anno non è stata dimostrata (hazard ratio, 1.39; 2-sided 90% CI, 1.12-1.72).

Non sono state evidenziate differenze significative in distant disease–free survival e overall survival tra i due gruppi. In totale, 36 (3%) e 21 (2%) pazienti hanno avuto uno scompenso cardiaco, rispettivamente nel braccio con un anno di trastuzumab e nel braccio con 9 settimane di trastuzumab. Un maggiore stabilità della frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) è stata osservata nel braccio con 9 settimane di trastuzumab. 

Un’interazione significativa è stata rilevata tra la dose di docetaxel la DFS. In particolare, fra le pazienti del gruppo “9 settimane”, chi ha ricevuto docetaxel 80 mg/m2 e chi ha ricevuto docetaxel 100 ha sperimentato una DFS rispettivamente inferiore e simile a quella delle pazienti del gruppo “1 anno”. 

In termini di efficacia, nove settimane di trastuzumab non sono risultate non inferiori a un anno di trastuzumab quando somministrate con chemioterapia alle stesse dosi. 

D’altro canto, fra le pazienti trattate con sole 9 settimane di trastuzumab sono stati osservati meno eventi cardiaci. 

La differenza numerica in eventi DFS tra i due gruppi è stata 35 (140 [13%] vs 105 [10%]). Parimenti, il numero di recidive a distanza è stato più alto nel gruppo “9 settimane” (73 [7%] vs 61 [6%]). Sebbene anche il numero di morti non legate al carcinoma mammario (24 [2%] vs 11 [1%]) e il numero di carcinomi mammari controlaterali (15 [1%]vs 7 [1%]) siano risultati più alti nel gruppo 

“9 settimane”, vi è ragione di pensare che questo sia soltanto un effetto del caso. Infatti, è difficile attribuire una spiegazione al maggior numero di tali eventi in chi ha ricevuto meno trastuzumab. 

Lo studio ha mostrato una differenza assoluta di circa l’1% tra i due gruppi nei tassi di distant disease free survival e di overall survival a 5 anni. Tale osservazione è rassicurante per le pazienti che, per tossicità o altri motivi, necessitano un’interruzione del trattamento anti-HER2 prima dell’anno previsto.

L’osservazione dell’interazione tra la dose di docetaxel la DFS è interessante ma richiede cautela nell’interpretazione trattandosi di un’analisi di sottogruppo per la quale fattori confondenti correlati al Centro dove le pazienti sono state trattate non possono essere esclusi.  

Tuttavia, questi risultati, insieme a quelli di altri studi come l’E2198 e lo Short-HER, suggeriscono che una dose relativamente più alta del taxano dovrebbe essere garantita quando si opta per una riduzione della durata del trattamento con trastuzumab. In altre parole, quando si effettua una de-escalation della terapia anti-HER2 sembra necessario mantenere una dose elevata della chemioterapia “back-bone” con taxani. 

Lo studio SOLD ha alcuni limiti. Sembra esserci stata una selezione di pazienti a buona prognosi (molti casi N0). Il disegno statistico è stato rivisto e si è passati da un’analisi event-driven a un’analisi time-driven dal momento che ci si è resi conto che sarebbe stato difficile raggiungere il numero di eventi inizialmente pianificato in un ragionevole lasso di tempo. Tale modifica si è tradotta in una riduzione della potenza statistica. 

Cionondimeno, la potenza sembra sufficientemente adeguata per valutare la non-inferiorità riguardo all’obiettivo primario.