Per quale beneficio si è disposti ad accettare 6 mesi di chemioterapia adiuvante? La domanda è stata posta a un campione di donne con carcinoma mammario trattate con uno schema sequenziale a base di antracicline e taxani. Messi a confronto anche i diversi punti di vista: pazienti vs medici.
Vaz-Luis I, et al. Survival benefit needed to undergo chemotherapy: Patient and physician preferences. Cancer 2017;123(15):2821-2828.
In pazienti con carcinoma mammario in stadio I-III, la chemioterapia adiuvante riduce il rischio di recidiva di circa il 30%. Nelle donne di età < 50 anni con stato linfonodale positivo, ciò si traduce in un beneficio assoluto del 10% e in un guadagno di quasi un anno in termini di disease-free survival. Di contro, per una donna tra i 50 e i 69 anni con stato linfonodale negativo, il beneficio assoluto si stima intorno al 2% e il guadagno in disease-free survival di circa 6 mesi. Inoltre, il rischio di effetti collaterali indotti dalla chemioterapia è diverso da paziente a paziente. Un esempio fra tutti è la maggiore probabilità di cardiotossicità indotta da antracicline fra le donne anziane.
In ragione di tali premesse, il coinvolgimento dei pazienti nel processo decisionale terapeutico assume un ruolo importante.
Studi risalenti a 20 anni fa hanno riportato che la maggior parte delle pazienti con carcinoma mammario precoce era disposta a ricevere 6 mesi di chemioterapia con CMF per un beneficio modesto in sopravvivenza (la maggioranza avrebbe accettato un prolungamento in sopravvivenza di 3-6 mesi).
Inoltre, è stato osservato che il punto di vista dei medici non necessariamente coincide con quello dei pazienti, essendo i primi meno propensi a raccomandare la chemioterapia quando il beneficio stimato è modesto.
Al fine di rivedere le posizioni di pazienti e medici riguardo al beneficio desiderato per essere disposti ad accettare una “moderna” terapia della durata di 6 mesi, è stata condotta una survey collegata allo studio ECOG 5103 (trial di fase III, tre bracci di terapia: braccio standard con adriamicina/ciclofosfamide e paclitaxel; bracci sperimentali con la stessa chemioterapia e due diversi schemi di bevacizumab).
La survey è stata proposta al basale e 18 mesi dopo l’arruolamento in studio.
In particolare, 6 domande chiedevano se 6 mesi di chemioterapia valessero la pena per un beneficio in sopravvivenza di 1-, 2-, 6-, 9-, 12-, 24 mesi. Le possibili risposte erano le 3 seguenti:
Le interviste sono state completate per telefono da uno staff dedicato e centralizzato. Alle pazienti veniva anticipata una copia del questionario due settimane prima del contatto telefonico. La maggior parte delle pazienti aveva completato la survey prima dell’intervista e quest’ultima serviva soltanto a raccogliere le risposte. Ai medici veniva inviato via e-mail un link a una survey web-based dove erano chieste informazioni sul ruolo professionale e sulle raccomandazioni in merito alla chemioterapia.
Principali misure di outcome:
Sono state inoltre analizzate le variabili predittive dell’espressione di preferenza. Nel caso delle pazienti, considerata la maggiore numerosità del campione, è stato possibile effettuare anche l’analisi multivariata.
Covariate d’interesse nell’analisi della survey rivolta alle pazienti: età, razza, stato maritale, livello d’istruzione, stato recettoriale, grado, dimensioni tumorali, stato linfonodale, tipo di chirurgia, tossicità sperimentata, braccio di trattamento.
Covariate d’interesse nell’analisi della survey rivolta ai medici: età, sesso, razza, anni di professione, anni nel ruolo attuale, volumi di attività, setting di attività, numero di pazienti visti per mese, numero di nuove pazienti con diagnosi di carcinoma mammario per mese, numero di pazienti arruolati nei trial clinici per mese.
In totale, 456 pazienti hanno risposto alle due domande principali sul valore attribuito alla chemioterapia per un beneficio in sopravvivenza di 2 e 9 mesi (tasso di risposta: 87.8%).
Fra i 1123 medici che avevano registrato almeno una paziente nello studio, 175 hanno risposto alle due domande principali (16% response rate).
Proporzione di pazienti disposte a ricevere la chemioterapia in funzione del beneficio in sopravvivenza:
Punto di vista dei medici riguardo alla raccomandazione della chemioterapia in funzione del beneficio in sopravvivenza:
Una minore propensione a ricevere 6 mesi di chemioterapia in cambio di un beneficio di 2 mesi in sopravvivenza è stata osservata fra le pazienti di razza bianca (54% vs 79%, P < .01). Nello stesso sottogruppo, è stata osservata una maggiore propensione a non voler ricevere 6 mesi di chemioterapia in cambio di un beneficio di 9 mesi in sopravvivenza (13% vs 2%, P < .01). Inoltre, un maggior livello di scolarità si è associato a una minore percentuale di accettabilità della chemioterapia per 2 mesi di vantaggio in sopravvivenza (51% vs. 62%; P = .02). Nessun’altra variabile, compresa la tossicità sperimentata in corso di trattamento, è risultata predittiva della posizione delle pazienti rispetto al valore attribuito alla chemioterapia.
Il coinvolgimento dei pazienti nelle decisioni riguardo al trattamento è considerato un diritto all’autonomia.
Una survey rivolta a pazienti con carcinoma mammario sottoposte a terapia adiuvante con AC → Paclitaxel ha riportato le seguenti osservazioni:
Lo studio offre riflessioni interessanti, anche se va riconosciuto il limite di essere stato condotto su una popolazione selezionata da un trial clinico. Pertanto, ci si interroga sulla trasferibilità dei risultati ad un contesto di “real world”.